2024-03-23
La fronda africana contro «Fiducia» si salda con quella ostile a Pechino
Il cardinale Fridolin Ambongo Besungu (Imagoeconomica)
I vescovi del Continente nero perplessi sulle benedizioni gay sono più vicini ai colleghi nordamericani: peserà sul conclave.La geopolitica vaticana di papa Francesco potrebbe essere entrata in un cortocircuito. Domenica, il cardinale congolese Fridolin Ambongo Besungu ha detto che in Africa la dichiarazione Fiducia Supplicans è stata percepita come una forma di «imperialismo occidentale». «In questa dichiarazione c’era tutto un problema culturale, perché il continente africano percepiva Fiducia Supplicans come una colonizzazione culturale», ha affermato il porporato, per poi aggiungere: «Penso che questo spieghi la virulenza della reazione dell’Africa». «Credo che se ci fossimo consultati in anticipo, se avessimo analizzato Fiducia Supplicans nello spirito della sinodalità, forse avremmo potuto presentarla in una forma diversa e con un tono diverso, tenendo conto della sensibilità degli altri», ha proseguito.Ora, che l’episcopato africano si fosse duramente opposto alla dichiarazione dell’ex Sant’Uffizio favorevole alla benedizione alle coppie gay, è cosa nota. Tuttavia, le parole di Ambongo fanno emergere un nodo finora rimasto latente: al di là della questione dottrinale, secondo lui la Chiesa africana si sarebbe sentita oggetto di un atteggiamento imperialista. Parole significative, soprattutto alla luce del fatto che la geopolitica di Francesco ha sempre avuto una decisa impronta terzomondista. Non è infrequente, nella storia della Chiesa, che questioni teologiche o dottrinali possano avere delle ricadute sul piano politico o geopolitico. Ed è esattamente quanto potrebbe accadere con Fiducia Supplicans.Vale innanzitutto la pena di ricordare che non solo Ambongo è stata creato cardinale nel 2019 dallo stesso Francesco ma che fa anche parte del cosiddetto C9: il gruppo ristretto dei porporati che ha il compito di consigliare e coadiuvare l’attuale pontefice nel governo della Chiesa. Senza poi trascurare che, secondo il Pew Research Center, il peso dei cardinali elettori africani è attualmente del 13%: il 4% in più rispetto al 2013 (l’anno, cioè, in cui Jorge Mario Bergoglio divenne papa). Questo significa che l’attuale pontefice ha puntato molto sulla Chiesa africana: si pensi anche al suo viaggio, l’anno scorso, nella Repubblica democratica del Congo. Eppure la polemica su Fiducia Supplicans potrebbe adesso ritorcersi contro la sua strategia geopolitica, spaccando lo stesso fronte bergogliano in seno al concistoro.L’opposizione dei vescovi africani alla dichiarazione li ha infatti resi più vicini ai loro colleghi americani. Pur non condannandola, la conferenza episcopale d’Oltreatlantico ha accolto con una certa freddezza Fiducia Supplicans. Senza poi trascurare gli attriti pregressi verificatisi tra l’attuale Santa sede e i vescovi statunitensi. Ecco: un’eventuale saldatura tra americani e africani potrebbe avere delle ripercussioni sul prossimo conclave. Del resto, questo non è l’unico dossier geopolitico sul tavolo nei sacri palazzi. Un altro nodo è infatti rappresentato dall’accordo sino-vaticano sulla nomina dei vescovi.Non è un mistero che Francesco si sia notevolmente avvicinato alla Cina, raffreddando i rapporti con gli Usa (la cui Chiesa è stata più volte bacchettata dal pontefice argentino e da lui accusata di «indietrismo»). Pur di salvaguardare l’intesa con Pechino, l’attuale pontificato ha spesso tenuto un approccio blando, se non addirittura arrendevole, nei confronti della Repubblica popolare cinese. A settembre, il pontefice esortò i cattolici cinesi a essere dei «buoni cittadini», mentre -pochi giorni fa- il vescovo di Hong Kong, Stephen Chow, si è mostrato piuttosto accomodante verso la nuova legge sulla sicurezza nazionale, imposta de facto da Pechino all’ex colonia britannica (ricordiamo che, recentemente creato cardinale da Francesco, Chow è un gesuita, nonché una delle principali figure di collegamento tra Pechino e la Santa sede).Il problema è che questa linea blanda verso il Dragone non ha ripagato granché. La Cina ha più volte violato i termini dell’accordo sino-vaticano, mentre Xi Jinping non ha rinunciato alla sua politica di indottrinamento dei cattolici cinesi (la cosiddetta «sinicizzazione»). Non solo. L’appeasement verso Pechino non ha portato a migliori relazioni tra la Santa sede e alcuni dei Paesi che gravitano attorno alla Repubblica popolare. È, per esempio, il caso del regime sandinista del Nicaragua, che sta perseguitando i cattolici locali, non risparmiando neppure i gesuiti: quello stesso Nicaragua che intrattiene rapporti sempre più stretti con Pechino e Mosca e che si è attestato su posizioni rigidamente antiamericane.È alla luce di tutto questo che l’accordo sino-vaticano ha di fatto spaccato la Chiesa tra un’ala terzomondista, oltreché tendenzialmente filocinese, e una che auspica una politica estera vaticana meno orientata verso Pechino. Se quella controversa intesa è sempre stata sponsorizzata da realtà vicine al cattolicesimo progressista (come la Compagnia di Gesù e la Comunità di Sant’Egidio), è stata invece criticata da vari porporati «ratzingeriani», come Joseph Zen, Timothy Dolan, Gerhard Müller e Raymond Burke. Tra l’altro, non emergono molte testimonianze di rapporti significativi tra gli episcopati africani e i cinesi presenti nei loro Paesi. Se è forse esagerato parlare di ostilità o freddezza, non sembra tuttavia esserci particolare calore.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.