2018-04-20
Amelio dà l’alibi alla compravendita di minori
Il regista gay racconta come è diventato padre: «Mentre ero in Albania un uomo mi donò suo figlio, potevo dargli una vita migliore» Le buone intenzioni però aprono agli abusi: senza regole sulle adozioni, via libera ai pedofili ricchi a caccia nei Paesi poveri. «Non avevo mai messo in conto di avere un figlio, poi l'ho avuto perché un padre me l'ha donato». Così racconta Gianni Amelio, regista pluripremiato, à la page e dichiaratamente omosessuale. Il suo ultimo libro è un romanzo, Padre nostro, in cui si racconta di un regista che va in Albania per girare un film e finisce per adottare un ragazzo che fa la comparsa: è la sua storia, evidentemente. Autobiografica, come ammette in un'intervista al Corriere della Sera, «uguale», anche se - precisa - «non tutto quello che c'è nel libro è davvero accaduto». Le cose essenziali sì, però: il regista, l'Albania, il film, le comparse, il ragazzo figlio di un pastore e infine l'adozione. Che lascia perplessi non solo noi. «È un'abitudine di voialtri esibire come figlio il vostro amante», ha detto infatti un'attrice ad Amelio. E il regista, in quell'occasione, è rimasto molto offeso. Per il «voialtri». Come se fosse davvero quello il problema.Il problema invece è un altro. Il problema è un bambino che viene trattato come un oggetto regalo e un adulto omosessuale che ne diventa il padre. Al di fuori, io credo, delle norme del buon senso, al di fuori di ogni principio, al di fuori soprattutto della regola fondamentale che vuole che al primo posto vengano messi gli interessi dei minori. Non gli egoismi dei grandi. La scena dell'incontro viene descritta da Amelio così: «Eravamo un uomo di 50 anni che non aveva mai pensato di avere un figlio e un ragazzo di 16 che non aveva mai pensato di avere un altro padre». E nella frase, riportata dal Corriere, c'è tutto l'orrore di questo racconto: quel ragazzo non aveva mai pensato di avere un altro padre. Invece è stato costretto a pensarci. Perché suo padre l'ha donato. E l'ha donato a chi? A un cinquantenne omosessuale che non avrebbe mai voluto avere un figlio… So bene quali sono le motivazioni di quel gesto, so bene con quanta nobiltà lo si possa raccontare. Quel ragazzo era figlio di un pastore. Suo padre stava male. Il padre l'ha regalato per dargli un avvenire. È chiaro, no? È andato a stare meglio. È lo stesso Amelio a spiegare di aver detto di sì perché «rifiutare era vigliaccheria», e perché «sono stato messo alla prova sull'accoglienza». L'accoglienza. La solidarietà. Non sono sentimenti bellissimi? E Amelio non è forse stato il miglior padre possibile? «Presente nel momento necessario», come dice di sé stesso. Ma sicuro: il miglior padre possibile. Resta solo una cosa da capire: chi lo stabilisce? In base a quale principio? Che garanzie ha avuto quel ragazzino «donato»? Trattato, cioè, come un gentile omaggio e poi adottato quando è diventato maggiorenne? Finire nella casa di un cinquantenne omosessuale era davvero il meglio che gli potesse capitare?Forse sì, per carità. Non vogliamo metterlo in dubbio: leggendo il romanzo e l'intervista di Amelio sembra che quel ragazzo oggi sia un adulto felice, padre di tre bambine. Ma ciò non toglie che dall'intervista (e dal libro) passa un principio pericoloso: e cioè appare la cosa più normale del mondo che un cinquantenne omosessuale, che non ha mai pensato di diventare padre, vada in un Paese sottosviluppato, si acchiappi il primo ragazzetto che passa e lo porti a «stare meglio». Poi, al compimento del diciottesimo anno di età, lo adotta. Non è perfetto? Ma sicuro: va tutto bene, a parte il fatto che qualcuno ogni tanto usa il termine «voialtri» che appare offensivo. Invece prelevare un figlio a un padre e crescerlo con un altro padre omosessuale (che non aveva mai pensato di diventare padre), quello no. Non è offensivo. È normale. Anzi: un atto di generosità. Pura nobiltà umana.Se viene stabilito questo principio, voi capite quanti atti di nobiltà umana si potranno verificare nei prossimi mesi in Bangladesh o Thailandia, quanti cinquantenni sedicenti filantropi potranno aggirarsi per le baraccopoli cercando di salvare ragazzini, garantendo loro un futuro migliore, privo di «voialtri» ma pieno di altre immondizie, quanti genitori potranno essere convinti che ci vuole un «gesto di umiltà», un «sacrificio enorme» (Amelio dixit) per cedere un ragazzino a un adulto con o senza barba bianca, con o senza coming out alle spalle. Se io posso prendere un ragazzino a chi sta male, se posso stabilire in base a un principio soggettivo ciò che è giusto o non è giusto per lui, se posso arrogarmi il diritto di fissare il suo futuro aggirando regole e convenzioni, allora vale tutto. Il regista pluripremiato, principe della tenerezza, apre la porta ai peggiori orrori nei confronti dei minori.Mi domando come si faccia a non capire. Si possono avere le migliori intenzioni del mondo, si possono avere le più grandi tenerezze, ci si può sentire vicini a Pier Paolo Pasolini e alla dignità della Calabria anni Cinquanta, va tutto bene: ma se passa il principio che un bimbo può essere donato da un padre a un cinquantenne con la barba, di fatto si rischia di dare una legittimazione, per quanto nobile, al traffico di minori. E a tutto quello che dietro il traffico di minori si nasconde. Il padre del ragazzino adottato da Amelio è albanese, non parla italiano, sicuramente è ignorante e non attrezzato: se anziché un regista animato dalle migliori intenzioni si fosse presentato davanti a lui un pedofilo avrebbe saputo distinguerlo? E come? Le regole esistono proprio per proteggere le persone più deboli. E forzare le regole, soprattutto parlando di minori, non è mai una buona idea, neppure se lo fa un regista amato, pluripremiato, con il David di Donatello in corpo e tanti nastri d'argento in bacheca. Anzi forse è peggio. Perché così sembra che persino l'orrore sia una cosa chic.
Nel riquadro la prima pagina della bozza notarile, datata 14 novembre 2000, dell’atto con cui Gianni Agnelli (nella foto insieme al figlio Edoardo in una foto d'archivio Ansa) cedeva in nuda proprietà il 25% della cassaforte del gruppo
Papa Leone XIV (Ansa)
«Ciò richiede impegno nel promuovere scelte a vari livelli in favore della famiglia, sostenendone gli sforzi, promuovendone i valori, tutelandone i bisogni e i diritti», ha detto Papa Leone nel suo discorso al Quirinale davanti al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. «Padre, madre, figlio, figlia, nonno, nonna sono, nella tradizione italiana, parole che esprimono e suscitano sentimenti di amore, rispetto e dedizione, a volte eroica, al bene della comunità domestica e dunque a quello di tutta la società. In particolare, vorrei sottolineare l'importanza di garantire a tutte le famiglie - è l'appello del Papa - il sostegno indispensabile di un lavoro dignitoso, in condizioni eque e con attenzione alle esigenze legate alla maternità e alla paternità».
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