
L'ex premier e il titolare della Salute spingono per accedere al Fondo: «Non perdiamo questa occasione». Roberto Gualtieri, però, ha iniziato a frenare: l'Italia ha la liquidità necessaria e si può finanziare con titoli di Stato.Una menzogna ripetuta diventa la verità. Non è una citazione ma la descrizione del livello di approssimazione con cui vengono illustrati i fatti e distorte le più elementari relazioni di causa ed effetto a proposito del Mes per le spese sanitarie. Negli ultimi giorni, parallelamente alla risalita dei casi di Covid-19 (che fortunatamente al momento non corrisponde a una situazione di stress del sistema ospedaliero), è ripreso il martellamento mediatico che fa leva sull'uso strumentale di questo dato per riproporre motivazioni senza alcun fondamento tecnico, ma squisitamente politiche.Il fatto che capofila di tale pattuglia di pasdaran sia l'ex premier Enrico Letta, autore del libro Morire per Maastricht, costituisce un indizio a favore di questa interpretazione. Affermare che «la situazione impone assolutamente che non si perda l'occasione dell'utilizzo delle risorse del Mes. Il nostro sistema sanitario può avere dei grandi miglioramenti attraverso l'utilizzo di quei soldi. Se l'Italia fosse l'unica a usarlo, in questo momento non mi farei grandi problemi, perché ne abbiamo bisogno», ricorda il famoso detto: «Piove, governo ladro». Allora bisogna armarsi di pazienza e ribadire ciò che ripetiamo ormai da mesi: il Fondo sanitario nazionale (Fsn) dal 2010 al 2019 è cresciuto da 106 a 115 miliardi. Una crescita media che non ha tenuto nemmeno il passo del tasso d'inflazione, facendo segnare addirittura un decremento nel 2013. Secondo un rapporto della fondazione Gimbe, tra tagli e definanziamenti, mancano 37 miliardi. Le leggi che venivano approvate di giorno venivano definanziate di notte, con il risultato di avere nel 2018 solo 3,2 posti letto per 1.000 abitanti, contro i 6,5 del 1996. La discesa più rapida c'è stata durante il governo Letta: da quale pulpito!Sulla stessa linea anche il ministro della Salute Roberto Speranza, che ieri ha detto: «Benvenuti i soldi del Recovery, benvenuti i soldi del Mes alla sanità, purché ci aiutino a cambiare marcia».Nei primi mesi del 2020 il governo ha aumentato la spesa sanitaria per complessivi 9,8 miliardi fino al 2023, di cui ben 5,4 solo per quest'anno. Finalmente il Fsn potrà salire, salvo futuri tagli, verso i 125 miliardi. Quindi il denaro a disposizione della sanità c'è, la spesa è autorizzata e finalmente adeguata alle necessità. Da Via XX settembre devono semplicemente partire i bonifici, considerato che da ormai tre mesi dispongono di liquidità su livelli record, intorno a 80/100 miliardi. Se oggi bisogna aspettare in fila otto ore per un tampone - come è capitato a qualche radical chic da Ztl che ha subito colto l'occasione per invocare il Mes - non è per la mancanza di fondi ma solo per l'insufficiente capacità di spesa dello Stato e delle Regioni, a cui per anni è stato solo chiesto di fare piani di rientro. Tra il 2020 e il 2021 c'è un extradeficit di 120 miliardi a disposizione e non c'è nemmeno bisogno di ricorrere al mercato per finanziarlo, poiché Bce e Bankitalia ha fin qui assorbito tutte le emissioni nette del Tesoro e così promette di fare fino almeno a metà 2021 e, molto probabilmente, anche oltre. Giova ripetere che gli interessi su questi titoli torneranno nelle casse del Mef, i cui 60 miliardi di spesa per interessi nel 2019 sono parzialmente compensati da 7,8 miliardi di dividendi versati da Bankitalia. Così come è necessario ribadire che i titoli italiani, fino alla scadenza di tre anni, sono ormai a tasso inferiore o pari a zero, e che il tasso medio del 2020 è a oggi pari a 0,69%. Infine, gli ascari sostenitori del Mes fingono di non sapere che non tutta la spesa sanitaria è finanziabile da questo prestito. Anche nella irrealistica ipotesi che tutti i 9,8 miliardi aggiuntivi già stanziati siano «direttamente e indirettamente connessi al Covid», siamo ad appena un quarto dei 36 miliardi messi a disposizione. È un dibattito lunare che non dovrebbe nemmeno avere luogo, e invece avviene solo in Italia, probabilmente per inconfessabili motivi politici celati dietro una inconsistente foglia di fico tecnica: il guinzaglio del Mes, con il connesso regime di sorveglianza post erogazione, garantisce la definitiva subordinazione di qualsiasi scelta di politica economica del nostro Paese.Che ci sia qualche inghippo giuridico appare evidente anche al presidente dell'Abi Antonio Patuelli, secondo cui bisogna «ragionare senza preconcetti sul Mes sanitario, affrontando le questioni che possano ancora sussistere per evitare ogni equivoco». È indispensabile «avere un approccio giuridico, circoscrivendo quelli che possono essere gli interrogativi per risolverli, evitando ogni prevenzione». Patuelli sa troppo bene che gli «equivoci» abbondano e che gli ostacoli giuridici che sorgono in conseguenza dell'adattamento forzato di uno strumento progettato per ben altri scopi sono insormontabili.Una pietra tombale l'ha posta martedì 6 il ministro Roberto Gualtieri che ha detto che il «Mes è una rete di emergenza per spese che vanno fatte comunque, utile per chi ha perso l'accesso ai mercati e non può più pagare medici e infermieri. L'Italia ha la liquidità». Il ministro ha voluto «sdrammatizzare» il dibattito sul Mes, anche se questa frase è stata poco ripresa dalle agenzie. Un «8 settembre» per le truppe mandate allo sbando in questi giorni, forse suggerito a Gualtieri dai mercati, secondo i quali l'accesso al Mes equivarrebbe a dichiarare lo stato di difficoltà del Paese, e ciò scatenerebbe «conseguenze spiacevoli». Gualtieri li ha subito accontentati.
