
Con una lettera a Nagel, l’ad Mossa glissa sulla richiesta di partnership su bancassicurazione e wealth management. La notizia piomba sull’assemblea di Mediobanca: i numeri sono risicati e il risultato è in bilico.Una notizia atterra sull’assemblea di Mediobanca. Niente accordo a tre fra Piazzetta Cuccia, Generali e Banca Generali sui temi di bancassicurazione e wealth management, al contrario di quanto aveva suggerito Alberto Nagel. Lo scorso 28 aprile Mediobanca sorprende il mercato lanciando un’offerta sulla banca guidata da Gian Maria Mossa. Si era da poco conclusa l’assemblea del Leone durante la quale si era andato rafforzando l’asse Nagel-Donnet e in pochi si sarebbero aspettati un tale cambio d’azione. Cioè, la scelta di prendersi la cassaforte Banca Generali, scambiarla con azioni triestine e uscire dal Leone. Assorbita la sorpresa, parte l’iter. E il 9 maggio il cda di Banca Generali, dopo aver approvato i conti, avvia l’analisi, le valutazioni e conferisce il mandato per approfondire il razionale industriale dell’offerta. Oltre che l’impatto dell’Ops sull’intero spettro degli stakeholder. Prima della pubblicazione dell’offerta, Mediobanca propone di sottoscrivere un accordo a tre di partnership strategica di lungo termine sulla bancassurance e sul wealth management. Un po’ sulla falsa riga dell’accordo già in essere tra Mediobanca e Generali. Una proposta, va aggiunto, molto delicata. Banca Generali nella partita non è soggetto, ma oggetto visto che viene acquisita. Inoltre non risulta semplice capire perché Mediobanca abbia deciso di uscire dal Leone, ma voglia comunque proseguire con accordi di lungo termine. Trascorrono così tre settimane e venerdì scorso Piazzetta Cuccia deposita i dettagli del prospetto d’offerta. C’è un intero paragrafo in cui si sottolinea che la partnership su bancassicurazione e wealth management è una condizione di efficacia dell’offerta stessa. Cosa è successo nel frattempo? A Nagel è arrivata una lettera di Mossa nella quale l’ad spiega che non ci sono le ragioni che rendono, in questa fase ancora preliminare, necessaria o opportuna la partecipazione di Banca Generali alle negoziazioni finalizzate all’accordo. In futuro si vedrà, prosegue la lettera. Si vedrà dopo che sarà stata fatta maggiore chiarezza sul perimetro di tali accordi.È chiaro che la decisione punti a rispondere alla visione di quel 49% di azionisti (soprattutto fondi) che si trovano a valutare l’Ops dalla quale otterranno azioni del Leone. Inoltre, sarebbe certamente strano chiudere un accordo di lungo termine sotto Ops. In fondo, si tratta di un tema di trasparenza e di posizionamento. Appunto tra l’essere soggetto o oggetto. Detto ciò, la notizia non può non avere degli impatti in vista dell’assemblea del prossimo 16 giugno. Incontro di per sé già sufficientemente infuocato. Francesco Gaetano Caltagirone ha incrementato la sua quota portandola fino a ridosso del 10%. È probabile che gli ultimi acquisti siano stati portati avanti da Vm2006, società con cui l’imprenditore capitolino martedì scorso ha chiesto il rinvio dell’assemblea di Piazzetta Cuccia lamentando proprio una carenza informativa sugli accordi. Il giorno del redde rationem: Caltagirone, che ha detto apertamente di essere contrario e di appoggiare la scalata di Mps su Mediobanca, avrà circa un 30% (considerando il 19,8% di Delfin della famiglia Del Vecchio). Poi ci sono i grandi fondi: Balckrock, State street, Norges bank e Vanguard. Ma anche se i proxy si sono schierati a favore della posizione di Nagel, negli ultimi giorni han fatto capolino altri ritocchi. Enasarco è vicina al 2%. Enpam è arrivata all’1,9. Mentre rimane da capire che cosa farà Alessandro Benetton, presidente di Edizione, che a sua volta ha in pancia il 2,2% di Mediobanca. Intanto anche l’ad di Mps, Luigi Lovaglio, ha detto la sua sull’Ops su Mediobanca definendola «un’operazione di mercato e non di potere» e dicendosi non preoccupato per il sostegno dei proxy alla partita su Banca Generali: «Le due operazioni non sono alternative. Chi voterà a favore, potrà anche consegnarci le azioni». In poche parole, se fino a qualche giorno fa i mercati davano per scontato l’esito dell’assemblea, adesso i numeri appaiono risicati. Il successo di Nagel non è scontato. La lettera di Mossa rimette l’iter sul suo percorso naturale. Vista da fuori, sta a significare che ciò che conta sono sempre i fondamentali. «Io mi sono già espresso sul deal, la cosa importante per me non è solo il cosa, ma anche il come, perché questo è un business di persone», ha dichiarato Mossa, intervenendo a margine di un forum a Palazzo Mezzanotte, organizzato da Assoreti e Ambrosetti lo scorso 26 maggio. Dove ha concluso: «Ci prenderemo il tempo per analizzare bene la cosa, perché è molto importante il cosa, ma nel nostro business è ancora più importante il come». Tradotto. Il cosa, cioè creare un polo di wealth management «sicuramente può avere senso, il come definirà se la cosa verrà accolta con favore o meno». Vedremo come la penseranno i soci di Mediobanca il giorno in cui dovranno votare sul cosa e sul come.
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