
L'ex sindaco di Riace avrebbe rilasciato false carte di identità a due immigrati, garantendo che nessun vigile sarebbe mai andato a controllare loro i documenti.Stando ai metodi dell'ex reuccio di Riace Domenico Mimmo Lucano, ogni immigrato ammesso nei progetti d'accoglienza avrebbe dovuto avere una carta d'identità italiana. Tra maggio e settembre 2016, l'ex sindaco ne ha preparate, timbrate e firmate due, per una mamma e un bambino eritrei, sostituendosi ancora una volta alle istituzioni che avrebbero dovuto rilasciare il permesso di soggiorno. Il re dell'accoglienza, insomma, aveva reso italiani i due eritrei, «attestando falsamente la regolarità della documentazione richiesta dalla normativa vigente ai fini del rilascio della carta d'identità per soggetti extracomunitari». Un avviso di conclusione delle indagini preliminari contiene la nuova accusa di «falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale» per Mimmo Lucano, già a processo insieme ad altre 25 persone per i reati di associazione a delinquere, truffa e favoreggiamento dell'immigrazione clandestina per la gestione dei progetti di accoglienza. Il cordone mediatico che lo protegge da sempre è subito entrato in azione, sottolineando che Lucano è «amareggiato»: «Mi sembra tutto così assurdo, mi viene contestato un reato che avrei commesso nel settembre 2016 per aver fatto due carte di identità a una donna eritrea e a suo figlio di pochi mesi, che erano inseriti in un progetto di accoglienza al Cas a Riace». Come se la presenza in un Cas fosse sufficiente per ottenere la carta d'identità. E, come ha fatto in altre occasioni, ha cercato di scaricare sulla prefettura: «La prefettura ci aveva chiesto l'inserimento per la madre e il bambino e noi avevamo detto di sì perché c'era la disponibilità. Poi fu fatta l'iscrizione al registro anagrafico e fu richiesta la carta d'identità perché il bambino aveva necessità di vedersi assegnato un pediatra». Il sindaco dimentica che al piccolo eritreo sarebbero state garantite tutte le cure anche senza una carta d'identità falsa. Quello che mette in luce la nuova inchiesta, però, è il metodo. Perché oltre ai già contestati finti matrimoni, Lucano era stato segnalato in precedenza dalla Guardia di finanza anche per un altra carta d'identità taroccata. Era il 26 luglio 2017 e Lucano «attestava falsamente la residenza nel comune di Riace» di un cittadino marocchino, «senza verificare l'effettiva residenza». Gli investigatori di Locri lo beccarono mentre rassicurava l'immigrato, dicendogli «che non avrebbe inviato alcun vigile a verificare l'effettiva residenza». Il sindaco, quindi, «era consapevole della mancanza dei requisiti necessari per il rilascio del documento». Anche perché fu proprio il ragazzo a mostrare a Lucano il documento con il quale era entrato in Italia: una richiesta di asilo politico che era stata bocciata dalla commissione. E che, ovviamente, non era sufficiente per ottenere una carta d'identità regolare.Ma Lucano, intercettato da un'ambientale, dice all'immigrato: «In quest'anno ti sei comportato bene a Riace... Hai tre fotografie? Con queste vai al Comune, tanto il responsabile sono io e mi assumo io la responsabilità». E così è stato. Anche davanti alla legge: ora per la Procura è Lucano il responsabile dell'emissione di quella carta d'identità. L'intercettazione è finita in una relazione che gli investigatori della Guardia di finanza hanno inviato alla Procura di Locri. E tra gli allegati c'erano tutti i fascicoli con gli ulteriori rilasci di documentazione di riconoscimento ad altri cittadini stranieri. Gli approfondimenti hanno prodotto il nuovo capo d'accusa. L'ultima tegola per l'ex sindaco di Riace.
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