2025-09-13
La trans gongola: «È karma». Saviano invita a farsi furbi: «Gioire è un favore a Trump»
I media continuano a grondare odio. Michele Serra: «Le vittime non sono tutte uguali». Nessuna pietà dal giornale dei vescovi. Fdi contesta Corrado Formigli: «In tv ha ignorato la vicenda».Non bastavano i festeggiamenti sui social per il barbaro omicidio di Charlie Kirk, dove da ieri sono comparsi anche i «Tyler Robinson Fan Club» (dal nome del sospetto assassino) e i commenti dei vigili del fuoco di New Orleans, che hanno parlato del proiettile conficcato sul collo del giovane come di un «dono di Dio». Il giorno dopo il brutale assassinio dell’attivista pro life, a sinistra sono scattati i voti al cadavere, come quelli di Michele Serra: «Se i killer politici sono tutti uguali e spregevoli, non sono così uguali tra loro le vittime», scrive l’editorialista di Repubblica. Charlie Kirk, per Serra, era «il megafono di quasi ogni abominevole idea oggi al potere in America (suprematismo bianco e culto delle armi da fuoco in primo luogo)». In realtà Kirk disse che le norme sull’affirmative action molto spesso non erano meritocratiche, ma vagli a dire, a Serra, che Kirk era un uomo libero che ai suoi eventi offriva il microfono a chiunque la pensasse diversamente da lui. E soprattutto, vagli a spiegare quanto sia ignobile lasciar intendere, a chi malauguratamente ti legge, che se sei di destra puoi essere un bersaglio. Forse, peggio di lui ha scritto Giorgio Ferrari che su Avvenire, il quotidiano dei vescovi, ha (stra)parlato di Kirk come «potente e seguito influencer della destra più estrema che mescolava negazionismi climatici a sulfuree teorie razziali, oggi esaltato dall’ira di Trump come un campione della libertà». «Non stupiamoci più del dovuto», relativizza Ferrari, «poco importa chi lo abbia ucciso»: «Occorre sempre un delitto eccellente per rafforzare un potere che barcolla». Al diavolo la pietas dei vescovi, quest’omicidio va condannato soltanto perché favorirà Trump. Concetto ribadito anche da Roberto Saviano: «Non ho empatia con Charlie Kirk, disprezzo ciò che ha detto e fatto, ma uccidere Kirk ha significato sostenere profondamente Trump. Chi oggi elogia il suo assassinio non si rende conto che la sua esecuzione rafforza le parole di Kirk e risulterà per Trump come l’incendio del Reichstag fu per Hitler». Proprio non ce la fa, Saviano, a dire che esultare è sbagliato semplicemente perché non si spara sulla gente: «Non riesco ad accodarmi a chi dice che ogni vita umana va rispettata», dichiara candidamente l’autore di Gomorra. Le vittime di violenza politica, insomma, non sono tutte uguali per la sinistra che soffia sul fuoco: un padre di famiglia di 31 anni trucidato perché contrario all’aborto e alla dottrina gender non può essere certo paragonato a chi è morto per le proprie idee - soltanto quelle che piacciono a loro, però - come Martin Luther King. E a proposito di gender, c’è anche chi ha evocato «il karma», come tale Roberta Parigiani, avvocato trans che ha festeggiato l’omicidio commentando «questo succede a spargere odio e disperazione». A L’Aria che tira è stato chiesto a Piergiorgio Odifreddi quale fosse il «vento» che seminava Kirk per raccogliere la tempesta della sua morte, ma non è stato capace di dirlo. Forse perché equiparare in diretta tv la difesa della vita a una presunta cultura dell’odio sarà apparso troppo perfino a lui. A questo proposito, val la pena ricordare, con preoccupazione, che il 25 novembre di due anni fa, durante il corteo trans-femminista di «Non una di meno», alcuni manifestanti hanno lanciato una bomba dentro la sede romana di Pro vita & famiglia, associazione pro life presieduta da Toni Brandi e rappresentata da Jacopo Coghe e Rachele Ruiu. L’ordigno aveva l’innesco acceso e soltanto per poco non ci è scappato il morto. I manifestanti scandivano slogan di odio come «Le sedi di Pro vita/ si bruciano col fuoco/ con Pro Vita dentro/ se non è troppo poco», e anche allora non soltanto l’episodio non fu condannato dal Pd, ma qualcuno addirittura disse che Pro vita «se l’era cercata», con tutte quelle iniziative e quei manifesti contro l’aborto che i tribunali italiani continuano a censurare.La lista degli odiatori non è finita qui: se Corrado Formigli ha completamente ignorato l’omicidio di Kirk nella puntata di giovedì, manifestando, secondo Lucio Malan di Fratelli d’Italia, «la volontà di lanciare un chiaro segnale e cioè che l’omicidio di un esponente politico di destra non è argomento che merita alcuna attenzione», il rapper Frankie-Hi-nrg ha raccolto quasi 4.000 cuoricini sotto il suo tweet «Chi semina vento raccoglie tempesta». Non ha avuto altrettanto successo il post dell’americano che ancora non ha imparato la dizione italiana: Alan Friedman. Ieri il giornalista ha scritto sulla Stampa che per «capire il clima» bisogna guardare alla carriera di Charlie Kirk, che gli ha consentito di creare un impero «cresciuto da 4 milioni di dollari nel 2016 a oltre 92 milioni nel 2023» (poteva mancare la colpevolizzazione del morto che guadagnava?). Mal gliene incolse: «Questo successo ha avuto un prezzo», ha scritto lapidario Friedman. «Disse che le morti per armi da fuoco sono sfortunatamente il prezzo che paghiamo per la libertà. Non vide l’ironia di questa affermazione». È sfuggito a Friedman che Kirk parlava di «armi libere» per difendersi, non per uccidere a sangue freddo da 70 metri con un fucile di precisione un padre di famiglia di 31 anni che sta parlando, recapitandogli sui proiettili la scritta «Bella ciao». E non è affatto ironico, ma tragico e pericoloso.