2022-08-03
Beretta holding si rafforza in Europa. Si apre la partita sulla Difesa comune
Il gruppo, con la chiusura dell’acquisizione di Ruag Ammotec, ora sviluppa in sincrono munizioni, armi e ottiche. L’ad Pietro Gussalli Beretta: «Il mercato chiede integrazione. Possiamo riposizionare offerta e strategia su più scacchieri».Dopo essere cresciuta negli Usa quasi a doppia cifra, Beretta holding, il gruppo guidato da Pietro Gussalli Beretta con il fratello Franco, si riposiziona nel mercato globale ed entra a tutti gli effetti nel processo di consolidamento della Difesa Ue. La scorsa settimana la società con le radici in Val Trompia ha reso noto di aver completato l’acquisizione di Ruag Ammotec, consorzio svizzero che si occupa principalmente di munizioni militari e civili, e di aver raggiunto il miliardo e mezzo di fatturato, i 300 milioni di margine operativo e all’incirca 6.000 dipendenti. Non poco per un’azienda totalmente privata. Al di là delle graduatorie e del perimetro di bilancio, il primo risultato dell’operazione Ruag ammotec è di natura geopolitica. Il gruppo si concentra così per un 45% sugli Usa (prima la percentuale era superiore), raggiunge il 40% nel Vecchio continente e mantiene un 15% negli altri mercati sparsi per il globo. C’è però un aspetto strategico altrettanto fondamentale. «Il mercato chiede integrazione», spiega alla Verità, Pietro Gussalli Beretta, presidente e ad della holding, «e noi da un decennio stiamo percorrendo questo binario. Adesso l’offerta è completa per i nostri clienti e si dipana a tutti gli effetti a 360 gradi: si basa sull’arma, sulle ottiche e sulle munizioni. Il beneficio è sia nella rete e nel network commerciale, sia nella capacità di fare un salto in avanti nella ricerca e nello sviluppo». Il riferimento è dunque al fatto che con l’acquisizione di Ruag Ammotec le società di Beretta holding saranno 50 e sparse in 12 Paesi, ma soprattutto che la guerra in Ucraina ha ricordato l’importanza del soldato e dello sviluppo dell’arma che si porta in dotazione. È vero che quella contro le truppe russe è una battaglia che Kiev porta avanti grazie all’ausilio dei satelliti Usa e dell’intelligenza artificiale, ma i combattimenti restano strada per strada.Non è più dunque immaginabile pensare che un fucile possa essere competitivo se non è integrato in un sistema di ottiche e di munizioni che spingono (nel complesso) l’efficienza misurabile anche nel contesto digitale. Tutto ciò rappresenta dunque la premessa essenziale perché un gruppo europeo di origine italiana si prepari a partecipare alla gara del riordino complessivo della Difesa europea. Infatti alle danze future non parteciperanno soltanto i colossi (semi pubblici) del comparto aeronautico o spaziale, oppure dei mezzi terrestri, ma anche la tecnologia leggera. «Attraverso Ruag ammotec», prosegue Beretta, «avremo la possibilità di giocare su vari tavoli europei, ma anche riposizionare offerta e strategia su altri scacchieri. I principali governi del mondo hanno compreso che la reale indipendenza si ottiene nel campo alimentare, dell’energia e della Difesa. Per questo i governi chiedono alle aziende della Difesa di aprire stabilimenti in loco. Un semplice ma efficace concetto di sovranità». Concetto oggi non colto nella sua pienezza dall’Italia. Il settore aerospazio e difesa fattura nel mondo annualmente 700 miliardi, quello prettamente della Difesa vale circa 350 miliardi. Si comprende la competizione in atto da un lato e dall’altro la marginalizzazione dell’Italia, le cui aziende da sole superano di poco i 15 miliardi di fatturato. Per scalare la classifica sarà necessario che il sistema Paese si faccia un esame di coscienza e scavalchi la collina. Probabilmente il prossimo anno capiremo quale potrà essere il ruolo di Fincantieri e Leonardo nella filiera europea dell’aviazione, della cantieristica e della tecnologia trasversale dell’elettronica. Al di là delle voci di fusione, il livello di integrazione dei progetti sarà imprescindibile. Per il semplice fatto che le nuove piattaforme d’arma saranno così costose da non essere accessibili a un singolo Stato figuriamoci a una singola azienda. Il medesimo discorso vale per i progetti dell’industria terrestre, mentre lo Spazio è stato di fatto appaltato all’Esa e alle aziende francesi. Non restano dunque molti campi da riconquistare o progetti su cui piazzare le bandierine della nostra tecnologia. Certamente la corsa di Beretta holding dice al Paese due cose. La prima è che l’imprenditoria privata ha ancora molto da insegnare ed è riuscita dalla caduta del muro di Berlino a portare a casa addirittura 20 acquisizioni. La politica è rimasta lontana garantendo un importante beneficio. Adesso il posizionamento del gruppo sembra dialogare oltre che con Roma, con il governo Usa e con quello di Bruxelles. Giusta scelta, evidentemente. A noi però viene da chiederci cosa potrebbe fare il gruppo se a spingere, come avviene in Israele e in altre nazioni, ci fossero anche le istituzioni e soprattutto una nuova forma di politica. Quella che si occupa di strategia di lungo termine in grado di sopravvivere al colore dei singoli governi.
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