2025-03-18
«Con il ritorno del gas dalla Russia meno costi per la nostra industria»
Aldo Chiarini (Imagoeconomica)
L’esperto Aldo Chiarini: «In un contesto di ritrovata pace, sarebbe positivo per l’Italia se riprendessero i flussi, anche se non saranno più ai livelli di un tempo. Ora c’è chi sta delocalizzando dove l’energia è più conveniente».«Ad oggi il gas russo è stato sostituito, tuttavia in un contesto di ritrovata pace e con l’accordo di tutte le parti coinvolte, inclusa l’Ucraina, se riprendessero i flussi sarebbe positivo per l’Italia e per la nostra industria; difficilmente si potrebbe tornare ai volumi pre crisi ma una ulteriore fonte di approvvigionamento contribuirebbe a calmierare i prezzi e ad aumentare la sicurezza energetica». Aldo Chiarini, ingegnere chimico con una vasta esperienza nel settore dell’oil&energy e dei servizi di efficienza energetica, esperto di transizione energetica, è entrato per conto di Assovetro nel consorzio Gas Intensive (che riunisce le imprese a maggior consumo di gas) di cui ora è presidente. Quindi all’indomani della fine del conflitto ucraino si possono riallacciare i rapporti con la Russia per le importazioni di gas?«Il prezzo del gas è determinato dalla scarsità del gas e dalle manovre speculative, pertanto avere del gas in più è utile per abbattere i prezzi. In una situazione nuovamente stabile, di accordo generale, con la fine della guerra, per la quale temo ci vorrà del tempo, vediamo con favore che riprendano le importazioni. I volumi del gas russo, però, difficilmente torneranno a quelli pre conflitto perché nel frattempo l’Italia ha trovato altri Paesi per superare la carenza di approvvigionamenti. Più gas c’è meglio è, perché è importante per l’industria manifatturiera ma è anche un compagno di viaggio irrinunciabile per le rinnovabili. La transizione energetica ha bisogno di questa risorsa energetica».La guerra in Ucraina e il blocco del gas russo quanto è costato alle aziende in termini di perdita di competitività?«La produzione nazionale di gas naturale, nell’ultimo ventennio, si è progressivamente ridotta, passando da circa 14 miliardi di metri cubi a circa 3,3 miliardi del 2021 e del 2022, fino a scendere a 2,7 miliardi di metri cubi nel 2024. Ciò è avvenuto sia per il calo naturale dei giacimenti in sfruttamento, sia per l’assenza di investimenti in nuove ricerche e produzione. Il Paese è divenuto quindi quasi completamente dipendente dalle importazioni, con quasi il 96% del gas naturale consumato importato dall’estero. Questi dati danno la misura dell’impatto del crollo delle importazioni dalla Russia. La produzione industriale in generale è in diminuzione da ben 23 mesi. Su questo tema contavamo molto sulla gas release che prevedeva la messa a disposizione di una parte del gas estratto in Italia alle imprese a prezzo calmierato, ma non si è ancora realizzato e stiamo aspettando di capire se questa misura esiste ancora o va integrata da altri provvedimenti o deve essere sostituita».Il gas liquido?«Il gas naturale liquefatto arriva sui terminali di Panigallia e di Rovigo, oltre a quello famoso di Piombino a cui si aggiungerà quello di Ravenna. Questi terminali consentono l’arrivo di gas da fonti diverse da quelle dei gasdotti. Il costo è più elevato perché sconta l’onere del trasporto che è più alto. Molto dipende dal prezzo di partenza. Molto del Gnl arriva dal Qatar e dagli Stati Uniti. È una misura di sicurezza, di variazione e di aiuto. L’importante è avere tante opportunità di approvvigionamento per superare le varie crisi».Quali settori industriali sono andati più in sofferenza dal crollo delle importazioni russe?«La ceramica, il vetro, la carta, le fonderie, le industrie dei metalli, della calce e del gesso. Tutti i comparti fortemente gasivori. C’è stata una riduzione della produzione da due anni». La fragilità della nostra industria zavorrata dai costi energetici, la espone al rischio di acquisizioni facili da parte di gruppi esteri?«Sì, può capitare, ma io vedo più un fenomeno di delocalizzazione della produzione industriale, lo spostamento in Paesi dove i costi energetici sono inferiori. Poi però bisogna fare i conti con la qualità del personale straniero e con la prossimità delle altre industrie che sono i committenti dei materiali. L’aumento del prezzo del gas ha acuito questo rischio».È mancata anche una politica nel passato di sfruttamento dei giacimenti di gas in Italia, frutto dell’ideologia ambientalista?«Sicuramente sono stati fatti molti errori in tal senso. L’Italia ha diversificato gli approvvigionamenti, con il gas russo, con quello algerino, dal nord Europa, dall’Azerbaijan. Aveva una struttura in grado di far fronte al fabbisogno, ma una volta persa la fonte principale dalla Russia siamo entrati in scarsità, anche perché non abbiamo potuto contare su risorse nazionali. Abbiamo riserve sui 100 miliardi di metri cubi, 30 anni fa ne estraevamo 30 miliardi l’anno, ora circa 3, e importavamo dalla Russia quasi il 40% del consumo nazionale. Lo squilibrio è evidente. I giacimenti attivi nel nostro Paese sono circa 1.300, anche se quelli che vengono realmente utilizzati con continuità superano di poco quota 500. Il 54,6% del gas italiano arriva dai giacimenti in mare e il resto dalla terraferma, che poi significa dalla Basilicata. Da sola vale il 34% di quel 45% proveniente dai pozzi di terra. In mare invece la zona d’origine del gas è l’Adriatico del Nord davanti a Veneto, Emilia-Romagna e Marche. Lo sfruttamento dei giacimenti è ostacolato dai territori. Penso a quelli davanti a Venezia che sono oggetto di polemiche. Le resistenze degli ambientalisti locali sono fortissime. Basti pensare alle polemiche scoppiate sul gasdotto Tap in Puglia. Il gas nazionale è una risorsa e dovrebbe entrare nel portafoglio degli approvvigionamenti. Noi sosteniamo la Gas Release che prevedeva la messa a disposizione di una parte del gas nazionale agli industriali italiani a prezzo calmierato».A che punto è la Gas Release?«La Gas release, dalla quale ci si aspettava la disponibilità di 2-3 miliardi di metri cubi l’anno di gas nazionale a prezzi regolamentati, più convenienti, non è ancora stata attuata, nonostante ben tre passaggi normativi, ed è possibile che, così come è stata concepita, non possa trovare attuazione visti i continui impedimenti ed ostilità all’estrazione di nuovo gas nazionale che è fortemente diminuita negli anni. Andrebbe rilanciata, anche con soluzioni alternative all’estrazione nazionale, come quella presentata da Gas Intensive lo scorso 11 febbraio, che dall’allineamento dei prezzi del gas italiani e olandesi recupera risorse per abbassare il prezzo del gas alle imprese gasivore. La criticità è che le risorse sono localizzate in aree dove sono presenti vincoli ulteriori rispetto a quelli che può scogliere il ministero. Se non si risolvono queste criticità non si va avanti».
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.