2018-09-19
Al via la settimana della moda a Milano. Vola il settore: da solo, vale oltre 24 miliardi di euro
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Con un valore di 24,2 miliardi di euro, il sistema moda in Italia è uno dei settori chiave per l'economia del nostro Paese. Le vendite online, tuttavia, faticano a decollare e lo strumento dell'ecommerce risulta ancora poco diffuso. Il Made in Italy fa da traino al segmento soprattutto in Cina, Giappone, Canada, Stati Uniti ed Emirati Arabi Uniti dove la bellezza e l'italianità continuano a ricevere grande attenzione. Parla Gianni Gori, amministratore delegato di Graziella, il gruppo che ha recentemente acquisito Braccialini. «Il consumatore oggi va più alla ricerca del prezzo che della qualità. Puntiamo su un futuro green, perché siamo sicuri ci sia un mercato ampio da esplorare».Milano diventa capitale del fashion. E Armani fa la sfilata all'aeroporto. Fino al 24 settembre passerelle in tutta la città: 61 show, 80 presentazioni e 44 eventi. Lo speciale contiene quattro articoli.Basta fare due passi questa settimana a Milano, dove si sta tenendo la Milano Fashion Week, per capire quanto la moda rappresenti un'industria fertile per l'Italia. Come spiega uno studio messo a punto da Intesa Sanpaolo il sistema moda, che comprende tessile, abbigliamento e calzature, è un settore chiave per l'economia italiana: con 24,2 miliardi di euro di valore aggiunto generato nel 2017, rappresenta il 10% del manifatturiero e occupa circa 500 mila addetti, ovvero il 15,5% degli addetti occupati complessivamente nella manifattura italiana.Non si tratta solo di un'eccellenza nazionale. La moda «Made in Italy» mantiene saldo il suo primato in Europa, sia in termini di produzione che di fatturato. Più di un terzo del valore aggiunto generato dal sistema moda dell'Unione Europea è associabile all'Italia (33,9%), una quota pari a tre volte quella tedesca, quattro volte quella spagnola e quasi cinque volte quella francese.Il primato italiano è evidente anche in termini di saldo commerciale, in attivo per quasi 20 miliardi di euro a fine 2017. È un dato rilevante, soprattutto se confrontato con il disavanzo francese (-13,9 miliardi), tedesco (-19 miliardi) o del Regno Unito (-21 miliardi). Si tratta, inoltre, di un importante indicatore di competitività, che sintetizza diversi punti di forza della filiera produttiva italiana. A premiare l'industria italiana della moda è la sua struttura a distretti, spiega nella sua analisi Gregorio De Felice, capo economista di Intesa Sanpaolo. «L'ampia base produttiva, forte dell'organizzazione reticolare tipica dei distretti industriali, preserva nel tempo competenze e conoscenze, supportando una forte diversificazione di prodotto e l'elevata qualità della produzione Made in Italy«, spiega. Come si nota nell'indagine di Ca' De Sass, il 70% circa delle esportazioni italiane della moda (circa 51 miliardi di euro nel 2017) si posiziona sull'alta gamma, la fascia di mercato più redditizia. Nonostante la forte pressione concorrenziale, derivante dall'avanzata dei player asiatici, l'Italia mantiene infatti, ancora, elevate quote di mercato che, nell'alto di gamma, raggiungono il 16% nelle calzature e il 21% nel comparto pelli e pelletteria. Tra le particolarità, l'industria italiana della moda si fa notare perché ancora oggi produce il 78,7% dei suoi prodotti nei confini italiani. La filiera della moda francese, dominata dai grandi player del lusso che hanno spinto maggiormente sulla leva della delocalizzazione, presenta invece un contributo domestico alla produzione pari solamente al 60,5%. Il motivo di questi dati è che la produzione italiana, soprattutto quella di alto livello, ha un forte legame con il territorio e certe peculiarità si perderebbero delocalizzando la produzione in Paesi dove la manodopera costa meno.