2023-11-27
Bagna cauda, ossia l’arte di conciliare gli opposti
Fino al 3 dicembre si svolge ad Asti la celebrazione del noto condimento piemontese, che «mette insieme ingredienti che di per sé non si abbinano naturalmente», come dice il vescovo Marco Prastaro. Ma, almeno in cucina, anche ciò che sembra inconciliabile può andare a nozze. E in questa salsa il miracolo si ripete dal tardo Medioevo, anche se allora ad apprezzarlo era soprattutto il popolo, mentre la nobiltà era tenuta lontana dal suo sapore deciso. Oggi, per venire incontro al gusto di parte dei consumatori, esistono addirittura versioni senza aglio, mentre le alici non possono mancare mai.È cominciata il 24 novembre e si svolgerà fino al 3 dicembre l’undicesima edizione del Bagna Cauda Day con lo slogan Bagna Pax. Si tratta di una bagna cauda collettiva, una sorta di festival diffuso a cui aderiscono oltre 150 ristoranti, cantine, agriturismi in Piemonte e ben oltre che potete scoprire all’indirizzo Internet bagnacaudaday.it/i-locali/. La celebrazione del celebre condimento piemontese è organizzata da Astigiani, associazione culturale per la promozione del territorio astigiano: «Abbiamo affidato a Gino Vercelli, fumettista di vaglia, il compito di disegnare lo slogan “Bagna Pax: mettete dei cardi nei vostri cannoni”. Un forte richiamo alla voglia di pace e di convivialità che già l’anno scorso con la Caritas ci aveva fatto organizzare una bagna cauda con ospiti ucraini e russi. Tutti i bagnacaudisti che nell’ultimo fine settimana di novembre e nel primo week end di dicembre andranno a gustare la bagna cauda nei locali aderenti riceveranno in omaggio il bavagliolone in stoffa» ha detto ad Agi il direttore Sergio Miravalle. E il vescovo di Asti, Marco Prastaro, a proposito dello slogan «Bagna pax»: «La bagna cauda mette insieme ingredienti che di per sé non stanno insieme naturalmente, eppure hanno dimostrato di poter convivere. Anche ciò che appare inconciliabile può generare un incontro. Non è la prima volta che questa storica ricetta diventa messaggera di pace, è successo quattro anni fa quando hanno cucinato insieme israeliani e palestinesi, e l’anno scorso quando la cucina ucraina ha incontrato vini russi. Del resto nella salsa della bagna cauda si intingono vari tipi di verdura di stagione, come cardi gobbi, cavolfiore, topinambur, barbabietola, patate e verza. La pace si fa stando insieme, anche sedendosi a tavola: l’incontro è la cosa più bella e per quanto distanti ci si può sempre incontrare». Quest’anno, il messaggio di pace è dedicato al conflitto in Medio Oriente.In quanto salsa di pesce a base di alici, olio, aglio e sale la bagna cauda potrebbe ricordare gli antichi Romani col loro leggendario garum, tanto che spesso, insieme con altre salse di pesce regionali tradizionali, viene indicata come erede del garum. Non c’è accordo unanime su «la ricetta del garum», le fonti antico-romane forniscono più di un metodo. Per esempio, Apicio non dà ricette e parla di fermentazione di interiora di pesce e pesce al sole e senza sale, nelle Geoponiche si parla di interiora di pesci salate e aggiunte di altri piccoli pesci da stagionare al sole per poi raccogliere liquamen e allec, ma si fa anche riferimento ad una versione veloce fatta di pesce bollito nella salamoia con erbette varie. Non è la stessa cosa che bollire a bassissima temperatura agli e alici deliscate e desalate nell’olio, come si fa per preparare la bagna cauda, certo. Eventualmente tra garum e bagna cauda c’è discendenza e non equivalenza, ma la possibilità di paragonare e collegare garum e bagna cauda, come anche garum e altre salse, come dicevamo, insomma, c’è. Altre salse parenti della bagna caoda - si può chiamare anche così - nel resto d’Italia, si diceva. In Campania, c’è la colatura di alici, il liquido che si estrae da alici messe sotto sale e sotto un peso, in Liguria il machetto di alici pestate in una crema poi diluita con olio di oliva, in Toscana l’acciugata con acciughe e capperi sobbolliti in olio di oliva, in Veneto la salsa d’acciughe con cipolla, alici, olio e vino. E fuori, in Provenza, c’è l’Anchouiado, acciughe, aglio e olio.Preparare (provate!) la bagna