2022-04-13
Stangata in arrivo a Pasqua? «Rischia di essere solo l’inizio del calvario»
La stangata di Pasqua sugli alimentari rischia di essere solo l'inizio
La stangata pasquale da 100 milioni di euro per le famiglie italiane denunciata dal Codacons? E’ solo una premessa di ciò che potremmo aspettarci nei prossimi mesi sul fronte del carrello. L’indice è puntato sull’aumento delle materie prime che arriva in parallelo all’impennata dell’energia e dei trasporti. Il risultato è una inflazione al 6,7 % a marzo che avrà un peso, sempre che la situazione non peggiori, di oltre 2 mila euro all’anno a famiglia.
Di fronte a questa “tempesta perfetta” di notizie negative se le famiglie piangono, le imprese certo non ridono. E la preoccupazione è a livelli di guardia, nell’impresa alimentare, un settore «energivoro» che paga aumenti e speculazione nelle materie prime. Soprattutto per il fatto che il cocktail micidiale arriva in un momento, quello pasquale, in cui molte imprese del comparto, mettono fieno in cascina più che nel resto dell’anno. «E’ vero la situazione è davvero difficile - sospira il presidente di Federalimentare, Ivano Vacondio - e se una inflazione al 6,7 per cento è elevato, io dico che siamo solo all’inizio».
«In queste settimane produttori e distributori hanno calmierato i prezzi - spiega Vacondio - Di più, in molti hanno fatto incetta di prodotti per prevenire i rincari dei listini. Ora attendiamo il dato dei consumi a Pasqua. Il problema è che presto non sarà più possibile contenere i prezzi ed allora vedremo davvero gli effetti di costo dell’energia e guerra in Ucraina». Se sul fronte delle materie prime il presidente di Federalimentare si attende un lieve miglioramento nel secondo semestre dell’anno («sempre che non accadano altri sconquassi»), è l’impennata dell’energia a preoccupare maggiormente.
«Il problema dell’approvvigionamento e dunque dei costi energetici ce lo porteremo avanti per anni - dice - e colpirà tutti i soggetti della filiera: dall’azienda ai trasporti. Ed anche le famiglie, con bollette più salate, finiranno per spendere meno. Un combinato disposto che potrebbe generare effetti gravissimi».
Preoccupazioni, quelle del presidente, confermate da alcuni dei principali imprenditori del settore. Che parlano a mezza voce, con l’accordo di non esporre il brand. «La situazione è così in evoluzione e le decisioni da prendere tanto complesse, che esporci con previsioni non sarebbe saggio - è la tesi di tutti - però bisogna che i consumatori, i lavoratori, le famiglie, prendano coscienza delle difficoltà del momento» .«Nella mia lunga esperienza aziendale non ho mai visto una situazione come questa - spiega un noto imprenditore leader del settore - e non parlo soltanto della farina, cresciuta oltre il 30 per cento e dunque ben più del 10 per cento che dice il Codacons. Tutto sta subendo rincari enormi: dall’olio di girasole ai trasporti. Le faccio un esempio. Un container dall’Italia agli Stati Uniti l’anno scorso costava circa 2mila euro. Oggi 10 mila. Come la mettiamo?» «Tutti parlano dei costi dell’energia - sottolinea un altro industriale dal brand molto noto - ed in effetti i rincari sono stati di oltre il 30 per cento. Ma qui aumenta tutto. Anche cose a cui la gente non pensa. Prendiamo la carta. Il packaging è cambiato. Vista la transizione ecologica il consumatore si è andato orientando verso confezioni particolarmente green. Ma la carta o materiali similari hanno fatto registrare aumenti a due cifre. E questo pesa, eccome».
«Ho sentito di colleghi che stanno pensando di rallentare con le assunzioni se non di varare piani di risparmi - ci dice un terzo industriale - noi resistiamo, ma se la situazione non cambia saranno dolori. Ed alzare i prezzi non è la panacea. Meno consumi significa vendere meno. Insomma un gatto che si morde la coda».
Ma allora che fare? E il governo italiano si sta mostrando all’altezza della sfida? «Il governo italiano ha fatto poco. Ma era purtroppo tutto quello che poteva fare - dice il presidente di Federalimentare - Un singolo Paese in una situazione come quella attuale può fare poco. Siamo in una economia di guerra. E servirebbe un grande piano europeo per l’impresa. Vista la credibilità di Draghi a livello internazionale mi aspetto un impegno in tale senso. In ogni caso serve quel sentimento di solidarietà che c’è stato all’inizio della pandemia. Invece mi sembra che prevalga l’ egoismo, soprattutto sul fronte energetico».
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Il termine utopia è la maniera più comoda per liquidare quello che non si ha voglia, capacità, o coraggio di fare. Un sogno sembra un sogno fino a quando non si comincia da qualche parte, solo allora diventa un proposito, cioè qualcosa di infinitamente più grande. Parto da questa citazione di Adriano Olivetti perché è stato forse il primo, più grande, rivoluzionario d’impresa italiano. In questo podcast abbiamo provato a disegnare i ritratti di altri uomini e donne, viventi e non, che hanno lasciato il segno sulle pagine delle storia economica di questo Paese. Alcuni esprimendo un potere di lunga durata, altri portando la direzione di un intero settore produttivo verso la modernità. Quasi tutti hanno avuto grandi maestri ma pochissimi allievi. Una generazione senza eredi, solisti spesso irripetibili. Hanno vissuto da dentro il succedersi dei principali fatti dell’industria e lo sviluppo delle tecnologie più avanzate che hanno caratterizzato la vita economica e sociale dell’Italia. Hanno gestito i successi e i grandi passi avanti compiuti ma hanno anche conosciuto le conseguenze della nostra debolezza strutturale in aree strategiche. Ritratti racconta le storie di personaggi visionari capaci di fare, di realizzare strategie, di convincere sé stessi prima degli altri, di giocarsi la scena per un’idea, di preoccuparsi del dopo e non del prima. Imprenditori, manager, banchieri. Italiani e italiane che, impiegando capitali propri o gestendo capitali pubblici, con metodi, risultati e principi diversi, hanno costruito nei quasi 80 anni della Repubblica un sistema industriale, che pur tra alti e bassi ha collocato l’Italia tra i dieci Paesi più ricchi del mondo. Perché se l’economia è il motore della storia, l’uomo è il motore di entrambe.
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