«Una quota consistente di imprese capofila del sistema moda intervistate da Intesa Sanpaolo valuta ancora fondamentale il rapporto con subfornitori e/o terzisti locali, grazie alla qualità dei servizi e dei prodotti offerti, alla possibilità di personalizzare i prodotti, all'affidabilità e alla specializzazione della forza lavoro», spiega De Felice.Questi tratti distintivi del modello di produzione «Made in Italy» sono anche alla base della partecipazione attiva delle imprese italiane alle catene di produzione dei partner europei: il 6,2% dell'output di moda francese, ad esempio, è originato in Italia. Ma se la produzione e il sistema moda Italia funzionano bene, va sottolineato che le aziende italiane del settore non sono ancora riuscite a pieno a prendere il «treno» della trasformazione digitale. Nonostante l'aumento delle vendite da siti italiani (che hanno raggiunto i 3 miliardi di euro nel 2016), lo strumento dell'ecommerce risulta ancora poco diffuso, soprattutto tra le imprese più piccole. Da una indagine ad hoc realizzata da Intesa Sanpaolo (su 161 aziende capofila che operano in 36 distretti del sistema moda e generano 14,5 miliardi di euro di fatturato) emerge che il 70% delle imprese intervistate effettua vendite on-line. Questa percentuale si riduce al 18% per le piccole imprese.Inoltre, poche imprese utilizzano strategie complesse: solo il 12% del totale le aziende effettua vendite on-line sia sul proprio sito sia tramite marketplace e dispone di una app dedicata.Il comparto della moda in Italia ha dunque bisogno di crescere. Oggi può ancora fare affidamento sull'«italianità», una ricetta fatta di materiali pregiati, tecniche costruttive e stile che giustificano prezzi da capogiro per l'alto di gamma. Ma non potrà essere così in eterno. Bisogna prima di tutto recuperare il tempo perduto nell'ecommerce. I produttori asiatici ci sono col «fiato sul collo» e prima o poi l'italianità non basterà a non farci superare. Gianluca Baldini INFOGRAFICA !function(e,t,n,s){var i="InfogramEmbeds",o=e.getElementsByTagName(t)[0],d=/^http:/.test(e.location)?"http:":"https:";if(/^\/{2}/.test(s)&&(s=d+s),window[i]&&window[i].initialized)window[i].process&&window[i].process();else if(!e.getElementById(n)){var a=e.createElement(t);a.async=1,a.id=n,a.src=s,o.parentNode.insertBefore(a,o)}}(document,"script","infogram-async","https://e.infogram.com/js/dist/embed-loader-min.js"); <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/al-via-la-settimana-della-moda-a-milano-vola-il-settore-da-solo-vale-oltre-24-miliardi-di-euro-2605963633.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="le-grandi-sfide-per-la-moda-italiana-i-mercati-mondiali-dalla-cina-al-giappone-fino-agli-emirati-arabi" data-post-id="2605963633" data-published-at="1757975458" data-use-pagination="False"> Le grandi sfide per la moda italiana? I mercati mondiali: dalla Cina al Giappone fino agli Emirati Arabi Giusto il 17 settembre, il vicepremier e ministro del Lavoro, Luigi Di Maio, a margine del Micam, salone internazionale del settore calzaturiero spiegava che «il tavolo che abbiamo oggi sulla moda ci consentirà di coordinare le politiche di sviluppo e di investimento in questo settore, nei prossimi 5 anni per quanto riguarda questo governo», continua. «Ma io oso dire, servono piani di medio e lungo termine a 20 anni. È chiaro che qui ci sono due grandi fronti: giocare prima di tutto all'attacco sui mercati internazionali perché siamo leader in questo settore; il tavolo che si apre oggi con tutti gli attori coinvolti che dovrà servire a continuare la lotta alla contraffazione», ha concluso.Certo, la lotta alla contraffazione è d’obbligo, soprattutto in un mercato come quello italiano costellato da grandi marchi noti in tutto il mondo. Il problema è riuscire a crescere a livello internazionale. Del resto, i fondamentali