2024-12-05
Barnier sfiduciato, Francia nel caos. Macron scommette su una nomina lampo
La mozione di censura passa con 331 voti: il governo cade. Nuovo premier a breve, però trovare i numeri sarà un incubo.Le cifre di novembre illustrano gli interventi della Bce a favore dei titoli pubblici transalpini: rimborsato il doppio rispetto ai 5 mesi precedenti. Ma l’Ocse chiede stangate per noi.Lo speciale contiene due articoli.La Francia non ha più un governo. Ieri, poco prima delle 20.30, una maggioranza di 331 deputati ha votato a favore della mozione di censura dell’esecutivo di Michel Barnier. Come prevede l’articolo 50 della Costituzione transalpina, l’ormai ex premier è tenuto a presentare le dimissioni al presidente della Repubblica, Emmanuel Macron. Calcolatrice alla mano, la caduta di Barnier è stata votata dagli onorevoli della coalizione di sinistra del Nouveau Front Populaire (Nfp), quelli del Rassemblement national (Rn) di Marine Le Pen e i suoi alleati facenti capo all’ex Repubblicano, Eric Ciotti.La mozione di censura approvata era quella presentata dal partito di estrema sinistra La France Insoumise (Lfi). Proprio per questo le prime dichiarazioni rilasciate dopo l’annuncio del risultato del voto sono state quelle della deputata Lfi, Mathilde Panot che, dopo aver sottolineato con fierezza il ruolo svolto dal suo partito nella fine del governo Barnier, ha ribadito la richiesta di dimissioni di Macron. Dal telegiornale di Tf1 Marine Le Pen ha detto che la finanziaria proposta dal governo dimissionario era «tossica» per i francesi ed è per questo che il suo partito ha censurato Barnier. A questo punto, la palla passa a Macron che dovrà incaricare un nuovo premier. Il presidente ha annunciato che parlerà stasera. Secondo quanto riportano vari media francesi, tra cui Bfm Tv, il presidente vorrebbe procedere rapidamente, anche per non arrivare senza un primo ministro alla riapertura di Notre-Dame, dove incontrerà anche il presidente eletto americano Donald Trump. Per la stessa emittente il futuro premier non dovrebbe essere di sinistra. Macron penserebbe piuttosto ad una personalità proveniente dal suo partito o dai suoi alleati. I primi nomi in circolo sono quelli del ministro uscente della difesa Sébastien Lecornu e del centrista François Bayrou. Se così fosse, si potrebbe pensare che il presidente francese si trovi in una forma di rimozione freudiana; visto che la nomina di un premier macronista negherebbe il risultato delle legislative anticipate del luglio scorso, dalle quali il suo partito è uscito con le ossa rotte. Nella lista dei potenziali primi ministri ci sarebbero anche i nomi della destra dei Républicains (Lr): David Lisnard e François Baroin.Prima del voto palese della mozione di censura, sono intervenuti i rappresentanti dei principali partiti. Eric Coquerel (Lfi)ha annunciato al premier che il suo governo sarebbe finito «nel disonore» per aver espresso, insieme ai suoi ministri «valori comuni all’estrema destra». Il socialista Boris Vallaud si è lamentato del fatto che «sia più accettabile discutere con l’estrema sinistra piuttosto che con la sinistra».Nel suo intervento in aula prima del voto, Marine Le Pen ha spiegato che «le istituzioni ci costringono a mischiare i nostri voti a quelli dell’estrema sinistra». Poi ha accusato il governo Barnier di essersi lasciato condizionare dall’«intransigenza, il settarismo, i dogmi che hanno impedito al primo ministro di fare la minima concessione, che avrebbe evitato questa conclusione».Il voto di ieri all’Assemblea nazionale è la conseguenza di una serie di decisioni politiche e prese, negli ultimi sette mesi, da Emmanuel Macron e Michel Barnier che, per applicarle, hanno utilizzato certe prerogative istituzionali che la Costituzione francese riconosce al presidente e al primo ministro.Andando a ritroso nel tempo, all’inizio di questa settimana la legge finanziaria francese 2025 è stata approvata senza il voto dell’Assemblea Nazionale. Questo perché Barnier ha deciso di impegnare la responsabilità del suo governo per l’approvazione della legge grazie all’articolo 49.3 della Costituzione. Esso prevede che un esecutivo possa assumere la responsabilità di approvare certe leggi senza il voto del parlamento. Tuttavia, nelle 48 ore successive all’approvazione di una norma ricorrendo all’articolo 49.3, i deputati possono presentare una mozione di censura.Ma il ricorso all’articolo 49.3 della Costituzione da parte di Michel Barnier è la conseguenza a scoppio ritardato delle elezioni legislative anticipate che Emmanuel Macron ha convocato, come per capriccio, dopo che il suo partito aveva ottenuto una pesante sconfitta alle elezioni europee del 9 giugno scorso. Poi, al primo turno delle legislative, il partito di Le Pen è arrivato largamente in testa. Questo ha spaventato i macronisti, i partiti di sinistra più o meno estremi e i Républicains. Tali formazioni politiche sono arrivate a invitare i loro elettori a votare qualsiasi partito tranne l’Rn . Quindi, tra i deputati di sinistra, che ieri hanno votato la mozione di censura, ce ne sono molti che sono stati eletti proprio grazie a quei partiti che sostenevano Barnier. Questa schizofrenia, unita ai bizantinismi elettorali francesi e all’eccezionale concentrazione dei poteri nelle mani degli inquilini dell’Eliseo, previsti dalla Costituzione scritta dal generale Charles de Gaulle, stanno facendo sprofondare la Francia nel caos. Da ieri sera, l’antica grandeur francese si è ridotta ad un pallido ricordo.