2024-04-06
«La Sindone è autentica, viene da Gerusalemme e c’è il sangue di Cristo»
Per il patologo Pierluigi Baima Bollone «Sul telo di lino ci sono i segni dei chiodi su un polso e sui piedi. La corona di spine? Probabilmente si trattava di un casco».Da medico legale, il professor Pierluigi Baima Bollone, ha condotto svariate autopsie, per accertare le cause dei più controversi episodi di morte. Tuttavia, il caso più clamoroso di cui si è occupato, per quanto, per ovvie ragioni, non si trattasse di un esame autoptico in senso stretto, ha riguardato l’analisi di reperti biologici del corpo di un uomo, dell’età, come la maggior parte dei biblisti sostiene, di 37 anni e non di 33, torturato e crocefisso sul Gòlgota, collina poco fuori Gerusalemme, probabilmente nell’anno 30. Il patologo forense, nato a Torino, dove ha sempre vissuto, nel 1937, emerito di Medicina legale nell’ateneo cittadino, ha scandagliato al microscopio frammenti di quel telo di lino chiamato Sindone (dal greco sindon, ossia lenzuolo), oggi custodito nel duomo di Torino, in cui sarebbe stato avvolto il corpo di Gesù, trasportato nel sepolcro dopo l’uccisione. Della più importante reliquia del cristianesimo, su cui è rimasta impressa l’immagine di un uomo nudo, con capelli lunghi e barba, martoriato, e poi, secondo la narrazione evangelica, risorto e asceso al Cielo, Baima Bollone s’interessò parecchio tempo prima della perizia. Nelle due pagine finali di un suo libro del luglio 1978, Alla ricerca dell’uomo della Sindone (Mondadori) riassunse, in due disegni, particolari anatomo-patologici delle ferite, «da punta con colature ematiche al capo, da punta e colatura di sangue al polso sinistro, ecchimosi escoriate alle regioni scapolari, chiazza ematica all’emi-costato destro, colatura di sangue agli avanbracci sinistro e destro e ai lombi, lesioni da flagello negli arti inferiori, lesioni e colature ematiche ai piedi». Nel saggio enumerava la pletora di studi internazionali, alcuni a favore dell’autenticità della Sindone, altri propensi a considerarla un falso, tracce sanguigne comprese. Il 13 dicembre 2002, ad Andrea Vianello, nel programma Rai Enigma, formulò la sua personale ipotesi sulla causa del decesso. Riteneva che il «collasso ortostatico, ossia l’accumularsi del sangue nelle parti inferiori del corpo in un soggetto fissato in posizione verticale» fosse solo una «concausa», dovuta al fatto che esso, «appeso alla croce» subisce una «trazione in corrispondenza della gabbia toracica che, a poco a poco, genera asfissia meccanica». «Non è possibile» aggiunse «che un soggetto in stato di asfissia meccanica parli e, alla fine dia un grido, il che presupporrebbe una funzionalità abbastanza integra del mantice respiratorio». La sua conclusione fu la seguente: «Gesù, arrestato alle ore 21 del giovedì, viene a morte alle 15 del giorno dopo e quindi sono 18 ore di sofferenze psichiche, psicologiche e fisiche, traumi, affaticamento, disidratazione. Questo è dolore, e porta a un sangue iper-viscoso, iper-denso, che provoca un’ischemia acuta, dolorosissima. Da qui il grido terminale e la morte». Tuttavia, ciò che di quell’analisi medico legale fece scalpore e il cui esito è tenuto in alta considerazione dalla comunità scientifica, è che l’esperto non solo stabilì l’autenticità delle tracce di sangue sulla reliquia, ma riuscì anche a individuarne il gruppo. La Chiesa attuale non si esprime ufficialmente sulla veridicità del sudario citato nei Vangeli ed è attenta a nuovi e accreditati pronunciamenti della scienza. Tuttavia, la risposta a come quell’immagine si sia formata trasvola nel mistero. Tra le dichiarazioni dei pontefici, fa ancora riflettere quella che Paolo VI rivolse agli spettatori, sia di fede sia no, durante l’ostensione tv della Sindone del 1973: «Raccolti d’intorno a così prezioso cimelio crescerà in tutti noi, credenti o profani, il fascino misterioso di Lui, e risuonerà nei nostri cuori il monito evangelico della Sua voce, la quale ci invita a cercarlo poi là, dove Egli ancora si nasconde e si lascia scoprire, amare e servire in umana figura». Buon pomeriggio professore!«Buon pomeriggio, la mia voce è di persona molto anziana…».Non si preoccupi. Nella sua corposa produzione saggistica, appaiono numerosi libri sulla Sindone. «Ho scritto, credo, 11-12 libri sul tema e una quantità di articoli. L’ultimo libro è del 2022, Attualità sulla Sindone di Lirey-Chambéry-Torino, edito da Giappichelli». Quando ebbe modo di esaminare la reliquia?«Io mi occupo del tema da una cinquantina d’anni. Ho effettuato prelievi nel 1978, tra l’8 e il 9 ottobre di quell’anno. Se ne interessava la Curia di Torino. Nel 1978, al termine di una lunga ostensione, voluta dal cardinale Ballestrero (Anastasio Alberto Ballestrero, 1913-1988, arcivescovo di Torino nel 1977-79, ndr.), ci fu una settimana di esami. Prima lavorammo noi europei e poi degli americani di un’associazione che si chiamava Sturp. Per quel che riguarda noi europei, io, personalmente, prelevai 12 fili».Quali furono i risultati delle analisi di questi fili?