2023-10-29
Huxley, l’uomo che si avvolse nelle tenebre
Aldous Huxley (Getty Images)
Una nuova biografia del geniale autore britannico ne racconta non solo le grandi intuizioni letterarie e socio-politiche, ma l’avventurosa sperimentazione del «mondo nuovo». Che lo ha trasformato in vittima della sua stessa apocalittica visione. Aldous Huxley era consapevole di avere guardato nel futuro. Il mondo nuovo, capolavoro distopico scritto e pubblico nei primissimi anni Trenta, è in effetti una impressionante descrizione della nostra realtà odierna, ancora più efficace rispetto al citatissimo «1984» di George Orwell. E l’autore britannico lo rivendicava: «La società descritta in 1984 è una società controllata quasi esclusivamente dal castigo e dal timore di esso», scriveva nel 1946. «Nel mondo immaginario della mia favola il castigo è raro e di solito mite. ll governo realizza il suo controllo, quasi perfetto, inducendo sistematicamente la condotta desiderata, e per far questo ricorre a varie forme di manipolazione pressoché non violenta, fisica e psicologica, e alla standardizzazione genetica. Forse non è impossibile la gestazione in vitro, come non è impossibile il controllo centralizzato della riproduzione; ma è chiaro che per molti anni a venire la nostra rimarrà una specie vivipara che si riproduce a casaccio. Può darsi che per motivi pratici si escluda la standardizzazione genetica. Il controllo sulle società continuerà a esercitarsi dopo che l’uomo è venuto al mondo; mediante il castigo, come accadeva in passato, e in misura sempre maggiore mediante metodi più efficienti di premio e di manipolazione scientifica».Aveva compreso, Huxley, che il totalitarismo contemporaneo è suadente: non obbliga, convince, attrae. Aveva intuito anche i rischi dell’idolatria della scienza, e aveva previsto che la grande partita si sarebbe giocata sui corpi degli esseri umani. La «nuova rivoluzione», teorizzava, avrebbe riguardato le nostre viscere. «Questa rivoluzione davvero rivoluzionaria deve essere realizzata non nel mondo esterno, ma nelle anime e nella carne degli esseri umani», spiegava Aldous. «Vivendo in un periodo rivoluzionario, il Marchese de Sade ha fatto uso di questa teoria delle rivoluzioni in modo molto naturale, per razionalizzare il suo peculiare marchio di pazzia mentale. Robespierre aveva realizzato il genere più superficiale di rivoluzione, quella politica. Andando un po’ più in profondità, Babeuf aveva tentato la rivoluzione economica. Sade considerava se stesso l’apostolo della rivoluzione veramente rivoluzionaria, al di là della mera politica e della mera economia: la rivoluzione nei singoli uomini, nelle donne e nei bambini, i cui corpi dovevano d’ora in avanti diventare proprietà sessuale comune a tutti, e dalle cui menti bisognava eliminare ogni decoro naturale, ogni inibizione faticosamente acquisita della civiltà tradizionale. Tra il sadismo e la rivoluzione davvero rivoluzionaria non c’è, naturalmente, alcun legame necessario inevitabile. Sade era uno squilibrato, e gli obiettivi più o meno consapevoli della sua rivoluzione erano il caos e la distruzione universali. Le persone che governano il mondo nuovo possono non essere sane di mente (in quello che può essere definito il senso assoluto della parola), ma non sono dementi, e il loro scopo non è l’anarchia, ma la stabilità sociale. E per realizzare la stabilità che compiono, con mezzi scientifici, la rivoluzione ultima, personale, quella davvero rivoluzionaria».In qualche modo, dunque Huxley aveva colto la natura sadica della modernità. Più in generale, aveva perfettamente chiari i lati oscuri del mondo che andava delineandosi. Preveggenza? Di sicuro. Ma anche esperienza. Huxley infatti frequentava - per nascita, educazione e amicizie - gli ambienti che quel terribile mondo nuovo volevano fabbricarlo con tutte le forze. Suo fratello Julian è considerato l’inventore del transumanesimo. La sua famiglia contava atei e darwinisti convinti. Lui stesso, nell’ambito di una ricerca spirituale gnostica e in parte magica, contribuì molto alla rivoluzione psichedelica.Questo suo ondeggiare fra universi differenti e antitetici, fra bene e male, luce e oscurità, viene mirabilmente narrato da Mario A. Iannaccone nella splendida biografia Aldous Huxley. Profeta del Mondo Nuovo (edizioni Ares).