2025-05-06
Altri sette arrestati fra gli ultrà. San Siro ormai è «Scala del crimine»
Usura, estorsione e fatture false nelle curve di Inter e Milan: cinque persone in carcere, due ai domiciliari Fra loro anche un ex socio di Vieri e Maldini. Raccolta firme dei cittadini contro Beppe Sala e la demolizione. Mentre proseguono gli appelli per salvare lo stadio San Siro di Milano dalla demolizione, prosegue l’inchiesta giudiziaria sulle tifoserie milanesi. Se da un lato più di 500 cittadini hanno già firmato l’appello lanciato dall’ex assessore del Pci Luigi Corbani, dall’altro lato secondo gli inquirenti della Procura meneghina, per anni, le curve dello stadio sono state teatro di interessi mafiosi e affari opachi legati al mondo ultras. È un’immagine tetra quella della Scala del calcio, nella Milano di Beppe Sala che il prossimo anno proprio al Meazza dovrà inaugurare le Olimpiadi invernali. La seconda tranche dell’indagine «Doppia Curva», condotta dalla Direzione distrettuale antimafia di Milano, ha portato ieri a sette misure cautelari. Le accuse vanno dall’estorsione all’usura, fino all’emissione di fatture false, il tutto aggravato dall’agevolazione della cosca ‘ndranghetista dei Bellocco, una delle più influenti del panorama calabrese. Al centro dell’inchiesta, il controllo del business attorno allo stadio. Tra gli indagati spicca Mauro Russo, finito ai domiciliari: è il fratello del cognato di Paolo Maldini, ex capitano rossonero, e socio in affari con lui e con Christian Vieri. Secondo gli inquirenti, Russo si sarebbe fatto versare 4.000 euro al mese per due anni da Gherardo Zaccagni, gestore dei parcheggi del Meazza, con intimidazioni «esplicite e implicite». Il tutto in concorso con Andrea Beretta, ex capo ultrà della Curva Nord dell’Inter, oggi collaboratore di giustizia, e con Vittorio Boiocchi, storico leader del tifo nerazzurro ucciso nel 2022. Oltre a Russo, in arresto sono finiti Berto Bellocco, Francesco Intagliata, Filippo Monardo, Giuseppe Orecchio, Davide Scarfone, Domenico Sità e Carmelo Montalto.L’inchiesta ricostruisce un sistema di «tasse» imposte ai gestori di servizi legati allo stadio - parcheggi, biglietti, merchandising - in cambio di una sorta di «protezione», una tranquillità apparente garantita dal timore che incutevano gli ultras legati alla criminalità organizzata. «Una sorta di costo d’azienda», scrivono i magistrati, pagato per evitare ritorsioni o interferenze. Russo avrebbe confidato a Giuseppe Caminiti che l’imprenditore Gherardo Zaccagni si era assicurato l’appalto grazie a un contatto trovato dal fratello Aldo. Un contatto - si legge nell’ordinanza - conquistato anche facendo leva su una simpatia calcistica: l’interlocutore era un tifoso milanista sfegatato e, grazie alla passione per Paolo Maldini, sarebbe stato agganciato da Aldo Russo per facilitare l’accordo.Sempre Zaccagni, durante l’interrogatorio del 23 ottobre scorso, aveva spiegato ai magistrati che Caminiti, in principio, avrebbe dovuto essere solo un «filtro» per evitare guai con la curva, ma poi si sarebbe rivelato ben altro. Zaccagni aveva capito che «Pino» era intimamente connesso all’ambiente Inter, non solo con gli ultras ma anche con dirigenti di primo piano come Piero Ausilio e Beppe Marotta, oltre che con numerosi calciatori. Anche l’ex capitano dell’Inter e attuale vicepresidente del club nerazzurro, Javier Zanetti, avrebbe partecipato nel novembre 2023 a un evento aziendale organizzato da Scarfone, imprenditore nel settore degli infissi (marchio QFort), su esplicita richiesta proprio di Antonio Bellocco.Il dirigente dell’Inter sarebbe stato convinto a intervenire grazie all’intermediazione di Beretta, oggi collaboratore di giustizia, che ha dichiarato di aver fatto «un favore» a Bellocco, sfruttando il suo rapporto personale con Zanetti. Durante l’evento - denominato Qfort - Zanetti prese la parola pubblicamente, elogiando l’organizzatore davanti a 400 presenti. L’ex capitano dell’Inter non risulta indagato. Le autorità giudiziarie hanno riconosciuto la coerenza e l’attendibilità del racconto di Beretta, ritenuto non solo credibile ma supportato da una lunga serie di riscontri esterni.Ma San Siro è anche il centro di un’altra battaglia, più trasparente, civile, eppure non meno drammatica: quella portata avanti da cittadini, comitati e personalità del mondo culturale e sportivo per impedirne la demolizione. Tra i volti più noti c’è appunto Luigi Corbani, promotore del movimento «Sì Meazza», che da anni denuncia l’insensatezza e la miopia dell’operazione immobiliare voluta da Milan e Inter. «Il Meazza non è solo uno stadio: è un bene collettivo, con un valore architettonico e simbolico inestimabile», ha dichiarato più volte Corbani.L’impianto, secondo il movimento, non ha bisogno di essere abbattuto, ma valorizzato, restaurato, riconosciuto come parte integrante della storia milanese e italiana. Le stratificazioni architettoniche, le rampe elicoidali, la struttura a travi rosse: tutto racconta una memoria collettiva che rischia di essere spazzata via.
Erika Kirk, la moglie di Charlie (Ansa)