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/barnier-sfiduciato-francia-nel-caos-2670324008.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="i-dati-confermano-laiutino-della-bce" data-post-id="2670324008" data-published-at="1733391909" data-use-pagination="False"> I dati confermano l’aiutino della Bce Con i dati di novembre diventa ancora più nitido il quadro degli interventi a favore dei titoli pubblici francesi eseguiti dalla Bce a cavallo dei mesi estivi, a partire dalla crisi politica di giugno. Aumentano anche i dubbi e le risposte che Christine Lagarde dovrebbe fornire per un’oggettiva e prolungata deviazione dalla prevista base di ripartizione tra gli Stati dell’eurozona dei flussi di acquisto e rimborso dei titoli francesi eseguiti dalla Bce. Il programma Pspp (quello varato da Mario Draghi nel 2015) dopo il 1° luglio 2023, non prevede più reinvestimenti dei titoli che progressivamente scadono. Sta di fatto che nei flussi netti relativi alla Francia, ovviamente soggetti al calendario delle scadenze dei titoli in portafoglio, esiste un prima e un dopo giugno 2024. Da luglio 2023 a maggio 2024 la media dei rimborsi netti mensili è pari a 3,9 miliardi. Da giugno a ottobre scende a picco a 1,4 miliardi e solo col dato di novembre ritorna a 3,4 miliardi. E già questa è anomalia di entità tale che non può essere solo attribuibile a un «buco» nel calendario dei rimborsi. Anzi, il massiccio rimborso di novembre per 13,7 miliardi (il doppio di quanto rimborsato in tutti i 5 mesi precedenti) è una conferma, per differenza, di tale anomalia. Infatti la deviazione a favore della Francia nei mesi precedenti doveva per forza trovare una deviazione di segno contrario nei mesi successivi, per far sì che lo stock complessivo dei titoli del Pspp fosse ancora suddiviso secondo le percentuali predefinite (20% per la Francia). Ma è nel programma Pepp (quello pandemico, varato dalla Lagarde a marzo 2020) che si rileva l’effetto di una deliberata scelta della Bce. Inoltre, poiché sono le rispettive banche centrali nazionali che eseguono le operazioni sui titoli dei propri Stati, è stata forse la Banque de France a premere per alleggerire la pressione sui titoli francesi, compensando i rimborsi con significativi riacquisti? Infatti questo programma prevede ancora il parziale reinvestimento dei titoli in scadenza fino al termine dell’anno. Per di più la Bce si è esplicitamente riservata il diritto di «reinvestire in modo flessibile il capitale rimborsato sui titoli in scadenza del portafoglio del Pepp». Garantendosi in questo modo un enorme spazio di discrezionalità che, alla prima occasione utile ha usato in favore della Francia in modo molto più evidente rispetto all’altro programma. Da luglio la Bce avrebbe dovuto farsi rimborsare ogni mese 7,5 miliardi di titoli in scadenza, in linea teorica sempre secondo le note percentuali. Invece nei due bimestri da giugno a settembre, la Bce è stata addirittura compratrice netta di 2,5 miliardi di titoli francesi e solo nell’ultimo bimestre c’è stato l’atteso flusso compensativo (5,1 miliardi di rimborsi netti) che comunque portano il saldo dei tre bimestri a soli 2,6 miliardi di rimborsi netti. Appena il 7% del totale, quando invece la Francia dovrebbe pesare per il 20%. Una deviazione senza precedenti e soprattutto tempestiva. Perché sui mercati finanziari il timing è tutto. E la Bce è stata presente nel momento giusto con le risorse giuste. Interrogativi sorgono ora sul futuro, perché questa prima linea di difesa potrebbe non reggere a successive e ulteriori tensioni legate alle vicende politiche. Infatti dopo ci sarebbe il Tpi (Transmission Protection Instrument) con acquisti di titoli da parte della Bce, soddisfatte certe condizioni, che però la Francia attualmente non soddisfa. Poi si finirebbe direttamente nel girone infernale del Omt (Outright Monetary Transactions) con acquisti potenzialmente illimitati però condizionati ad un programma di aggiustamento macroeconomico «alla greca» negoziato col Mes. Scenari che tuttavia appaiono lontani e poco probabili nelle valutazioni dei mercati che non prevedono una nuova crisi dei debiti sovrani come quella del 2011-2012. Questa relativa calma consentirà al governo francese, tra mille difficoltà, di approvare una legge di bilancio che prevede per il 2025 un deficit/Pil pari al 5%, altrimenti proiettato senza correzioni al 7%. Mentre l’Italia, che ha raschiato il fondo del barile per prefiggersi il 3,3%, ieri ha dovuto sorbirsi l’ennesima reprimenda dell’Ocse che richiede «azioni coraggiose per limitare la crescita delle pensioni, per aumentare le tasse sugli immobili, anche allineando i valori catastali con i valori di mercato, intervenendo sull’evasione fiscale e effettuando ampie revisioni della spesa». Sembra scritto per il governo francese.