cauda vuol dire anche rientrare in contatto con una ricetta di altri tempi. Quali tempi, precisamente? Non si sa molto, a parte che siano passati. Alla fine dell’Impero Romano il garum scompare. Non si conoscono le origini assolute della bagna caoda, ma si dà per assodata la sua preparazione nel tardo Medioevo come intingolo popolare per festeggiare la spillatura del vino nuovo. Popolare, abbiamo detto, perché fino a un certo punto la nobiltà ha assolutamente evitato questa preparazione così agliata, perché nella bagna cauda ci va tanto, tanto aglio. Va detto che nel tempo si sono affermate anche versioni che alleggeriscono o addirittura eliminano l’aglio. Nel menù del Bagna Cauda Day, per esempio, la bagna cauda classica è indicata come «Bagna come Dio comanda», poi c’è la «Bagna eretica» con aglio stemperato e poi c’è la «Bagna atea», senza aglio. L’ortodossia della bagna richiede l’aglio, una testa a persona come spiega anche l’Accademia Italiana della Cucina, sebbene la stessa Accademia espliciti che volendo si può anche diminuire un po’ la quantità di aglio a persona, proprio perché i tempi cambiano. Ancora sulle origini, la Regione Piemonte scrive: «Molte località piemontesi si contendono la paternità di questo emblema della gastronomia regionale, ma in realtà nasce nella notte dei tempi sulle coste della Provenza, con il nome di “Anchoiade”. Furono senza dubbio i mercanti astigiani medievali, durante le loro spedizioni per rifornirsi di sale e acciughe, a conoscerla e a introdurne l’uso in patria, diffondendolo poi in tutta la vasta area dei loro commerci (tutto il Piemonte meridionale e nord-occidentale)». Quanto alla prima attestazione scritta, è una semplice citazione degli ingredienti e risale al 1876, si trova nel romanzo Vecchio guscio di Roberto Sacchetti: «In quella capitò Placido colle provvigioni: una tovaglia piena di peperoni, il tegamino coll’olio e colle acciughe, e sotto le ascelle due pinte di vino. “Che novità?” sclamò l’Anna. “Toh, si fa colazione!”». Pochi anni dopo, nel verbale dell’Inchiesta Agraria Jacini, Lorenzo Fantino (di Alba) la descrive come abituale salsa di condimento della polenta dei contadini albesi. Seppure non conosciamo esattamente i suoi percorsi storici, la bagna cauda è un piatto antico ma non dimenticato: sarebbe bello se venisse scoperto da chi non lo conosce o riscoperto da chi, magari, lo ha accantonato. La sua antichità, rispetto alle salse contemporanee, è data dall’uso di un grasso nobile, come l’olio di oliva, impiegato non a freddo come nella maionese, ma in cottura (soffrittura) a bassa temperatura per estrapolare meglio i sapori e cuocere senza rovinare due elementi molto delicati come l’aglio e l’alice. L’aglio, molto amato non per l’odore ma per le sue proprietà dai salutisti, non è quasi mai il protagonista assoluto di un piatto o di una salsa, in questo caso lo è e anche in grande quantità. Nonostante il fatto che probabilmente l’impiego di tutto questo aglio nasca anche per consumare più aglio possibile in una ideazione culinaria ad hoc, il connubio, però, funziona molto bene. Altro elemento antico sono le alici che devono essere sotto sale, diliscate e dissalate. Un tempo, esse erano una conserva casalinga abituale al pari di quelle di verdure o di frutta, stipate nelle salatoie in terracotta o marmo bianco col disco in ardesia o legno a fare da coperchio o da contrappeso. Oggi sanno farle e le fanno ben poche persone, le alici conservate al massimo si acquistano, ma comunque raramente sottosale, essendo più veloci e facili da gestire i filetti di alici sott’olio che, oltretutto, non si trovano così facilmente italiane nel normale supermercato. Si potrebbe poi pensare di avere davanti tre ingredienti che non sono piemontesi. In realtà, si coltivava aglio nelle Langhe e ad Alba. Quanto alle acciughe salate, invece, esse arrivavano nei barili grazie agli acciugai ambulanti occitani della Val Maira e l’olio di oliva giungeva dalla vicina Liguria in cambio di burro, formaggio e grano che il Piemonte produceva in abbondanza. La bagna cauda è infatti un P.A.T., Prodotto Agroalimentare Tradizionale, del Piemonte. La piemontesità della bagna