«Certamente Huxley per l’ambiente che frequentava, da giovane soprattutto, vedeva questi progetti, sentiva parlare di questi progetti, conosceva persone che avevano l’intenzione di creare un mondo come quello che lui ha poi descritto nel Mondo nuovo», ci spiega Iannaccone. «Uno era H.G. Wells, ma ce ne erano molti altri che facevano parte degli ambienti esclusivi di Londra. Riguardo a questi progetti a cui da giovane aveva aderito, divenne critico molto presto, già dagli anni Venti. Si opponeva soprattutto alle nuove forme di controllo, e per tutta la vita fu preoccupato degli sviluppi che la scienza poteva avere, soprattutto nel campo farmacologico o nel campo della manipolazione attraverso i media, attraverso il cinema e poi, quando ci fu, attraverso la televisione. Questi furono degli argomenti che lo appassionarono, lo preoccuparono, lo inquietarono per gran parte della sua esistenza, sia quando si trovava in Europa, fino al 1937, e poi soprattutto quando emigrò negli Stati Uniti per fare lo sceneggiatore ad Hollywood».Il soggiorno americano, a ben vedere, fu determinante per Aldous. «Negli anni Cinquanta Huxley avrebbe detto che il vero regime di cui si doveva avere paura era quello in cui la gente non si accorgeva di essere sottomessa, in cui sarebbe stata data una certa possibilità e libertà di parlare, così che la popolazione non si accorgesse di essere dentro un regime. Huxley immaginava una situazione che si sarebbe fatta sempre più oppressiva e a un certo punto si sarebbe delineata come un totalitarismo», continua Iannaccone. «Un totalitarismo accettato e reso piacevole attraverso la musica, l’informazione e lo spettacolo». Già: il geniale Aldous aveva colto la natura del nuovo regime. Ma suo malgrado contribuì a edificarlo, ad esempio partecipando alla diffusione delle droghe. «Aldous era molto curioso. Nella famiglia Huxley è stato un po’ la pecora nera, in tante cose non era apprezzato dal fratello, non era apprezzato dal padre perché tormentato, inquieto. Cercava di trovare una via dello spirito. E una delle strade che tentò fu proprio quella della droga. Lui non fu un assuntore di droga, un drogato in senso stretto», racconta Iannaccone. «Tuttavia ha la responsabilità di aver sdoganato la via della droga. Poi più tardi ne divenne critico, ma non fece a tempo vederne gli sviluppi successivi perché morì nel 1963. Fu quindi un profeta della via breve all’assoluto attraverso la droga, e in questo lui pensava di aver trovato una strada, attraverso la mescalina e poi l’Lsd, che provò nell’ultima parte della sua vita».Benché nella ricerca sugli stupefacenti si fosse fatto guidare e supportare da psichiatri e scienziati, Huxley non smise mai di guardare con sospetto all’assenza di limiti nello sviluppo scientifico. Spiega Iannaccone: «Era preoccupatissimo per lo sviluppo delle armi, della bomba atomica, e divenne un pacifista, tanto è vero che fu a un certo punto messo sotto controllo dall’Fbi negli Stati Uniti. Non ottenne mai la cittadinanza americana perché era considerato vicino a gruppi di pacifisti che si erano opposti all’entrata in guerra degli Usa nel secondo conflitto mondiale. Si preoccupava degli sviluppi della scienza, del controllo mentale attraverso i media e i farmaci: tutto questo lo appassionava da un lato e lo preoccupava dall’altro».Modernità e tradizione, spirito e tecnica: Huxley era un viaggiatore in bilico fra due prospettive. Veniva da una famiglia di positivisti, ma cercava le fede e per questo fu tra i grandi diffusori della spiritualità orientale in Occidente.«A un certo punto dovette addirittura rassicurare il padre e il fratello che erano preoccupati perché temevano che facesse battezzare il figlio», dice Iannaccone. «Attraverso un amico si avvicinò a Ramakrishna, al movimento del Vedanta per l’Occidente, che aveva una sorta di tempio di meditazione in California che Aldous frequentò per un certo periodo prima di allontanarsene e cercare altre strade. Sperimentò lo spiritismo, la dianetica, le droghe e molto altro in realtà: fu proprio uno sperimentatore quasi professionale. Aveva in casa una stanza piena di strumenti fra i più strani, e ogni martedì invitava medium, telepati, personaggi del variegato mondo californiano per capire se fosse possibile comprendere qualcosa dell’anima, dello spirito. Alla fine si era convinto che l’uomo ha un’anima, che l’anima sopravvive al corpo, ma solo per qualche tempo».Di certo, sono sopravvissute le sue intuizioni e le sue visioni. Purtroppo anche le più cupe. Il mondo nuovo che aveva intravisto è divenuto realtà. Anche percorrendo sentieri che aveva tracciato lui stesso, drammatico profeta della sua stessa sventura. Che oggi è la nostra.