2018-06-10
Anche i vescovi contro il governo in nome dei diritti degli immigrati
Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, prega per i profughi. Avvenire accusa l'Italia di essere complice degli scafisti addossando all'esecutivo responsabilità che non ha. La Curia di Milano, intanto, pensa alle nuove moschee.Monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, a metà maggio aveva già dettato la linea, spiegando che il nuovo governo avrebbe dovuto pensare «alle condizioni concrete e alle attese reali delle persone». Solo che, secondo lui, i veri bisogni degli italiani si potevano riassumere in un unico concetto: più immigrati. «Dobbiamo intensificare l'attenzione al tema e alla realtà della mobilità umana», disse il prelato, «ricordando che non è frutto di sensibilità emotiva o di mero orientamento culturale. Oggi più che mai va recuperata e intensificata la consapevolezza che ad aprirci all'accoglienza è il Vangelo, la Parola di Dio». Ora che l'esecutivo guidato da Giuseppe Conte può finalmente mettersi all'opera, la posizione dei vescovi non sembra discostarsi molto dalle indicazioni di Galantino. Anzi, i toni diventano ogni giorno più aspri. Giovedì il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Conferenza episcopale italiana, ha partecipato alla «veglia di preghiera per l'Italia» organizzata dalla comunità di Sant'Egidio. Più che pregare per il nostro Paese, però, sembrava che i fedeli riuniti fossero impegnati a pregare per gli stranieri. Il porporato - dopo aver elogiato Sergio Mattarella - si è preoccupato di ricordare che non bisogna alimentare «rabbia sociale, odio e razzismi». Poi ha spiegato che, quando si parla di patria, si deve pensare soprattutto a «coloro che l'hanno persa o che ne sono stati scacciati o l'hanno dovuta abbandonare». Ovvero ai «tanti rifugiati e profughi che cercano una patria con un volto materno». Giusto mezza parola sui nostri concittadini senza lavoro o senza casa (Bassetti ha fatto un riferimento alle «fasce più povere della popolazione» nel penultimo paragrafo del suo discorso). In compenso, però, grande preoccupazione per «l'umanità italiana che non dobbiamo lasciar stravolgere da odio e razzismi». La priorità, insomma, è sempre quella indicata da Galantino: gli immigrati. Ed è proprio in nome degli stranieri che, ieri, Avvenire si è lanciato in un feroce attacco alle istituzioni. Il titolo del quotidiano era un capolavoro di mistificazione: «Italia “vicetrafficante"». In pratica, il giornale dei vescovi ha accusato il governo di essere complice degli scafisti libici. Motivo? Proviamo a spiegare. Tutto parte da una notizia: le Nazioni unite - con una risoluzione proposta da un comitato olandese e appoggiata da Francia, Germania, Gran Bretagna e Usa - hanno deciso di sanzionare sei persone. Avvenire li descrive come «i principali capi del traffico di esseri umani in Libia», e spiega che i loro conti correnti sono stati congelati. «Si tratta di pesci grossi e nomi noti, quattro libici e due eritrei». Che c'entra il governo italiano? Sentite qua: tra gli arrestati c'è anche «il capo della Guardia costiera finanziata anche con i fondi dell'Ue». Il ragionamento del giornale è il seguente: il governo italiano ha fornito mezzi e fondi alla Guardia costiera libica; della suddetta Guardia costiera faceva parte uno dei libici arrestati; quindi il nostro Paese è complice degli scafisti, anzi «vicetrafficante». Diciamo che la ricostruzione è un po' macchinosa, però potrebbe anche reggere. Solo che le cose non stanno proprio come le racconta Avvenire. Effettivamente, l'Onu ha sanzionato, tra gli altri, un signore che si chiama Abd Al Rahman Al Milad. Il quale ha un ruolo di responsabilità nella Guardia costiera, ma non è «il capo». Egli gestisce le operazioni nella città di Zawiyah. Ex leader delle milizie, si è riciclato e pare che faccia il doppio gioco: ferma solo i barconi degli scafisti rivali così da aprire la via a quelli guidati dai suoi uomini. Oltre a costui è stato sanzionato pure Ahmad Oumar Al Dabbashi che, secondo alcuni media internazionali, avrebbe giocato un ruolo chiave negli accordi tra libici e governo italiano. Siamo seri: in una terra come la Libia, è un po' difficile imbattersi in persone di potere dotate di un curriculum cristallino. Se bande e milizie imperversano e se stringere patti è così difficile, un motivo ci sarà. Forse le Nazioni unite avrebbero dovuto pensarci prima di autorizzare la guerra contro Gheddafi: fa sorridere che oggi vengano a dare lezioni, visto che sono responsabili dello sfascio del Paese. In ogni caso, se proprio si vuol tirare la croce addosso all'Italia, bisognerebbe prendersela con Marco Minniti e con il governo guidato da Paolo Gentiloni. Invece Avvenire se ne esce con il titolo «Italia “vicetrafficante"» proprio mentre Matteo Salvini, appena giunto al Viminale, affronta il tema Ong. Nell'articolo, il nome di Minniti e il precedente esecutivo non sono nemmeno citati. Però, nel titolo di prima pagina, si legge: «Altro che le Ong, atto delle Nazioni unite contro gli alleati di Roma e dell'Unione europea, finanziati per bloccare il flusso di migranti». Un pochino assurdo, non trovate? Sembra che l'Onu abbia colpito chissà quale fedelissimo di Giuseppe Conte... Tra l'altro, il signore libico di cui sopra non è stato sanzionato perché fermava i barconi, ma proprio perché li faceva partire. L'opinione dell'attuale ministro dell'Interno al riguardo è chiara: gli scafisti vanno fermati, e bisogna fare ordine nel Mediterraneo, evitando che le Ong diano - più o meno volontariamente - una mano ai trafficanti di uomini. Ma, pur di attaccare l'esecutivo barbaro e populista, il quotidiano della Cei è pronto a tutto, anche ad attribuirgli responsabilità che non può avere. Gli immigrati vengono prima di tutto, vanno fatti entrare a ogni costo. E, quando sono qui, devono ricevere ogni attenzione. A questo proposito, c'è un'altra vicenda che merita attenzione. Ieri l'Austria ha chiuso sette moschee legate alla Turchia, accusandole di fomentare l'estremismo. Salvini ha fatto sapere di volere prendere esempio dall'azione di Vienna. E non ha torto, visto che dalle nostre parti ci sono luoghi di culto gestiti da associazioni filo turche che persino il ministero dell'Interno tedesco considera «islamiste». Uno di questi luoghi si trova a Milano, in via Maderna, e il Comune a guida Pd lo vuole regolarizzare. Mentre si discute di tali questioni, non del tutto irrilevanti, don Giampiero Alberti, responsabile dei rapporti con l'islam per la curia di Milano, sapete che fa? Rilascia un'intervista a Repubblica per dire che «già il cardinal Martini chiedeva luoghi di culto legali per i fedeli musulmani». Alberti è impegnato a visitare le varie comunità islamiche milanesi in occasione del ramadan, ma si è ben guardato dal parlare di via Maderna e del rischio radicalizzazione. Ha preferito usare parole dolci, distensive. Si vede che, per una parte della Chiesa, si deve dialogare con tutti. Ma non con l'attuale governo.
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