2022-07-20
L’appellite acuta contagia i giornali. Per Mr Bce reclutati pure i clochard
Carlo Calenda manda due gatti in piazza, i renziani vanno in 26 davanti al negozio di Vuitton, il «Sole» raccoglie 250 firme. La stampa inventa un Paese finto, prono al suo «salvatore» e col tabù delle urne.Ma davvero è questa l’Italia? Quella che si sdraia ai piedi di Mario Draghi? Quella che pensa che solo un banchiere centrale possa governare il Paese? Che lui è l’unico duce che dà la luce? E che le elezioni siano invece un «salto nel buio» oltre che un «fattore di instabilità»? Davvero l’Italia è quella dell’appellite acuta? Delle compulsive raccolte di firme? Del «santo Mario pensaci tu»? Davvero l’Italia è questa combriccola di grafomani che scrivono documenti su documenti per invocare il nuovo uomo della Provvidenza? Che pendono dalle sue labbra in attesa quasi mistica? Di’ soltanto una parola e noi saremo salvati? C’è un che di ridicolo nella nuova narrazione della nazione total-draghiana. «L’Italia non vuole la crisi», titola a nove colonne in prima pagina Repubblica. L’Italia. Tutta. Non vuole. Punto. «Il Paese chiede a Draghi di andare avanti», insiste sempre Repubblica nelle pagine interne. Il Paese. Chiede. «Solo un italiano su tre vuole il voto», strilla La Stampa, sbandierando un sondaggio di Alessandra Ghisleri. «Le piazze sono con Supermario», insiste Qn. E avanti con gli appelli: dopo imprenditori, Chiesa, Vaticano, sindaci, si schierano anche medici, veterinari, assistenti sociali, dentisti, rettori, professori, autotrasportatori e persino clochard. Lo giuro. Notizia Adnkronos: i clochard sono con Draghi. Intervista a tal Emanuele, senza tetto di piazza San Silvestro a Roma: «Il premier fa la differenza, con lui le cose sono cambiate». In effetti come non capirlo? Le cose sono cambiate. Emanuele dorme sempre per strada, sui cartoni. Però con l’approvazione del Financial Times. Nelle ultime ore c’è stata una pioggia di appelli. Sembra che non ci sia categoria che non si voglia esprimere pro Draghi, a parte forse tappezzieri, arrotini e spazzacamini (mi saranno mica sfuggiti i loro documenti associativi?). E a parte i pagliacci, che però si esprimeranno in abbondanza oggi in Parlamento. Spunta persino l’Aidaf, l’associazione delle imprese familiari, che riunisce Falck, Lavazza, Garrone (sapevate della sua esistenza?), e che pubblica un documento per definire il voto un «elemento di incertezza». In effetti, a pensarci, il voto è proprio incerto. Perché allora non abolirlo direttamente? Così avremo sempre e solo la certezza di Draghi. Il meglio dell’associazionismo, cattolico e di sinistra, dall’Azione cattolica all’Arci, da Legambiente a Nuova Camaldoli, passando per l’Istituto nazionale di urbanistica, si è messo insieme per dire che non si può andare alle urne dal momento che è il «momento della serietà». Chiaro, no? Draghi è la serietà, le elezioni sono una buffonata. Dimenticavo: si sono schierati a favore del premier anche Tuttoscuola, Altagamma e Camera della moda. A parte i governatori delle Regioni, che (poveretti) ci hanno provato ma non ci sono riusciti, un appello a Draghi non se l’è negato a nessuno. È come il bianco nelle sere d’estate. Fa chic. Ma, ecco, mi resta il dubbio. Davvero dietro queste firme c’è «tutta l’Italia»? Oltre 1.000 sindaci hanno sottoscritto l’appello per Draghi, certo: ce ne sono almeno 7.000 che non hanno sottoscritto. E anche i sindaci che hanno firmato: sono sicuri di rappresentare tutti i loro cittadini? Renzi raccoglie 100.000 firme. Sono tante, certo. Ma davvero con 100.000 firme si può dipingere l’Italia intera ai piedi del premier? Pure il sondaggio della Ghisleri, a ben vedere, andrebbe valutato con attenzione: se il 30% degli italiani, nonostante il martellamento contrario, nonostante l’opinione negativa di tutti i partiti (a parte Fratelli d’Italia), chiedono con forza le elezioni, beh forse andrebbero considerati un po’ di più. Invece, niente. Nessuno li considera. «L’Italia vuole Draghi». E avanti con gli appelli. Il Sole 24 Ore, per non essere da meno, ieri ha aperto il giornale con un documento. Duecentocinquanta adesioni. «250 nomi in poche ore», si vantava il direttore. Perbacco: 250. Un successo storico. Certo: sono tutti nomi importanti, altisonanti, da Lupo Rattazzi a Ferragamo, da Tronchetti Provera a Falck (un’altra volta), da Prodi a Profumo. Ma suvvia se si mobilita Confindustria, con tutta la sua potenza, ci si aspetta come minimo 250.000 firme. Non 250. Alla fine resta un dubbio: non sarà che tutto questo entusiasmo pro Draghi è più un fenomeno mediatico che una realtà? A guardare le piazze si direbbe. Le manifestazioni a sostegno del premier (Roma, Torino, Milano, Firenze), infatti, sono state presentate come grandi successi. Ma poi le cronache sono costrette ad ammettere che c’erano al massimo alcune «centinaia» di partecipanti. Centinaia? Ricordate le proteste contro il green pass? Abbiamo avuto per mesi le piazze invase da migliaia e migliaia di persone e non si vedeva un’immagine in tv. Non si scriveva un rigo sui giornali. Erano bollate come flop. Qui ci sono «centinaia» (Corriere della Sera dixit) di persone dietro Carlo Calenda e Riccardo Magi e sembra che sia una folla sterminata. Un trionfo mondiale. Invece sono due gatti. Però alla moda. Infatti i militanti di Italia viva (in tutto 26 di numero) postano la loro foto tutti eleganti davanti alla vetrina di Louis Vuitton. Del resto l’avevano detto che erano preoccupati degli effetti della crisi sulla borsa. O, meglio, sulla borsetta. Che cosa aspettarsi, d’altra parte, dai militanti di un partito il cui leader usa il termine «stagista» come se fosse un’offesa? Statista/stagista: il calembour piace un sacco a Renzi che ultimamente lo ripete dappertutto (la sua creatività ormai è più bassa delle percentuali di Iv). Comunque sempre meglio di quel giornalista della Stampa che, nelle piazze dei quattro gatti, non trova di meglio che intervistare un bimbo di 11 anni «con la maglietta arancione» che dice:«Prima mi piacevano i maghi, ora mi piace Draghi». Chiamare Telefono azzurro? Il tribunale dei minori? Macché. «I giovani tifano Draghi», sintetizza Avvenire. Tutti i giovani. Senza eccezione. Come se si fossero tutti rincoglioniti di colpo. Possibile che l’Italia sia così? Come quella che descrivono i giornali? Non ci crederei nemmeno se lo vedessi. E invece, ve lo assicuro, vedo tutt’altro.