2025-05-01
Apertura di Milleri su Mediobanca: «Nagel fa bene, la sta cambiando»
Il capo di Delfin non è contrario all’Ops su Banca Generali: «Valuteremo con attenzione». «Né vincitori né vinti» sull’offerta di Mediobanca per Banca Generali. Alberto Nagel «alcune cose le ha fatte e sta cambiando forma» a Mediobanca e «questo è apprezzato». È un Francesco Milleri aperto quello che a Parigi, a margine dell’assemblea di EssilorLuxottica, commenta le ultime mosse sulla partita a poker in corso sulle banche. Una partita che ha ancora molte mani da giocare, dove lui sa di avere carte forti. Perché non è solo il numero uno del gruppo di lenti e occhiali ma anche, in questo caso soprattutto, è presidente di Delfin, la holding della famiglia Del Vecchio che detiene il 19,8% di Mediobanca, il 9,9% di Mps e il 9,8% di Generali, dove si è mosso finora in sintonia con l’altro azionista forte, il gruppo Caltagirone. In più la cassaforte lussemburghese è presente con il 2,7% nel capitale di Unicredit. E, a proposito dell’ops di Piazzetta Cuccia su Banca Generali che mette sul piatto la quota nel Leone, dice che «è veramente difficile esprimere dei giudizi su un’operazione della quale non abbiamo un minimo di dettagli. Noi siamo coinvolti in entrambe le parti con un investimento simile, per cui gradiremmo che questo tipo di operazioni non avessero né vinti né vincitori", spiega Milleri. Poi aggiunge che «Alberto» cioè Nagel, l’amministratore delegato di Mediobanca, «sta cambiando forma alla banca. Forse è stato un po’ spinto a farlo ma questo è il compito degli azionisti». Se poi l’offerta pubblica di scambio su Banca Generali «è corretta lo vedremo quando sapremo i dettagli». Sul voto di Delfin all’assemblea di Mediobanca del 16 giugno nulla è definito ma, pensando alle azioni Generali che potrebbero finire in mano al Leone (il 6,5% del capitale della compagnia), Milleri aggiunge che «Philippe», cioè Donnet ceo di Generali, «ha dimostrato di far le cose correttamente. Il nostro voto sarà sempre a sostegno delle aziende, del management e del piano industriale che porta valore». Tra l’altro l’offerta su Banca Generali «non mi sembra un ostacolo per il piano industriale» di Mps, che a sua volta ha annunciato un’offerta su Mediobanca, spiega il presidente di Delfin. L’amministratore delegato di Mps «Lovaglio ha illustrato un piano in cui la partecipazione di Mediobanca in Generali era quasi un elemento estraneo o di disturbo. Oggi Mps avrebbe la possibilità di acquisire un’azienda più omogenea e strutturata che va dalla banca retail al credito al consumo. Dal suo punto di vista è solo positiva», spiega il presidente di Delfin. Sul tema interviene a distanza Giuseppe Castagna, ad di Banco Bpm, azionista di Siena con il 9% «Da un punto di vista industriale se Mps si trovasse dentro Banca Generali come azionista non ne sarei scontento», dice all’assemblea della ex popolare. Castagna esclude in ogni caso un interesse ad acquisire una quota Generali qualora le azioni offerte da Mediobanca per comprare Banca Generali venissero vendute. Quanto a Unicredit «facciamo valutazioni in continuazione visto che siamo investitori finanziari anche se di lungo termine: un giorno potremmo pensare di riordinare il portafoglio specialmente le partecipazioni dove pensiamo di poter aiutare meno o dove pensiamo di aver raggiunto delle plusvalenze enormi», risponde Milleri. All’appuntamento erano presenti Claudio, Leonardo Maria e Luca Del Vecchio, figli del fondatore di Luxottica, senza che siano emerse novità sull’eredità del padre, della quale si sta discutendo in Tribunale a Milano.
La maxi operazione nella favela di Rio de Janeiro. Nel riquadro, Gaetano Trivelli (Ansa)
Nicolas Maduro e Hugo Chavez nel 2012. Maduro è stato ministro degli Esteri dal 2006 al 2013 (Ansa)
Un disegno che ricostruisce i 16 mulini in serie del sito industriale di Barbegal, nel Sud della Francia (Getty Images)
Situato a circa 8 km a nord di Arelate (odierna Arles), il sito archeologico di Barbegal ha riportato alla luce una fabbrica per la macinazione del grano che, secondo gli studiosi, era in grado di servire una popolazione di circa 25.000 persone. Ma la vera meraviglia è la tecnica applicata allo stabilimento, dove le macine erano mosse da 16 mulini ad acqua in serie. Il sito di Barbegal, costruito si ritiene attorno al 2° secolo dC, si trova ai piedi di una collina rocciosa piuttosto ripida, con un gradiente del 30% circa. Le grandi ruote erano disposte all’esterno degli edifici di fabbrica centrali, 8 per lato. Erano alimentate da due acquedotti che convergevano in un canale la cui portata era regolata da chiuse che permettevano di controllare il flusso idraulico.
Gli studi sui resti degli edifici, i cui muri perimetrali sono oggi ben visibili, hanno stabilito che l’impianto ha funzionato per almeno un secolo. La datazione è stata resa possibile dall’analisi dei resti delle ruote e dei canali di legno che portavano l’acqua alle pale. Anche questi ultimi erano stati perfettamente studiati, con la possibilità di regolarne l’inclinazione per ottimizzare la forza idraulica sulle ruote. La fabbrica era lunga 61 metri e larga 20, con una scala di passaggio tra un mulino e l’altro che la attraversava nel mezzo. Secondo le ipotesi a cui gli archeologi sono giunti studiando i resti dei mulini, il complesso di Barbegal avrebbe funzionato ciclicamente, con un’interruzione tra la fine dell’estate e l’autunno. Il fatto che questo periodo coincidesse con le partenze delle navi mercantili, ha fatto ritenere possibile che la produzione dei 16 mulini fosse dedicata alle derrate alimentari per i naviganti, che in quel periodo rifornivano le navi con scorte di pane a lunga conservazione per affrontare i lunghi mesi della navigazione commerciale.
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Viktor Orbán durante la visita a Roma dove ha incontrato Giorgia Meloni (Ansa)