
Via libera della Cassazione alla consultazione sulla riforma Calderoli, ma l’ok definitivo spetta alla Consulta. Schlein festante, De Pascale vede problemi: «Lancinante, dividerà il nostro elettorato». E c’è il fattore quorum.Il referendum sul cosiddetto «spacca Italia» per ora spacca solo il Pd. Il via libera della Cassazione alla consultazione popolare sull’autonomia differenziata, legge che l’opposizione ha appunto ribattezzato «spacca Italia», va analizzato in termini politici depurando le dichiarazioni e i commenti dal puro propagandismo. Innanzitutto, è bene ricordare che l’ok della Cassazione non è definitivo: sarà la Corte costituzionale, entro il prossimo 15 febbraio, a decidere se gli italiani verranno chiamati effettivamente alle urne. La stessa Corte costituzionale, esattamente un mese fa, accogliendo parzialmente i ricorsi delle Regioni Campania, Toscana, Emilia-Romagna e Sardegna, ha profondamente cambiato l’impianto dell’autonomia targata Roberto Calderoli, bocciandone i pilastri e affidando al Parlamento le conseguenti modifiche. Il primo cortocircuito è tutto qui: se si andasse davvero al referendum, i cittadini verrebbero chiamati a esprimersi su una legge che allo stato attuale, dopo la decisione della Consulta, non c’è. Il secondo cortocircuito è tutto interno al Pd, come dimostra lo stridente contrasto tra la reazione della segretaria, Elly Schlein, e quella dell’appena eletto presidente dell’Emilia-Romagna, Michele de Pascale. Il sì della Cassazione al referendum contro l’autonomia differenziata, commenta la Schlein a L’aria che tira su La7, «è una buona notizia. Noi crediamo molto in questa battaglia. Crediamo anche che dopo la pronuncia della Corte costituzionale che ha smontato l’autonomia differenziata bisognerebbe che il governo si fermasse. Che fermasse i negoziati sulle intese e che abrogasse questo testo. Noi», aggiunge la Schlein, «andremo avanti in questa battaglia». Naturalmente, la Schlein non pensa davvero che l’ok al referendum sia una buona notizia, e il motivo lo spiega De Pascale: «Possibile che su un tema come questo», si chiede il presidente dell’Emilia-Romagna ospite ad Atreju, «dobbiamo andare a un referendum lancinante, con il Pd che potrebbe vedere i suoi elettori al Nord votare a favore e al Sud succedere il contrario? Non è meglio fermarsi un momento? Le regole devono essere il più possibile uguali dappertutto, sulla gestione operativa», aggiunge De Pascale, «e in quel senso sono assolutamente disponibile a dire che anche il Nord deve farsi carico della crescita del Centro-Sud, ma bisogna preservare l’unità del Paese, e le regole del gioco su temi tanto importanti si fanno insieme». Inutile girarci intorno: un referendum sull’autonomia sarebbe, quello sì, uno «spacca Italia» dalle conseguenze disastrose per tutti. La campagna elettorale si giocherebbe tutta sulla contrapposizione Nord-Sud, lasciando un’ Italia a brandelli qualsiasi fosse il risultato: immaginiamo già, considerato il livello medio del dibattito politico in Italia, la profondità dei concetti che verrebbero espressi per convincere i cittadini. Il risultato, tra l’altro, ruoterebbe solo e soltanto sul fattore-quorum: se non va alle urne il 50% più uno degli elettori, il referendum fallisce, e quindi il centrodestra dovrebbe lavorare per tenere gli italiani lontani dalle urne. Lo dice con chiarezza, e non è un caso, un altro presidente di Regione, quello del Veneto, il leghista Luca Zaia: «Bisogna aspettare la Corte costituzionale», commenta, «per capire se sarà il referendum oppure no, al momento non c’è». Se la Consulta darà il via libera, sostiene Zaia, allora «sarà fondamentale che chi crede nell’autonomia non vada a votare: è logico visto che c’è il quorum. Staremo a vedere: se il referendum sarà autorizzato», sottolinea ancora Zaia, «il problema di chi lo presenta sarà di trovare chi andrà a votare».Il ministro che ha firmato l’autonomia, Roberto Calderoli, non si scompone: «Prendo atto della sentenza della Corte di cassazione. Premesso che sarà la Consulta a giudicare», sottolinea da Atreju, «dico: referendum, perché no? Ammissibilità non vuol dire averlo vinto perché poi bisogna raggiungere il quorum. Resta il fatto che nel momento in cui la Cassazione accoglie il referendum», sottolinea Calderoli, «dice che la legge è viva e vegeta». Ha perfettamente ragione Calderoli, e infatti appaiono puramente strumentali gli appelli di chi chiede al governo di «fermarsi» nella