Donald Trump (Getty Images)
Trump medita di schierare gli Usa nel conflitto con l’Iran e lancia l’ultimatum: «Abbiamo il controllo dei cieli e sappiamo dov’è Khamenei, per ora non lo uccidiamo ma voglio una resa incondizionata». Il cancelliere tedesco Merz: «Israele fa il lavoro sporco per tutti noi, siamo pronti ad affiancarlo». Consiglio di sicurezza nella notte a Washington.Lo speciale contiene due articoli.Sale la tensione tra Usa e Iran. Washington sta infatti seriamente considerando di entrare in guerra contro la Repubblica islamica. «Ora abbiamo il controllo completo e totale dei cieli sopra l’Iran. L’Iran disponeva di ottimi sistemi di tracciamento satellitare e di altre attrezzature difensive, in quantità abbondante, ma non sono paragonabili alla “roba” fatta, concepita e prodotta in America», ha dichiarato ieri su Truth Donald Trump, per poi aggiungere di «sapere esattamente dove si nasconde» Ali Khamenei. «Non lo elimineremo, almeno non per ora. Ma non vogliamo che i missili vengano lanciati contro i civili o i soldati americani. La nostra pazienza sta per esaurirsi», ha specificato, per poi invocare una «resa incondizionata». «Abbiamo chiesto agli Usa di adottare una posizione difensiva. E siamo pieni di gratitudine», ha precisato l’ambasciatore israeliano negli Stati Uniti, Yechiel Leiter, riferendosi al post sul controllo dei cieli e aggiungendo che il presidente americano non ha ancora deciso se impiegare direttamente personale militare di Washington. Tra l’altro, il capo della Casa Bianca ha pubblicamente smentito Emmanuel Macron, sottolineando di non aver lasciato in anticipo il summit G7 di lunedì, per mediare un cessate il fuoco tra Israele e Iran. «Macron, in cerca di pubblicità, ha erroneamente affermato che ho lasciato il vertice del G7 in Canada per tornare a Washington e lavorare a un “cessate il fuoco” tra Israele e Iran. Sbagliato! Non ha idea del perché io sia ora in viaggio per Washington, ma di certo non ha nulla a che fare con un cessate il fuoco. È molto più importante. Che lo voglia o no, Emmanuel sbaglia sempre», ha tuonato. Non solo. Trump ha anche attaccato Tucker Carlson: il giornalista conservatore che, nei giorni scorsi, lo aveva tacciato di «complicità» nell’attacco militare israeliano contro l’Iran. «Qualcuno per favore spieghi al bizzarro Tucker Carlson che l’Iran non può avere un’arma nucleare», ha dichiarato l’inquilino della Casa Bianca. L’aspetto interessante risiede nel fatto che, oltre a essere uno storico alleato politico dell’attuale presidente americano, Carlson è anche un punto di riferimento per una parte consistente della base Maga. Ma non è tutto. Ieri è stato chiesto conto a Trump di un’audizione tenuta a marzo dalla direttrice dell’intelligence nazionale statunitense, Tulsi Gabbard: nell’occasione, quest’ultima aveva negato che gli iraniani stessero realizzando l’atomica, pur sottolineando che avessero incrementato le attività di arricchimento dell’uranio. «Non mi interessa che cosa ha detto. Penso che fossero molto vicini ad averla», ha replicato ieri il presidente. Una risposta brusca che poco dopo ha portato la Gabbard a smentire divergenze di vedute con lui. In tutto questo, Trump ha anche precisato di voler porre una «fine effettiva» alla questione del nucleare iraniano: in particolare, ha sottolineato che gli ayatollah dovrebbero rinunciare del tutto all’arricchimento dell’uranio. Proprio ieri, JD Vance ha dichiarato su X che il presidente «potrebbe decidere di dover intraprendere ulteriori azioni per porre fine all’arricchimento dell’uranio iraniano». Nel frattempo, Washington sta spostando aerei cisterna e la portaerei Nimitz verso il Medio Oriente. La domanda da porsi quindi è: Trump vuole impedire a Teheran di arrivare all’atomica rilanciando i colloqui sul nucleare o punta a entrare direttamente in guerra? Axios ha riferito che la Casa Bianca starebbe trattando con il regime per un incontro tra Steve Witkoff e il ministro degli Esteri iraniano, Abbas Araghchi, in settimana. «L’incontro», ha sottolineato la testata, «potrebbe rappresentare il momento decisivo per decidere se gli Stati Uniti entreranno in guerra per eliminare militarmente il programma nucleare iraniano». E così, mentre la Commissione Ue si è mostrata contraria a un intervento bellico americano, Israele sta cercando di convincere Washington a scendere in campo. Nel caso Trump scegliesse di entrare in guerra, è probabile che il suo obiettivo principale possa essere la distruzione dell’impianto nucleare di Fordow. «L’impianto iraniano di arricchimento del combustibile di Fordow è una fortezza costruita nelle profondità delle montagne, fino a 90 metri sottoterra», ha riportato il New York Post. «Questo è fuori dalla portata delle munizioni note di Israele. Si ritiene che solo la bomba anti bunker americana da 15 tonnellate, la Gbu-57A/B Massive Ordinance Penetrator, sia in grado di colpirlo», ha proseguito. Proprio ieri, il ministro della Difesa israeliano, Israel Katz, ha detto che quella di Fordow è «una questione che verrà sicuramente affrontata». Trump, che ha riunito in serata il team di sicurezza nazionale nella situation room, sa d’altronde molto bene che, oltre a Israele, anche l’Arabia Saudita teme l’eventualità di una Teheran con in mano la bomba atomica. Con ogni probabilità, la Casa Bianca guarda altresì con preoccupazione alla possibilità che l’Iran chiuda lo Stretto di Hormuz: area in cui viene trasportato circa il 20% del petrolio a livello mondiale. Qualora decidesse di scendere in campo, Trump dovrà trovare una quadra con Benjamin Netanyahu sugli obiettivi. Se è probabilmente d’accordo sulla necessità di debellare il programma atomico iraniano, il presidente americano appare più scettico sul regime change a Teheran: un’ipotesi, questa, fortemente accarezzata dal premier israeliano, che l’altro ieri non aveva escluso l’uccisione di Khamenei. