2022-07-09
Biden aggira la Corte suprema e firma l’ordine che rilancia l’aborto
Joe Biden (Imagoeconomica)
Il presidente cede alle pressioni dem con un decreto esecutivo che garantisce l’interruzione di gravidanza di emergenza. Un sondaggio rivela: per il 72% degli americani è da vietare dopo la quindicesima settimana.Due settimane dopo la sentenza della Corte suprema che, ribaltando il pronunciamento Roe v Wade del 1973, ha stabilito che la Costituzione degli Stati Uniti «non conferisce il diritto all’aborto», il presidente Joe Biden ha firmato ieri un decreto esecutivo (Executive order, equivalente a un Dpcm) volto a garantire l’accesso all’aborto in America, e certamente destinato a suscitare nuove polemiche. Il decreto presidenziale è rivolto al ministero della Salute Usa che dovrà assicurare, su tutto il territorio americano, l’aborto, l’accesso alla contraccezione e le cure mediche di emergenza per le donne incinte, oltre ad estendere l’accesso alle pillole abortive (la cui vendita, anche per posta, è stata autorizzata dalla Food and drug administration a dicembre 2021) e rafforzare l’applicazione del mandato di copertura assicurativa dell’Obamacare. Il decreto coinvolge anche avvocati volontari privati che si dovranno far carico di tutelare la privacy sulle cartelle cliniche delle pazienti. Una decisione che susciterà certamente azioni legali negli Stati che, subito dopo la sentenza, hanno parzialmente o totalmente vietato l’aborto, mentre il resto del Paese è in un limbo.Pressato dal suo elettorato e dal partito, Joe Biden ieri ha imboccato una strada che solleverà, prevedono gli analisti, molte contestazioni dal punto di vista giuridico, politico e sociale. Innanzitutto perché andrà a contrapporsi alle disposizioni anti-aborto adottate in queste due settimane da diversi Stati a guida repubblicana. In secondo luogo, per lo strumento usato dal presidente, l’executive order, atto politico emanato da Biden senza alcun passaggio al Congresso ma senza forza di legge, che potenzialmente esporrà l’amministrazione al conflitto con qualsiasi giudice consideri il decreto presidenziale «in contrasto con le leggi».Il presidente, che si professa cattolico praticante (nel 2006 definiva l’aborto «non un diritto o una scelta ma sempre una tragedia») sembra aver intrapreso il passo dell’ordine esecutivo con riluttanza. «L’unico modo per ristabilire il diritto all’aborto è che gli americani eleggano politici che proteggano questo diritto a livello statale e federale», aveva dichiarato Biden all’indomani della sentenza, cavalcando la protesta per spingere, neanche troppo velatamente, il suo elettorato a votare i democratici alle elezioni di Midterm di novembre, ormai vicine. Ma le sue parole sono state condannate sia all’interno del partito sia dal suo elettorato e dalle associazioni, portandolo a cambiare idea.«Abbiamo sentito tante belle parole dall’amministrazione, ma l’invito a “votare bene” non è sufficiente», ha dichiarato Sharmin Hossain, direttore della campagna della Liberate abortion coalition, gruppo di oltre 150 organizzazioni che si battono per l’interruzione volontaria di gravidanza, ribattezzata in codice politically correct «diritto riproduttivo». «Non possiamo aspettare 190 giorni (fino alle elezioni di midterm, nda). La gente ha bisogno di cure ora».Secondo Politico.com, le pressioni sono fortissime: i democratici hanno sollecitato perfino il Pentagono affinché consenta alle soldatesse di stanza negli Stati che hanno vietato l’interruzione di gravidanza di ottenere il permesso di viaggiare in altri Stati americani dove si può abortire. Non solo: hanno anche chiesto alla Casa Bianca di esplorare la possibilità logistica di occupare terreni di proprietà del governo per cliniche abortive, appoggiandosi al dipartimento degli Affari dei veterani (il più importante sistema sanitario integrato degli Stati Uniti, che garantisce le cure a oltre 600.000 americane), per ripristinare l’accesso negli Stati in cui è stato vietato l’aborto dopo la sentenza.Il braccio di ferro interno ha condotto l’amministrazione Biden alla firma del decreto di ieri, «ma la Casa Bianca è preoccupata per le potenziali cause legali», ha spiegato Laura Barron Lopez, corrispondente alla White House per l’emittente Pbs, «ed è molto probabile che ce ne saranno molte. Ma se si è arrivati a questo punto è perché tutte le altre strade erano esaurite».Tuttavia nel Paese, lacerato da aspre divisioni culturali, gran parte degli americani hanno trovato proprio sull’aborto una posizione condivisa, equilibrata e non allineata ai punti di vista più estremi di entrambe le parti: un sondaggio realizzato dall’Harvard Harris poll, agenzia del gruppo Nielsen, ha rilevato che il 72% degli americani lo consentirebbe fino alla quindicesima settimana di gravidanza, posizione trasversale a prescindere dal partito di appartenenza. La volontà dell’elettorato, insomma, non sembra quella di andare a un muro contro muro. Anche il 60% degli elettori democratici ritiene che l’aborto dovrebbe essere vietato dopo la quindicesima settimana, limite peraltro coerente con gli standard di gran parte dei Paesi occidentali (in Italia l’interruzione volontaria di gravidanza è consentita fino alla tredicesima settimana, in Francia fino alla quattordicesima). A livello internazionale, soltanto sette paesi consentono l’aborto dopo la ventesima settimana, a differenza degli Stati Uniti dove si va dal divieto assoluto, punito anche con il carcere, nello Stato del Texas, all’aborto consentito tra la ventiquattresima e la ventottesima settimana (tra sesto e settimo mese) nello Stato di New York.L’obiettivo del presidente, però, è di riconquistare subito, prima di novembre, la sua base, ossia gli elettori indipendenti e soprattutto le donne indipendenti, anche a costo di scatenare un pesante conflitto interistituzionale.
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