applicazione delle parti della legge sopravvissute alla decisione della Consulta dello scorso novembre. Fa ben intendere come intende affrontare l’eventuale campagna elettorale il leader del M5s, Giuseppe Conte: «La Cassazione ci ha dato ragione», scrive Conte sui social, «riconoscendo come legittimo il quesito referendario per cancellare quel poco che rimane del progetto di Meloni, Salvini e Tajani! Continuiamo in tutte le forme la nostra battaglia contro una scelta che cancella diritti e servizi per tantissimi italiani. L’Italia è una, indivisibile», aggiunge Conte, «chi vuole la secessione se ne faccia una ragione e si fermi!». Ben due punti esclamativi in un solo post: la muscolarità di questa dichiarazione ricorda lo stile di Donald Trump, un modello per Giuseppi, e lascia intendere che Conte, che al Sud raccoglie la maggior parte dei voti, non vede l’ora di cavalcare l’eventuale referendum cercando di sfruttare le croniche incertezze dei dem. La Cassazione ha dato il via libera anche al referendum per l’abolizione del Jobs act, proposto dalla Cgil, e a quello che propone di dimezzare da 10 a 5 anni i tempi di residenza legale in Italia dello straniero maggiorenne extracomunitario per la richiesta di concessione della cittadinanza italiana, proposto da Più Europa. Su quest’ultimo si registra la freddezza del M5s e di Azione, oltre che del centrodestra. Anche per questi due referendum, il via libera definitivo spetta alla Corte costituzionale.
La maxi operazione nella favela di Rio de Janeiro. Nel riquadro, Gaetano Trivelli (Ansa)
Parla Gaetano Trivelli, uno dei leader del team Recap, il gruppo che dà la caccia ai trafficanti che cercano di fuggire dalla legge.
Nicolas Maduro e Hugo Chavez nel 2012. Maduro è stato ministro degli Esteri dal 2006 al 2013 (Ansa)
Su un testo riservato appare il nome del partito creato da Grillo. Dietro a questi finanziamenti una vera internazionale di sinistra.
Un disegno che ricostruisce i 16 mulini in serie del sito industriale di Barbegal, nel Sud della Francia (Getty Images)
Nel 1937 l’archeologo francese Fernand Benoit fece una scoperta clamorosa. Durante gli scavi archeologici nei pressi dell’acquedotto romano di Arles, la sua città, riportò alla luce un sito straordinario. Lungo un crinale ripido e roccioso, scoprì quello che probabilmente è stato il primo impianto industriale della storia, un complesso che anticipò di oltre un millennio la prima rivoluzione industriale, quella della forza idraulica.
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Situato a circa 8 km a nord di Arelate (odierna Arles), il sito archeologico di Barbegal ha riportato alla luce una fabbrica per la macinazione del grano che, secondo gli studiosi, era in grado di servire una popolazione di circa 25.000 persone. Ma la vera meraviglia è la tecnica applicata allo stabilimento, dove le macine erano mosse da 16 mulini ad acqua in serie. Il sito di Barbegal, costruito si ritiene attorno al 2° secolo dC, si trova ai piedi di una collina rocciosa piuttosto ripida, con un gradiente del 30% circa. Le grandi ruote erano disposte all’esterno degli edifici di fabbrica centrali, 8 per lato. Erano alimentate da due acquedotti che convergevano in un canale la cui portata era regolata da chiuse che permettevano di controllare il flusso idraulico.
Gli studi sui resti degli edifici, i cui muri perimetrali sono oggi ben visibili, hanno stabilito che l’impianto ha funzionato per almeno un secolo. La datazione è stata resa possibile dall’analisi dei resti delle ruote e dei canali di legno che portavano l’acqua alle pale. Anche questi ultimi erano stati perfettamente studiati, con la possibilità di regolarne l’inclinazione per ottimizzare la forza idraulica sulle ruote. La fabbrica era lunga 61 metri e larga 20, con una scala di passaggio tra un mulino e l’altro che la attraversava nel mezzo. Secondo le ipotesi a cui gli archeologi sono giunti studiando i resti dei mulini, il complesso di Barbegal avrebbe funzionato ciclicamente, con un’interruzione tra la fine dell’estate e l’autunno. Il fatto che questo periodo coincidesse con le partenze delle navi mercantili, ha fatto ritenere possibile che la produzione dei 16 mulini fosse dedicata alle derrate alimentari per i naviganti, che in quel periodo rifornivano le navi con scorte di pane a lunga conservazione per affrontare i lunghi mesi della navigazione commerciale.
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