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Consob smentisce i pm su Mps-Mediobanca
Francesco Gaetano Caltagirone (Ansa)
Colpo di scena: il «Sole 24 Ore» svela un documento della divisione vigilanza dell’Authority di Borsa di settembre, 2 mesi prima delle perquisizioni, in cui si evidenzia che «non sussiste il patto occulto» fra i soci Delfin e Caltagirone e non c’è il «concerto» con Siena.

L’ostacolato e imbrogliato non si è sentito né ostacolato né imbrogliato. L’inchiesta della Procura di Milano per aggiotaggio e ostacolo alle autorità di vigilanza nella scalata a Mediobanca riserva un colpo di scena davvero incredibile. La Consob, in un documento della divisione vigilanza, sostiene che «non sussiste il patto occulto» fra i soci Delfin e Caltagirone e neppure «sussiste il concerto» con Siena. Un’unità di intenti con la quale gli indagati avrebbero invece dovuto lanciare una costosa Opa obbligatoria su Piazzetta Cuccia. Il documento in cui la Consob esclude di essere vittima dei «concertisti» porta la data del 15 settembre scorso. Visto che il decreto di perquisizione degli indagati è del 15 novembre, ci sono due ipotesi: o la Procura ha in mano elementi di prova molto forti e che le sono «entrati» dopo il 15 settembre, oppure questi due pezzi dello Stato non si sono molto parlati, nonostante le norme sui reati finanziari prevedano ampia collaborazione.

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Mps avanti su Mediobanca, Nagel alla cassa
Luigi Lovaglio (Ansa)
L’ad Luigi Lovaglio relaziona il cda del Monte dopo l’inchiesta per aggiotaggio e «concerto»: ottiene la «piena fiducia» dai consiglieri e conferma il piano per realizzare sinergie con Piazzetta Cuccia, che darà 5 milioni di liquidazione all’ex numero uno.

Meno 13% in una decina di giorni. Ecco la performance di Mps in Borsa da quando la Procura di Milano ha indagato per aggiotaggio e ostacolo alla vigilanza Francesco Gaetano Caltagirone, Francesco Milleri, numero uno di Delfin, e Luigi Lovaglio, amministratore delegato del Monte, e poi perché - secondo gli inquirenti - sarebbero stati d’accordo, quindi avrebbero agito «di concerto», nell’ingresso dello stesso Caltagirone e di Delfin come soci forti di Siena (già principali azionisti di Mediobanca) grazie alla vendita del 15% detenuto dal Tesoro, ma soprattutto - sempre secondo la Procura meneghina - avrebbero «di concerto» ideato l’offerta su Piazzetta Cuccia, contando appunto su un 30-35% di adesioni in partenza, ovvero le quote di Delfin, la holding che raggruppa gli eredi di Del Vecchio, e dell’immobiliarista romano.

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Tutti uniti su Mediobanca? Bella scoperta
Rocca Salimbeni, sede del Monte dei Paschi di Siena (Ansa)
I magistrati sostengono che chi ha conquistato l’istituto si è messo d’accordo su cosa fare. Ma questo era sotto gli occhi di tutti, senza bisogno di intercettazioni. E se anche il governo avesse fatto il tifo, nulla cambierebbe: neanche un euro pubblico è stato speso.

Ma davvero qualcuno immaginava che il gruppo Caltagirone, quello fondato da Leonardo Del Vecchio e alla cui guida oggi c’è Francesco Milleri, uniti al Monte dei Paschi di Siena di cui è amministratore Luigi Lovaglio, non si fossero mossi di concerto per conquistare Mediobanca? Sì, certo, spiare dal buco della serratura, ovvero leggere i messaggi che i vertici di società quotate si sono scambiati nei mesi scorsi, è molto divertente. Anche perché come in qualsiasi conversazione privata ci sono giudizi tranchant, alcuni dei quali sono molto gustosi.

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L’inchiesta Mps è un assist perfetto a Parigi
L'amministratore delegato di Mps Luigi Lovaglio (Ansa)
Le indagini sulla scalata a Mediobanca ridanno forza agli appetiti francesi su credito e investimenti degli italiani. Le posizioni di Axa nel Monte e di Natixis in Generali diventano più forti. E il colpo assestato al governo favorisce le mire di Agricole sul Banco.

Quarant’anni prima che il sovranismo diventasse moneta corrente nei talk show, prima ancora che il governo facesse della «difesa del risparmio degli italiani» la nuova regola d ingaggio, c’era già qualcuno che quel principio lo aveva trasformato in architettura finanziaria. Enrico Cuccia, il padre-padrone di Mediobanca, aveva immaginato una sorta di galassia del Nord: un intreccio di Mediobanca, Comit e Generali, saldati da un’idea semplice ma potente. Fare da scudo alla ricchezza del Paese. Proteggere il risparmio nazionale dalle pressioni esterne, mantenere il controllo delle grandi casseforti italiane dentro confini riconoscibili.

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Nel primo pomeriggio sul sito del «Corriere» esce la notizia che Caltagirone, il numero uno di Delfin e l’ad del Monte sono indagati per aggiotaggio e ostacolo alla vigilanza per l’Opa su Mediobanca. Scattano forti vendite in Borsa. Uno sgambetto anche al Tesoro.

In Italia c’è sempre un istante preciso in cui la giustizia decide di scendere in campo con un provvedimento a orologeria. Non è mai un caso, mai un incidente: è una coreografia. E così, nel giorno in cui Mps perde il 4,56%, Mediobanca scivola di un altro -1,9%, e il mercato si chiede cosa stia succedendo, arriva il colpo di teatro: la Procura di Milano notifica avvisi di garanzia a Borsa aperta, come se si trattasse di un profit warning. Tempismo chirurgico. L’effetto è devastante: Mps affonda a 8,330 euro, Mediobanca scivola a 16,750. E tutto perché la notizia - trapelata prima da Corriere.it e poi confermata da un comunicato di Rocca Salimbeni - corre come una scintilla tra gli operatori: Francesco Gaetano Caltagirone, Francesco Milleri e il ceo Luigi Lovaglio sono indagati nell’inchiesta sulla scalata che ha portato l’istituto senese a conquistare l’86,3% di Mediobanca.

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