«Io curai l’aspetto ematologico. In estrema sintesi i risultati sono che sulla Sindone ho trovato del sangue umano di un gruppo «AB». Poi gli studi si sono sviluppati». Questo gruppo sanguigno è raro?«È un gruppo che, sa, oggi, dopo quarant’anni di ricerche di Dna, i gruppi sanguigni lasciano il tempo che trovano. Comunque, allora, mi riferisco agli anni immediatamente successivi al 1978, alcuni misero in evidenza che «AB» poteva essere un gruppo universale, un aspetto della umanità del Cristo aperta a ogni tipo di persona».Ovvero un gruppo che potrebbe essere pensato di un donatore universale?«Sì, donatore universale, ma stiamo attenti ai vecchiumi».Dove lo fece il prelievo?«Nella sala della biblioteca appositamente attrezzata del Palazzo Reale di Torino». Quanto durò l’operazione?«Il mio intervento personale si esaurì nella notte e poi, per alcuni giorni, lavorarono diversi gruppi di statunitensi collegati con questa associazione, che ora si è sciolta, lo Sturp».Si può stabilire l’altezza dell’uomo della Sindone?«C’è un dibattito, molto vivo. Comunque si trattava di una persona di alta statura, diciamo sui 180 centimetri».Di tracce organiche, oltre al sangue, ha trovato qualcos’altro?«Sarebbe un lungo discorso, che richiederebbe due-tre giorni. È stato fatto, credo poco prima del Covid, un esame con un microscopio a scansione, da me e dalla professoressa Grazia Mattutino, pubblicato sul Giornale dell’Accademia di medicina di Torino (questo studio confuta i risultati, resi noti nel 1988 da tre équipe straniere, di un’analisi della Sindone con il carbonio-14, ritenuta di epoca medievale e pertanto non autentica, ndr.)».Un altro studio del 2019, suo e di un radiologo, ha confermato che le macchie sono di sangue e individuato il punto in cui una lancia trafisse il costato. Dunque, secondo lei, la Sindone è originale?«Secondo me sì. Viene dalla tomba di Gerusalemme, ora all’interno della basilica del Santo Sepolcro».Chi avvolse il corpo di Cristo nel telo? «I quattro Vangeli dicono che ne occuparono diverse persone, Giuseppe di Arimatea e Nicodemo. Nicodemo portò 100 libbre, ossia circa 30 chilogrammi di aloe e di mirra». Il corpo era già morto e in stato d’irrigidimento cadaverico?«Certamente Gesù venne disceso dalla croce già morto». Lei ha potuto riscontrare la posizione del corpo avvolto?«La posizione è quella si vede sul Pastorale credo di Paolo VI: Gesù appeso alla croce e abbandonato su sé stesso irrigidito in modo tale che gli arti inferiori risultino simmetrici e di lì la leggenda del Cristo zoppo riprodotto molte volte sulle monete ad esempio bizantine». Nella Sindone si rilevano i segni dei chiodi?«Sì, su di un polso e in corrispondenza dei due piedi». E la corona di spine?«La corona di spine probabilmente era un casco di spine».È stato osservato che sulla Sindone esisterebbero tracce del fatto che per tenere le palpebre chiuse vi sarebbero state posizionate sopra monete. Suoi indizi?«Sì, dunque, in America, nel 1931, il professor Filas, era un gesuita, osservò la traccia di una moneta in corrispondenza dell’orbita destra. È una questione molto discussa, ma io sono dell’opinione che sia realistica».Implicazioni?«Questo non rientra nell’uso giudaico. Probabilmente c’è stato l’intervento dei romani anche durante la sepoltura». Dalla Sindone si evince che Gesù aveva i capelli lunghi.«Sì, gli cadevano sulle spalle».Non è possibile immaginare di che colore fossero?«Eh no».In una sterminata iconografia il volto del Messia è rappresentato anche biondo e con gli occhi celesti. «Sì, certo, spesso è rappresentato così, ma non abbiamo le prove di come fosse». Caratteristiche corporee e muscolari?«Una figura che è stata definita atletica».E la bocca inzuppata d’aceto?«Restano leggende, non è stato trovato nulla del genere».Presenza di semi di piante?«Sì, ricercatori americani, come Wanger, hanno detto di aver trovato un sacco di semi di piante». Si rilevano i segni della flagellazione?«Sì, i segni dei colpi della flagellazione in tutto il corpo, tranne che nei due avanbracci».Qual è stato il viaggio della Sindone? «È un reperto partito da Gerusalemme circa duemila anni fa, facendo un lungo percorso prima fuori dell’Europa e, poi, in Europa, in Francia. Nel 1353 è stata di un feudatario, Goffredo I di Charny, a Lirey, nello Champagne e, nel 1452, a Chambery, è passata nella mani dei Savoia, che ne sono stati proprietari fino al 1983, anno della morte dell’ultimo re d’Italia Umberto II».Come si è sentito quando analizzò il sangue che probabilmente è del Nazareno? «Guardi, posso dire che sono molto contento di averci lavorato e orgoglioso dei risultati ottenuti». Lei è credente?«Io sono credente. Cattolico apostolico romano».
Ecco #EdicolaVerità, la rassegna stampa del 13 ottobre con Flaminia Camilletti