2024-11-08
Prevale sempre il diritto dell’Ue? Il Senato ora ordina: indaghiamo
Il centro per migranti di Shengjin in Albania (Getty Images)
A Palazzo Madama saranno possibili audizioni e una risoluzione finale. Intanto, le toghe del Lussemburgo vogliono blindare il reato di favoreggiamento dei clandestini. «Ma i giudici valuteranno caso per caso».Disposta la cacciata dei 5 migranti approdati a Ortigia. L’accoltellatore del treno era irregolare.Lo speciale contiene due articoli.Secondo il Pd, staremmo perdendo la «dignità». Il motivo? A colpi di maggioranza di centrodestra, nell’ufficio di presidenza della commissione Affari europei del Senato, è passato un principio: si potrà andare più a fondo sulla questione del primato del diritto europeo. Sarà lecito discutere, interrogare, raccogliere materiale. Vivaddio. D’altronde, un Parlamento non è fatto innanzitutto per parlare?Lo strumento a disposizione dei rappresentanti del popolo sarà quello dell’«affare assegnato», una facoltà disciplinata dall’articolo 50 del Regolamento di Palazzo Madama. I senatori potranno convocare audizioni, redigere una relazione ed eventualmente emanare una risoluzione intesa a «esprimere il loro pensiero e gli indirizzi che ne derivano». Suddette risoluzioni, se lo richiede il governo o un terzo dei componenti della commissione, vengono anche comunicate al presidente del Senato, affinché le sottoponga alla votazione dell’assemblea. I dem, d’improvviso contagiati dal virus della parsimonia, denunciano uno spreco di denaro, come per il Cpr in Albania. Che volete: la democrazia costa.Non che ci si debba aspettare una rivoluzione giuridica. Almeno, però, si potrà fare chiarezza su un dogma che, in Italia, la stessa Consulta ha più volte confermato, che la Corte Ue proclama almeno dagli anni Sessanta (il caso Costa contro Enel), ma che in altri Paesi dell’Unione non viene adottato con analogo zelo. In Germania, ad esempio, il pallino è sempre rimasto in mano alla Corte costituzionale di Karlsruhe; quella polacca ha dichiarato esplicitamente che a prevalere dev’essere la Carta fondamentale. In teoria, qualora sorgesse un conflitto con la Costituzione, pure da noi non dovrebbe essere automatica l’applicazione delle normative comunitarie. È un punto rilevante, viste le roventi polemiche tra governo e magistratura sul dossier immigrazione.Le sezioni speciali dei tribunali continuano ad appigliarsi alla sentenza europea del 4 ottobre, che le ha investite del compito di valutare, in sede di ricorso da parte dei migranti, se le designazioni dei Paesi sicuri siano conformi al diritto Ue. Siamo certi, però, che il sindacato giudiziario sugli elenchi governativi sia compatibile con il dettato costituzionale? Il Titolo V (articolo 117) attribuisce allo Stato, ossia al Parlamento e all’esecutivo nell’esercizio della sua potestà legislativa, la competenza esclusiva in materia di «diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea», «immigrazione», «ordine pubblico e sicurezza». Se tutte le decisioni politiche possono essere annullate da un intervento delle toghe, quell’«esclusiva» diventa, di fatto, la loro.L’iniziativa della commissione del Senato, partita dal leghista Claudio Borghi, sopravvive al tentativo più muscolare, ma fallito, dei suoi colleghi alla Camera. Qualche giorno fa, sono stati dichiarati inammissibili i due emendamenti al ddl sulla separazione delle carriere, dei quali era primo firmatario il capogruppo del Carroccio a Montecitorio, Igor Iezzi. L’idea era di introdurre una modifica alla Costituzione, che sancisse la primazia delle leggi italiane su quelle europee.Dopodiché, non sempre la Corte di giustizia asseconda in pieno gli orientamenti progressisti dei nostri magistrati. Ieri, ad esempio, l’avvocato generale del Lussemburgo ha depositato un parere che, se confermato dalla