2025-07-21
Barbara Jatta: «Tra bellezza e politica, il Raffaello restaurato è un viaggio spirituale»
Il direttore del Musei Vaticani: «È il nostro segnale per Leone XIV per cui l’arte è un veicolo di fede. Un visitatore su due è straniero».Quando la squadra di restauratori del Gabinetto di ricerche scientifiche della Santa Sede ha visto riemergere, in una delle quattro celebri Stanze di Raffaello nei Musei Vaticani, la Sala di Costantino, due figure dipinte a olio su muro, la Iustitia e la Comitas, ha vibrato di meraviglia. Già si sapeva che questa sala fosse stata ideata, come le altre tre, da Raffaello Sanzio. Tuttavia questa è una scoperta che valorizza ancor più il restauro della camera più politica e simbolica commissionata al genio di Urbino, morto forse causa sifilide, probabilmente a 37 anni, nel 1520. Ora gli affreschi sprigionano la luce originaria ed emoziona pensare si tratti della stessa che rischiarava i giorni di Raffaello, mentre dava forma alle sue figurazioni, perfette e metafisiche. Chi è incline all’immedesimazione può immaginare il pittore come fosse ancora qui, con basco in testa e tavolozza in mano. Barbara Jatta è direttore dei Musei Vaticani. Ci può descrivere il contesto storico e artistico?«Si tratta della quarta stanza. Le Stanze sono di Raffaello ma, in realtà, di Giulio II e Leone X, utilizzate dai Papi prima della costruzione, da parte di Domenico Fontana, del grande palazzo papale, attualmente in uso. Quelle stanze, già esistenti, furono decorate per volontà di Giulio II, che non voleva vivere nell’appartamento del suo predecessore, Alessandro VI Borgia, al piano di sotto, e inizialmente - siamo nei primissimi anni del Cinquecento - chiama pittori straordinari del tempo, e poi Raffaello, un giovanissimo, venticinquenne Raffaello, che si era distinto nella sua nativa Urbino e parzialmente a Firenze. Gli fa “buttare giù”, così dice Vasari, le pitture realizzate prima. La Sala di Costantino è l’ultima e si deve a papa Leone X Medici, figlio di Lorenzo il Magnifico, che raccoglie questa eredità meravigliosa di un pontificato sicuramente dedicato alle arti, come quello di Giulio II, facendo di Raffaello, il quale dedicherà al Vaticano gli ultimi 12 anni della sua vita, il “divin pittore”». Questo locale è dedicato all’imperatore romano Costantino…«Raffaello inizia con la Stanza della Segnatura - lo sappiamo dalle fonti - e poi l’ultima sala, questa, che realizza concettualmente, disegnandola e concependola prima di morire, è quella dedicata al grande imperatore che, dal paganesimo, si converte, si battezza, e fa del cristianesimo una religione accettata nell’impero romano. La Sala di Costantino è la più grande delle Stanze di Raffaello. All’epoca vi si ricevevano le delegazioni diplomatiche. È quella più politica, la meno privata, la più pubblica se vogliamo, mentre le altre stanze, Segnatura, Eliodoro, Incendio, rappresentano un percorso più iconografico, d’interesse filosofico, letterario, artistico, teologico». Costantino. Fece accettare il cristianesimo ai Romani. «L’interesse della Sala di Costantino è più politico-programmatico. Si parte dalla locutio, la visione della croce che Costantino ha la notte prima della grande battaglia, in hoc signo vinces, «se combatti per la croce vincerai». Vince sull’imperatore Massenzio a Ponte Milvio, battaglia celeberrima raffigurata nella parete lunga, la più importante, quando Costantino vede la croce. Nell’altra parete c’è il battesimo di Costantino, una volta vinto su Massenzio, sconfitto nel nome della croce. Nella contro-parete rispetto alla battaglia, c’è la donazione di Costantino, cioè quel passaggio storicamente discusso e poi ritenuto un aggiustamento politico del papato, in cui Costantino, lasciando Roma per fondare Costantinopoli, che poi sarà Bisanzio, oggi Istanbul, dà al Papa le chiavi della città, ossia consegna la tradizione imperiale romana al papato per un impero sine die. Per cui è la tradizione storica della nostra religione cristiana, la parte più politica».Periodo, quello, turbolento da un punto di vista politico-religioso. «Raffaello la concepisce