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/arrendetevi-2672387272.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="merz-choc-bibi-fa-il-lavoro-sporco-noi-valuteremo-se-partecipare" data-post-id="2672387272" data-published-at="1750191269" data-use-pagination="False"> Merz choc: «Bibi fa il lavoro sporco,noi valuteremo se partecipare» La seconda giornata di G7 diventa di fatto un G6 con il presidente americano Donald Trump che spiazza tutti lasciando in anticipo il vertice per tornare di corsa a Washington. Prima della sua partenza però, nonostante le sue dichiarazioni, gli altri leader lo convincono a firmare la dichiarazione comune sulla de-escalation in Medio Oriente. Nella premessa i sette ribadiscono il loro «impegno per la pace e la stabilità in Medio Oriente» e affermano in questo contesto che «Israele ha il diritto di difendersi», confermando il loro «sostegno alla sicurezza di Israele», ma affermando «anche l’importanza della protezione dei civili». Quindi hanno puntato il dito contro Teheran accusandolo di essere «la principale fonte di instabilità e terrore nella regione» e ricordando di aver sempre «affermato con chiarezza che l’Iran non deve mai ottenere un’arma nucleare». Quindi il passaggio chiave, dopo la modifica della formulazione iniziale che prevedeva solo un appello alla de-escalation del conflitto tra Israele e Iran: «Sollecitiamo che la risoluzione della crisi iraniana porti a una più ampia de-escalation delle ostilità in Medio Oriente, compreso un cessate il fuoco a Gaza». Infine l’assicurazione: «Resteremo vigili rispetto alle implicazioni per i mercati energetici internazionali e pronti a coordinarci, anche con partner che condividono i nostri stessi valori, per tutelare la stabilità del mercato».Il cancelliere Friedrich Merz dichiara poi a Politico: «La Germania sta valutando la partecipazione alla campagna militare di Israele contro l’Iran». Così come la starebbero valutando gli Stati Uniti: «Ne abbiamo parlato», spiega. In precedenza aveva precisato: «Israele ha il coraggio di fare il lavoro sporco per tutti noi attaccando l’Iran, il cui potere ha portato morte e distruzione nel mondo». Senza questi attacchi israeliani, continua, «avremmo forse continuato a subire per mesi e anni il terrorismo di questo regime, che avrebbe forse finito per dotarsi dell’arma atomica». Gli attacchi «hanno già portato a un notevole indebolimento del regime dei mullah ed è improbabile che ritrovi la forza di un tempo», ha aggiunto il capo del governo tedesco. «Di conseguenza, il futuro del Paese è incerto». Alla domanda su un possibile coinvolgimento degli Stati Uniti in questo conflitto, il leader tedesco ha risposto che «potrebbe esserci un nuovo sviluppo di questo tipo», anche se «sembra che non ci sia ancora una decisione da parte del governo americano». «Ora dipende anche molto dalla volontà del regime dei mullah di tornare al tavolo dei negoziati». Su questo il premier britannico, Keir Starmer, precisa di non avere «alcun dubbio» sul fatto che il presidente Usa intenda rimanere fuori dal conflitto tra Israele e Iran. «Non c’è nulla di quanto ha detto il presidente che suggerisca che stia per essere coinvolto in questo conflitto». In serata il presidente francese, Emmanuel Macron, si è schierato contro l’ipotesi del regime change: «Si rischia il caos». La seconda e ultima giornata di G7 era dedicata ai Paesi outreach, ospiti: Messico, India, Australia, Sudafrica, Corea del Sud, Brasile e Ucraina, oltre ai rappresentanti di Nato, Onu e Banca mondiale. In particolare, l’attenzione è su Volodymyr Zelensky, che ha chiesto al G7 maggiore sostegno nella guerra contro la Russia di Vladimir Putin: «Abbiamo bisogno del supporto dei nostri alleati. Grazie per il pacchetto di aiuti militari, è importante per i nostri soldati per restare forti sul campo di battaglia finché la Russia sarà pronta per i negoziati di pace. Il padrone di casa, il primo ministro canadese, Mark Carney, ha annunciato che il suo Paese fornirà un nuovo aiuto militare all’Ucraina pari a 2 miliardi di dollari canadesi (1,27 miliardi di euro). Fondi che serviranno a finanziare droni, munizioni e veicoli blindati. Carney ha promesso «solidarietà totale a Kiev» e ha annunciato nuove sanzioni contro la Russia volte a esercitare «massima pressione» sul presidente Putin.
Ilaria Salis (Laurie Dieffenbacq/EP)
Annamaria Bernardini de Pace (Getty Images)