2020-11-19
Biden e i flop di Vega si abbattono sui progetti spaziali del made in Italy
Con i dem alla Casa Bianca il settore farà marcia indietro. La Francia si frega le mani a discapito delle nostre imprese.Nonostante il fallimento del diciassettesimo lancio del vettore italiano Vega, c'è ottimismo nel governo di Giuseppe Conte per il futuro del settore aerospaziale italiano. Ieri il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Riccardo Fraccaro, durante un webinar sul futuro del progetto Artemis, ha voluto dire ad Avio, l'azienda di Colleferro produttrice del razzo Vega, che «bisogna alzarci e ripartire subito perché il prossimo deve funzionare». Ma tra gli addetti ai lavori, il fatto che il quarto stadio di Vega non abbia funzionato e non sia riuscito a portare due satelliti (uno francese e uno spagnolo) in orbita, rappresenta solo uno dei tanti problemi del settore. Forse al governo non se ne sono ancora resi conto. Ma con la vittoria di Joe Biden negli Stati Uniti la maggioranza degli esperti ha capito che la politica spaziale americana cambierà e non poco nei prossimi anni. È prevedibile quindi che presto ci sarà una revisione del programma Artemis in cui l'Italia, con la presidenza del Consiglio, la nostra industria e l'Agenzia spaziale italiana (Asi), è fortemente coinvolta. Va ricordato che a questo programma partecipano anche Australia, Canada, Giappone, Lussemburgo, Emirati Arabi Uniti, Inghilterra, Ucraina e appunto gli Stati Uniti. Francia e Germania sono rimaste fuori. Forse anche prevedendo che i tempi sarebbero cambiati. Del resto è noto come il nuovo presidente sia da sempre più attento ai problemi di ambiente e clima. È probabile quindi che la nuova corsa alla Luna voluta da Donald Trump rallenti, anche economicamente, a vantaggio di un rafforzamento di programmi di osservazione della Terra. Per capirlo basta leggere Space news del 9 novembre che spiega in dettaglio che l'amministrazione Biden darà maggior importanza a monitorare lo stato del nostro pianeta. E annuncia anche che con tutta probabilità Biden sostituirà nei prossimi mesi il direttore della Nasa per dare un cambio radicale alla gestione Trump. Il presidente americano uscente aveva puntato sul 2024 come data di un nuovo sbarco sulla Luna dell'uomo, a sostegno della sua candidatura. Ma ora i tempi sono cambiati. Il «climate change» è uno dei quattro pilastri fondamentali della politica che Biden intende realizzare oltre all'emergenza coronavirus, la ripresa economica e maggiore eguaglianza interrazziale. Gli stessi democratici lo avevano annunciato durante la campagna elettorale, insistendo sul rafforzamento delle missioni di osservazione della Terra della Nasa per capire come il cambiamento climatico stia influenzando il nostro pianeta. In sostanza, come fanno notare nell'ambiente dell'aerospazio, una normale capacità di visione politica suggerirebbe di frenare gli entusiasmi della partecipazione italiana al programma Artemis. Già all'indomani dei risultati delle elezioni americane ci sarebbe stata da fare una nuova valutazione per un riassetto dei nostri impegni su questo tema. Invece proprio ieri il team di esperti spaziali al governo, per di più il giorno dopo il fallimento di Vega, hanno di nuovo rinnovato le solite promesse su Artemis, come se nulla fosse. Anzi, l'ammiraglio Carlo Massagli ha anche proposto in un futuro prossimo di avere un Casa Italia sulla Luna, anche se nel settore si ironizza, spiegando che sarebbe meglio una «pizzeria».Per di più il 17 novembre si è concluso il rito finale delle interviste ai tre candidati per la direzione generale dell'Esa (Agenzia spaziale europea) rimasti in lizza. I curricula del norvegese Christian Hauglie-Hanssen, dello spagnolo Pedro Duque e dell'austriaco Josef Aschbacher sono già stati analizzati nei passaggi precedenti che hanno visto la debacle italiana: unico Paese che presentava due candidati, una ufficiale sostenuta dal governo (Simonetta Di Pippo), l'altro, battitore libero autoreferenziale (Roberto Battiston), pur sempre benedetto dallo zio della moglie, Romano Prodi, carta spesso più forte di qualsiasi curriculum. Entrambe le candidature però sono apparse deboli sin dall'inizio e non confrontabili con quelle dei prescelti del terzetto finale e di altri prima.Ora le delegazioni dei Paesi negozieranno chi sostenere e in cambio di cosa. L'Italia ha scarso potere negoziale vista la figura fatta, malgrado la candidata ufficiale sia stata sostenuta a gran voce dagli esperti intorno a Fraccaro. Ci ritroviamo sempre più deboli nello scontro tra tedeschi e francesi che sostengono il candidato austriaco e quello spagnolo. Nel primo caso si libererebbe il direttorato delle Osservazioni della Terra che potremmo richiedere per via dell'enorme ammontare degli impegni finanziari assunti l'anno scorso a Siviglia. Ma c'è il rischio di vedere candidati ignoti come ci ha abituati il governo. Se passasse lo spagnolo la situazione sarebbe ancora più complessa: tutte le posizioni apicali in Esa sono congelate al 2022 e ci dovremmo accontentare di posizioni minori.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)