Le opposizioni strepitano per l'andamento del differenziale, però sono 11 anni che gli interessi calano: il rendimento medio delle emissioni di titoli è inferiore al costo dell'indebitamento. Usare questo indicatore per parlare di crisi è una scorrettezza. La Commissione Ue in scadenza di mandato propone per l'Italia una sanzione pari a circa 3-4 miliardi che farebbe lievitare ulteriormente il nostro debito perché quest'ultimo - a loro dire - è troppo alto. Il riferimento è agli anni 2018 (quando ha governato pure il Partito democratico), al 2019 (non ancora concluso) ed al 2020 (si sa che a Bruxelles ci sono fenomeni paranormali che azzeccano tutte le previsioni). E la cosa già di per sé è comica. Ovviamente secondo la Commissione un modo per scampare a tutto questo c'è. Basta evitare di tagliare le tasse a 39 milioni di italiani con la flat tax, abolire quota 100 ed inasprire l'imposizione fiscale sugli immobili, rivedendo struttura e valori del catasto. E la cosa a questo punto diventa tragica. Il Pd - per bocca dell'eurodeputato Roberto Gualtieri - tuona dicendo che la Spagna proprio ora sta uscendo indenne da una procedura di infrazione iniziata nel 2009 e mai conclusa, aggiungendo che qualora la proposta di sanzione all'Italia venisse confermata dovremmo dimenticarci la flessibilità che fino ad oggi ci sarebbe stata concessa. Ed infatti Madrid dal 2008 al 2017 - sotto procedura d'infrazione - ha registrato un rapporto deficit-Pil cumulato del 70%, contro il 32% dell'Italia. Alla faccia della flessibilità. E qui la cosa si fa evidentemente ridicola. Infine a chiusura della galleria degli errori (o degli orrori) appena illustrata arriva la consueta giaculatoria sullo spread quale termometro della mancanza di credibilità, che già farebbe lievitare il costo del nostro debito. E questo è invece falso, per due motivi, e spieghiamo perché (come già abbiamo scritto sulle colonne della Verità lo scorso 17 dicembre). È da ben 11 anni, infatti, che il costo del nostro debito diminuisce dal momento che il rendimento medio delle nuove emissioni mensili di titoli di stato è inferiore al costo medio ponderato dello stock di debito in essere. Risultato: il costo del debito scende. Su 135 mesi presi in considerazione nell'intervallo gennaio 2008-marzo 2019 (Rapporto stabilità finanziaria di Banca d'Italia) soltanto 10 sono stati i mesi in cui il costo medio delle nuove emissioni ha superato il rendimento medio dei titoli in circolazione. Da maggio a settembre 2008 (nel pieno della crisi globale Lehman); nel quadrimestre settembre-dicembre 2011 (nel pieno della crisi sui debiti sovrani) e nel giugno 2012 con Mario Monti al governo pochi giorni prima che Mario Draghi pronunciasse il famoso «whatever it takes». In tutti gli altri 125 mesi - ivi inclusi quelli di intensa volatilità seguiti alla formazione del nuovo governo Lega-Movimento 5 stelle - il costo del debito è invece sempre diminuito, visto che le nuove emissioni hanno avuto un rendimento inferiore a quello dello stock di debito in essere. Ovviamente questo ritmo di discesa aumenta o diminuisce in relazione alla dinamica dei tassi (può cioè scendere di più o di meno) ma rimane il fatto che il costo del nostro debito è comunque diminuito, anche in questi ultimi mesi. E questo è un fatto. Cui se ne aggiunge un altro. Il termometro dello spread utilizzato per misurare la dinamica tendenziale del costo del nostro debito è completamente sballato. Ed anche qui vi spieghiamo perché. Il 5 giugno 2018, mentre il governo di Giuseppe Conte era impegnato a chiedere la fiducia al Senato, il differenziale fra il rendimento dei Btp a 10 anni e l'omologo Bund tedesco era vicino a 240 punti. Il rendimento del nostro decennale era infatti pari al 2,75% circa, contro lo 0,35% di Berlino. E già allora il circo mediatico (più circo che mediatico, in verità) di Partito democratico, televisioni e media assortiti intonava la consueta cantilena dello spread. Oggi, un anno dopo, guardando a questo termometro sballato la situazione sarebbe addirittura peggiorata, visto che lo spread si attesta intorno a 271-273 punti. Peccato però che il rendimento dei nostri Btp decennali sia sceso al 2,49-2,51% e quindi lo Stato stia spendendo meno di un anno fa in termini d'interessi. Il nostro debito costa di meno, però lo spread è aumentato: accade perché il rendimento dei Bund decennali è addirittura sceso sotto lo zero e cioè a -0,22% circa. È una situazione decisamente anomala che accompagna le curve di rendimento di tanti paesi in tutto il mondo, dalla Svizzera (che offre rendimenti negativi anche a 20 anni) al Giappone, del cui debito-Pil (pari al 250%) nessuno ovviamente si cura. È la diretta conseguenza della morfina monetaria o - se preferite- dell'inondazione di liquidità. Tutte le più importanti banche centrali del mondo hanno stampato nuova moneta che però, anziché essere spesa nell'economia reale, è finita ad alimentare patologicamente gli acquisti di titoli. Bloomberg quantifica in 11.000-11.500 miliardi di dollari le obbligazioni al mondo che hanno un rendimento negativo. I loro prezzi sono cioè saliti cosi tanto da dirottare i rendimenti a scadenza sotto lo zero. Quello stesso zero che non capisce chi continua ad agitare lo spauracchio dello spread.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».
Antonio Scoppetta (Ansa)
- Nell’inchiesta spunta Alberto Marchesi, dal passato turbolento e gran frequentatore di sale da gioco con toghe e carabinieri
- Ora i loro legali meditano di denunciare la Procura per possibile falso ideologico.
Lo speciale contiene due articoli
92 giorni di cella insieme con Cleo Stefanescu, nipote di uno dei personaggi tornati di moda intorno all’omicidio di Garlasco: Flavius Savu, il rumeno che avrebbe ricattato il vicerettore del santuario della Bozzola accusato di molestie.
Marchesi ha vissuto in bilico tra l’abisso e la resurrezione, tra campi agricoli e casinò, dove, tra un processo e l’altro, si recava con magistrati e carabinieri. Sostiene di essere in cura per ludopatia dal 1987, ma resta un gran frequentatore di case da gioco, a partire da quella di Campione d’Italia, dove l’ex procuratore aggiunto di Pavia Mario Venditti è stato presidente fino a settembre.
Dopo i problemi con la droga si è reinventato agricoltore, ha creato un’azienda ed è diventato presidente del Consorzio forestale di Pavia, un mondo su cui vegliano i carabinieri della Forestale, quelli da cui provenivano alcuni dei militari finiti sotto inchiesta per svariati reati, come il maresciallo Antonio Scoppetta (Marchesi lo conosce da almeno vent’anni).