Elly Schlein (Ansa)
La leader Pd dice che la manovra «favorisce solo i ricchi», come se avere un reddito da 50.000 euro lordi l’anno fosse da nababbi. In realtà sono fra i pochi che pagano tasse dato che un contribuente su due versa zero Irpef. Maurizio Landini & C. insistono con la patrimoniale. Giorgia Meloni: «Con me mai». Pure Giuseppe Conte non ci sta.
Di 50.000 euro lordi l’anno quanti ne finiscono in tasca a un italiano al netto di tasse e contributi? Per rispondere è necessario sapere se il contribuente ha moglie e figli a carico, in quale regione viva (per calcolare l’addizionale Irpef), se sia un dipendente o un lavoratore autonomo. Insomma, ci sono molte variabili da tener presente. Ma per fare un calcolo indicativo, computando i contributi Inps al 9,9 per cento, l’imposta sui redditi delle persone fisiche secondo i vari scaglioni di reddito (al 23 per cento fino a 28.000 euro, al 35 per la restante parte di retribuzione), possiamo stimare un netto di circa 35.000 euro, che spalmato su tre dici mensilità dà un risultato di circa 2.600 euro e forse anche meno. Rice vendo un assegno appena superiore ai 2.500 euro al mese si può essere iscritti d’ufficio alla categoria dei ricchi? Secondo Elly Schlein e compagni sì.
Elly Schlein e Vincenzo De Luca (Ansa)
Dopo aver sfidato lo «sceriffo di Salerno» il segretario dem si rimangia tutto. E per Roberto Fico conta sui voti portati dal governatore, che impone ricompense per il figlio. Sulla partita veneta, Ignazio La Russa apre a Luca Zaia nel governo.
«Vinciamo»: il coordinatore regionale di Forza Italia in Campania, Fulvio Martusciello, capodelegazione azzurro al Parlamento europeo, lo dice alla Verità e sembra convinto. L’ennesima manifestazione elettorale di Fi al centro di Napoli è un successo clamoroso: centinaia di persone, il ritratto di Silvio Berlusconi troneggia nella sala. Allora crede ai sondaggi più ottimisti? «No», aggiunge Martusciello, «credo a quello che vedo. Siamo riusciti a entrare in tutte le case, abbiamo inventato il coordinatore di citofono, che si occupa di curare non più di due condomini. Parcellizzando la campagna, riusciremo a mandare a casa una sinistra mai così disastrata». Alla remuntada in Campania credono tutti: da Giorgia Meloni in giù. Il candidato presidente del centrodestra, Edmondo Cirielli, sente aria di sorpasso e spinge sull’acceleratore.
Matteo Zuppi (Ansa)
Il cardinale Matteo Zuppi, in tv, svela la fonte d’ispirazione della sua dottrina sociale sui migranti: gli «industriali dell’Emilia-Romagna». Ai quali fa comodo la manodopera a buon mercato, che riduce le paghe medie. Così poi la sinistra può invocare il salario minimo...
Parafrasando Indro Montanelli, viene da pensare che la Chiesa ami talmente i poveri da volerne di più. Il Papa ha appena dedicato loro un’esortazione apostolica, ma le indicazioni di politica economica ai cattolici non arrivano da Leone XIV, bensì dai capitalisti. E vengono prontamente recepite dai vescovi. Bastava ascoltare, venerdì sera, il presidente della Conferenza episcopale italiana, Matteo Zuppi, intervistato a Propaganda live: l’immigrazione, ha insistito il cardinale su La 7, «è necessaria. Se si parla con qualsiasi industriale in Emilia-Romagna dice che non c’è futuro senza».
Il Carroccio inchioda i sindacati: «Sette mobilitazioni a novembre e dicembre. L’80% delle proteste più grosse si è svolto a ridosso dei festivi. Rispettino gli italiani».
È scontro politico sul calendario degli scioperi proclamati dalla Cgil. La Lega accusa il segretario del sindacato, Maurizio Landini, di utilizzare la mobilitazione come strumento per favorire i cosiddetti «weekend lunghi», sostenendo che la maggioranza degli scioperi generali indetti nel 2025 sia caduta in prossimità di giorni festivi o di inizio e fine settimana.