sentenza finale, blinderà uno dei capisaldi della lotta all’immigrazione irregolare: il reato di favoreggiamento della clandestinità.Il caso in questione riguarda una donna africana che ha portato illegalmente in Italia sua figlia e sua nipote, utilizzando falsi documenti d’identificazione. Il tribunale di Bologna aveva rinviato il fascicolo alla Corte Ue, esprimendo dei dubbi sulla validità della direttiva 2002/90, in quanto potenzialmente incompatibile con i diritti umani: essa sanziona il reato anche se, nel compierlo, il colpevole non perseguiva un guadagno, bensì agiva per scopi umanitari o vincoli familiari. L’esperto interpellato, Jean Richard de la Tour, ha ribadito che la direttiva è conforme al principio di legalità e di proporzionalità dei reati e delle pene. Gli Stati membri, comunque, possono non punire il favoreggiamento «solidale» della clandestinità. La «competenza penale» sulla fattispecie, difatti, è «concorrente»: la direttiva in sé non basta a configurare una responsabilità penale a carico di una persona; dunque, spetta alle singole nazioni europee stabilire in che modo inserire la normativa comunitaria nel proprio ordinamento. Tradotto: la legge dell’Europa è valida; l’esistenza del reato, sia pure non commesso a fini di lucro, come capita con gli scafisti, non lede i diritti fondamentali; i Paesi Ue possono prevedere condizioni di esonero dalle responsabilità penali. Ma soprattutto - citiamo il comunicato della Corte del Lussemburgo - «il giudice nazionale deve poter differenziare l’incriminazione di una persona che ha agito per scopi umanitari o per necessità da quella di una persona mossa esclusivamente dall’intenzione dolosa di commettere l’atto […] a scopo di lucro». Ecco lo spiraglio: la palla passa ancora alle toghe. Ha senso: il loro ruolo è proprio quello di valutare come le fattispecie giuridiche debbano essere applicate ai casi particolari. Purtroppo, dal giudizio all’arbitrio con malcelati obiettivi politici, il passo a volte è breve. Più della rotta dal Mediterraneo alle coste albanesi.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/albania-migranti-giustizia-2669632668.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="altri-sbarchi-e-ong-ma-sui-rimpatri-in-egitto-litalia-non-si-arrende" data-post-id="2669632668" data-published-at="1731012753" data-use-pagination="False"> Altri sbarchi e Ong, ma sui rimpatri in Egitto l’Italia non si arrende aPer cinque maggiorenni trai 19 immigrati sbarcati nei giorni scorsi a Ortigia, il centro storico di Siracusa, è stato disposto il rimpatrio in Egitto. Decisione che, sulla falsariga dei casi precedenti, potrebbe riaprire il conflitto tra magistratura ed esecutivo. Nel decreto legge di ottobre il governo di Giorgia Meloni ha confermato che Il Cairo è un Paese sicuro, ma diversi giudici hanno poi disapplicato la norma in nome di una lettura quantomeno dubbia di una sentenza europea. Motivo per cui è lecito chiedersi se per l’ennesima volta il potere giudiziario, nelle vesti di un giudice siciliano, si arrogherà la prerogativa di ostacolare l’esecutivo nella sua lotta all’immigrazione clandestina. La querelle, ricordiamolo, è iniziata con il primo trasferimento di 12 migranti in Albania, quando il Tribunale di Roma ha ordinato di liberarli e riportarli in Italia in quanto, a suo giudizio, i Paesi di provenienza - Egitto e Bangladesh - non potevano essere considerati sicuri. L’esecutivo ha poi reagito trasformando in norma primaria l’elenco delle destinazioni riconosciute sicure, ma in altre tre occasioni diversi tribunali sono intervenuti appellandosi al diritto europeo. Al centro del conflitto vi è la questione fondamentale su quale sia il soggetto istituzionale deputato a stabilire i Paesi da considerare sicuri. Ma se nemmeno l’Egitto è sicuro, si è domandato Carlo Cottarelli nei