con Leone X, in un momento complesso, negli anni ’17-’20 del Cinquecento, durante la Riforma protestante. Per cui c’era anche una precisa volontà politica di riaffermare l’autorità della cristianità intesa nel senso di tradizione imperiale. Sarà ultimata dopo la morte del pittore, avvenuta il 6 aprile 1520». Un restauro avviato nel marzo 2015 e concluso nel dicembre 2024. «I lavori sono durati dieci anni, che associo al periodo della mia direzione. Sono arrivata nel 2016 come vicedirettore di Antonio Paolucci per i primi 6 mesi, quando erano appena iniziati i primi saggi di prova, le varie fasi di aggiustamento dei ponteggi. Non abbiamo mai chiuso la sala».Il progetto fu concepito interamente da Raffaello Sanzio? «Il progetto iconografico delle quattro pareti principali è tutto di Raffaello, mentre il soffitto è di Tommaso Laureti, in piena Controriforma e in un pontificato grandioso come quello di Sisto V, papa Peretti. Raffaello muore all’inizio delle decorazioni. Si è sempre pensato che la sala fosse di Giulio Romano e Giovan Francesco Penni e “de li garzoni” di Raffaello, così li chiamavano, nomi notissimi. Questo lungo lavoro di restauro, fatto di multidisciplinarietà - con studi archivistici, analisi… - ha evidenziato come due parti fossero eseguite con tecnica diversa, confermata dalle analisi e da una serie di chiodi trovati in prossimità di due figure dipinte a olio su muro». E da quest’acquisizione? «Abbiamo capito che queste figure, citate da Vasari, dipinte a olio per prova, sono di mano di Raffaello. Guardandoli dopo il restauro si nota che effettivamente hanno una marcia in più e sono la Iustitia, nella parete della battaglia, e la Comitas, nella parete della Locutio. Pertanto non c’è dubbio che Raffaello abbia fatto delle prove per i suoi allievi, olio su muro. Sebastiano del Piombo tenta di soffiargli la committenza ma il Papa decide di darla comunque a loro, della scuola di Raffaello».Tecniche avanzate di restauro. Nel vostro comunicato del 26 giugno 2025 si legge: «…articolata campagna diagnostica, riflettografia a 1.900 nanometri, infrarosso in falsi colori, fluorescenza Uv, modello tridimensionale basato su scansioni laser»… «È l’esempio emblematico di come si opera nei laboratori di restauro vaticani. Si fanno una ricerca preliminare su documenti e fonti storiche, indagini delle superfici, dei materiali, dei pigmenti, una base per operare in sicurezza. Le relazioni tra storico, restauratore e diagnosta sono strette e determinanti. Il maestro restauratore è stato Fabio Piacentini, che ha coordinato un ampio gruppo di restauratori. Hanno lavorato sempre in questi 10 anni, anche durante la pandemia, consentendo di ottenere un risultato di cui siamo soddisfatti».Tutte le Stanze di Raffaello sono visitabili?«Tutte e quattro sono visitabili. La stanza dell’Incendio, la stanza della Segnatura, quella di Eliodoro e quella di Costantino». L’inaugurazione del restauro avviene in un particolare momento storico. È l’anno del Giubileo ed è appena stato eletto il nuovo pontefice, Leone XIV. Quali i risvolti dai punti di vista artistico e spirituale? «Avevamo pensato di presentarlo durante il pontificato di papa Francesco. Papa Francesco si è ammalato e ci ha lasciato. Lo abbiamo presentato ora per dare un bel segnale di ripresa al nuovo pontefice sulle attività che svolgiamo. È un agostiniano colto, attento all’arte anche antica e alla bellezza in genere come veicolo fondamentale di condivisione di valori spirituali e di fede. Il fatto che sia in corso l’anno giubilare dà ancor maggiore importanza per la condivisione. L’altro giorno ho ricevuto la lettera di una mamma, una visitatrice, che ringraziava, dicendo che i suoi figli sono usciti arricchiti dopo questo viaggio meraviglioso nella spiritualità e nell’arte». Quanti i visitatori dei Musei Vaticani nel 2024?«Nel 2024 sono stati 6.900.000, oltre il 50% stranieri. Quest’anno ne avremmo pochi di più perché ci siamo posti un limite, pur avendo aumentato di due ore, ogni giorno, le aperture, dalle 8 alle 20. Dodici ore intere per consentire questo viaggio spirituale, evitando la calca».