cauda si evince anche dal fatto che un tempo vi si pucciavano dentro solo cardi gobbi che sono tipici di Nizza Monferrato, topinambur e poi peperoni che erano stati conservati nella raspa, il residuo della vinificazione del grappolo d’uva di questa regione d’eccellenza anche nei vini. La bagna cauda era infatti una leccornia che, come abbiamo detto, si consumava in concomitanza con la vendemmia e dopo, secondo alcuni, era il compenso dei vendemmiatori. Si portava in tavola nel tegamino di terracotta in cui veniva cotta, il dian, il quale si poggiava su un sostegno, la scionfetta, che poteva ospitare un pochino di brace, laddove oggi metteremmo una candela da tè, per continuare a tener calda la salsa appena tolta dal fuoco. Le parole bagna cauda, infatti, significano salsa calda, perché una caratteristica di questa salsa è che va consumata calda. Il fojòt, che come principio e anche un po’ forma somiglia molto al caquelon svizzero per la cottura della fondue, può essere anche individuale, alcuni lo preferiscono singolo anche per la questione igienica di non intingere, per esempio, una carota morsicata laddove anche altri inzupperanno le proprie. Abbiamo detto carote. Col tempo, infatti, sono aumentate le verdure che si immergono nella bagna cauda e si usano praticamente tutte quelle possibili, si registra quasi un crossover tra le verdure per pinzimonio e bagna cauda. Secondo alcuni, l’odore di aglio in bocca dopo aver mangiato bagna cauda può persistere anche oltre le 24 ore. Vi spieghiamo nel box come alleggerirlo un po’, intanto annotiamoci, dal sito del Bagna Cauda Day, le considerazioni salutistiche sulla salsa di Giorgio e Caterina Calabrese: «Ecco cosa ci regalano questi tre ingredienti della dieta mediterranea. L’aglio ha molte buone proprietà. Svolge un’azione benefica sulla pressione alta e di contenimento del colesterolo cattivo Ldl. Il principio attivo allicina è un anticoagulante, contrasta l’aggregazione piastrinica, quindi la formazione di coaguli. I composti dello zolfo che esso contiene sono anti-microbici, specialmente sulle vie urinarie. L’olio extravergine d’oliva è ricco di acido oleico, linoleico e linolenico oltre che di abbondanti antiossidanti naturali, antinvecchiamento. I composti fenolici svolgono attività antiinfiammatorie. L’olio extravergine è utile nella prevenzione di degenerazioni cancerogene in diversi organi. Infine le acciughe salate sciolte nella bagna la insaporiscono arricchendola di proteine nobili. E il pesce azzurro, ricco di Omega-3 e non solo, contiene anche riboflavina, niacina, calcio, ferro, fosforo e selenio. Un concentrato di protezione per vasi sanguigni e membrane cellulari. Per non parlare dei benefici, da tutti riconosciuti, che le verdure crude e cotte apportano all’alimentazione. In conclusione la bagna cauda, se gustata senza esagerare nelle dosi, accompagnata da non eccessive quantità di pane e senza eccessi con il vino coniuga benessere e piacere». 100 g di bagna cauda hanno 449 calorie, 41,3 g di grassi di cui 6 g saturi, 7,3 g di carboidrati di cui 1,8 g di zuccheri, 1,3 g di fibre, 11,3 g di proteine e 3,73 g di sale. Mentre 100 g di maionese hanno 688 calorie, 0,3 g di carboidrati di cui 0,3 g di zuccheri e nessuna fibra, 77,8 g di grassi, di cui saturi, monoinsaturi e polinsaturi, 4,3 g di proteine, 486 mg di sodio. Come vediamo, la bagna cauda ha poco più della metà di calorie della maionese, poco più della metà dei suoi grassi, un cincinin di fibre che la maionese non ha, un pochino di carboidrati che nella maionese mancano e più proteine oltre che più sale. Si tratta di una bella alternativa sia alla vinaigrette di olio, sale e aceto, anche per condire un’insalata, sia mangiata tradizionalmente con verdure crude e cotte, una fetta di polenta e un uovo (a persona) cotto nell’olio che resta in fondo al fojòt una volta finita la salsa. In quest’ultimo caso, rappresenta sicuramente un gustoso ed equilibrato piatto completo. Ma secondo noi non starebbe male nemmeno usata in maniera assolutamente irrituale per pucciare le french fries di Mc Donald’s.
Francesco Nicodemo (Imagoeconomica)
(Ansa)
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