giorni scorsi, che «cosa facciamo se i suoi 105 milioni di abitanti chiedono tutti asilo in Italia?». L’esecutivo, però, non ha intenzione di fermarsi su un tema così importante per i suoi elettori. Questa mattina è atteso in Albania il Libra, il pattugliatore di 80 metri della Marina militare, con a bordo otto nuovi migranti destinati al centro di Shengjin. Il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha dichiarato che, se il numero è così ridotto, è perché lo screening condotto a bordo della nave - con «la verifica delle vulnerabilità e delle condizioni che devono ricorrere» affinché il trasferimento possa avvenire - è «molto severo». «Alcune decine di persone», ha anche aggiunto, «le abbiamo escluse perché hanno tirato fuori il documento d’identità per evitare il trattenimento. C’è stata quindi una deterrenza e tutto ciò è finalizzato a creare le condizioni per il rimpatrio». Soltanto i richiedenti asilo che non si fanno identificare possono essere trattenuti, e in passato molti evitavano di farlo per poi far perdere le proprie tracce in attesa dell’esito della domanda. Il fatto che ora finiscano in Albania, ha suggerito il ministro, costituisce dunque un importante elemento di deterrenza. Non ci sta Riccardo Magi, segretario di +Europa, il quale ha annunciato di aver avanzato «al ministero dell’Interno, al ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e al Comando Generale della Capitaneria di porto - Guardia costiera una istanza formale di accesso agli atti amministrativi relativamente alle operazioni Sar o ai rintracci» riguardanti il salvataggio e il trasferimento dei primi 16 migranti (diventati 12, perché quattro erano minorenni, e poi tornati in Italia dopo l’intervento del giudice di Roma) e degli attuali otto finiti in Albania. «Siamo alle comiche», ha dichiarato lo stesso, «se non fosse che i Cpr albanesi sono fuori dal diritto europeo e costano ben un miliardo di euro ai contribuenti italiani». «Ci troviamo di fronte ad un’operazione di propaganda politica che sperpera denaro pubblico», gli ha fatto eco Angelo Bonelli di Avs. In ogni caso, il trattenimento disposto dal questore dovrà essere convalidato dai magistrati della sezione immigrazione del tribunale di Roma, decisione che è attesa per domenica. Ancora una volta, la vera opposizione al governo potrebbe venire da qui. «Ormai non c’è giorno che non si alzi un giudice che cerca di smontare le leggi per spalancare le porte ai clandestini», ha dichiarato in merito Matteo Salvini, «ma noi continueremo ad approvare norme per difendere i nostri confini come fanno tutti gli altri Paesi europei, dove i giudici fanno i giudici, e non politica comunista in un’aula di tribunale». Nel frattempo, la Ocean Viking è attesa al porto di Genova con 185 migranti. Nella notte tra mercoledì e giovedì, invece, sono sbarcati 75 persone a Lampedusa, portando il numero degli ospiti nell’hotspot a 742. Sempre ieri, la nave Sea Eye 5 è giunta al porto di Pozzallo e si sono concluse le operazioni di sbarco di altri 78 naufraghi. Resta da capire come si possa gestire un fenomeno del genere se qualunque azione politica volta a fermare il flusso irregolare viene bloccata dai tribunali. Per altro, come ha rivelato ieri a Fuori dal coro Angela Camuso, il ventunenne egiziano passato agli onori di cronaca per aver accoltellato un capotreno, definito su molte testate «regolare», in realtà è un richiedente asilo entrato clandestinamente in Italia, con precedenti con la polizia per lesioni personali e spaccio. Per la rubrica «ci pagano le pensioni», infine, il lavoro di barbiere lo svolgeva in nero, perché non risulterebbe alcuna pratica Inps attiva.
Il Tempio di Esculapio, all’interno del parco di Villa Borghese (IStock)
John Lennon e la cover del libro di Daniel Rachel (Getty Images)
Gianrico Carofiglio (Ansa)