di crescita del sistema moda italiano restano solidi, anche se in uno scenario non esente da rischi legati alla possibile flessione del commercio internazionale. Come spiega uno studio di Intesa Sanpaolo sul settore, il fatturato del sistema moda è atteso crescere ad un tasso medio annuo dell’1,5% nel periodo 2019-22, a prezzi costanti, trainato soprattutto dai mercati esteri, oltre che da una ripresa del mercato interno. La propensione all’export del settore, già strutturalmente elevata (61,4% nel 2017), è infatti destinata ad aumentare ancora (fino a sfiorare il 66% nel 2022), spingendo verso un ulteriore miglioramento del saldo commerciale, che potrà avvicinarsi ai 25 miliardi di euro nell’orizzonte del 2023. Insomma, c’è spazio per crescere ancora. A dirlo sono gli ultimi dati congiunturali sulle esportazioni, di fonte Istat. Le vendite all’estero del sistema moda sono cresciute del 3,5% tendenziale nella prima metà del 2018, a valori correnti, per un totale esportato pari a 26 miliardi di euro. Risultati positivi hanno riguardato i principali mercati di sbocco, sia maturi (come Francia, Germania e Svizzera) che emergenti (ad iniziare da Cina e Hong Kong). In un contesto di domanda globale in espansione, «prevediamo un incremento di circa 42 miliardi di dollari del commercio globale di alta moda entro il 2021», spiega Gregorio De Felice, capo economista di Intesa Sanpaolo. Intercettare questa domanda aggiuntiva rappresenta, insomma, per le imprese della moda italiana, un’importante sfida da cogliere. Le opportunità di crescita si concentrano, soprattutto, nei mercati più distanti dall’Italia, quali Cina-Hong Kong, Giappone, Canada, Stati Uniti ed Emirati Arabi Uniti, dove l’alta gamma Made in Italy ha già conquistato traguardi importanti e continua a ricevere grande attenzione.Gianluca Baldini <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/al-via-la-settimana-della-moda-a-milano-vola-il-settore-da-solo-vale-oltre-24-miliardi-di-euro-2605963633.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="il-consumatore-oggi-va-piu-alla-ricerca-del-prezzo-che-della-qualita-puntiamo-su-un-futuro-green-perche-siamo-sicuri-ci-sia-un-mercato-ampio-da-esplorare" data-post-id="2605963633" data-published-at="1757975458" data-use-pagination="False"> «Il consumatore oggi va più alla ricerca del prezzo che della qualità. Puntiamo su un futuro green, perché siamo sicuri ci sia un mercato ampio da esplorare» Il Gruppo Graziella festeggia i suoi primi 60 anni di attività con l'acquisizione della storica azienda fiorentina di pelletteria Braccialini. Il suo amministratore delegato Gianni Gori, figlio della fondatrice Graziella, ci parla di questa importante acquisizione e dei progetti per il futuro.Il Gruppo Graziella ha chiuso l'ultimo anno con un aumento del fatturato del 30%. Come siete riusciti a gestire e superare la crisi dei mercati degli ultimi anni?«Il maggiore punto di forza nel nostro gruppo è che siamo una realtà familiare. Anche noi abbiamo dovuto fare i conti con periodi di crisi - specialmente nel settore orafo - ma siamo riusciti a trovare le giuste strategie per superare questa flessione nel mercato. Abbiamo raggiunto paesi nuovi e fatto investimenti sul lungo periodo. Gli investimenti industriali sono per noi la base della nostra crescita».Quali sono le vostre previsioni per il 2018?«Lo scorso anno il nostro fatturato era vicino agli 80 milioni, ma l'acquisizione di Braccialini dovrebbe portarci a superare i 100 milioni entro la fine dell'anno».Quali sono i vostri mercati di riferimento?«Graziella - con la sua collezione di gioielli - viene venduta prevalentemente all'estero. Possiamo dire che l'export rappresenti il 75% del fatturato della holding. Per quanto riguarda Braccialini, il mercato italiano rappresenta il 30%».Quanto vale il Made in Italy nel mondo?«Il Made in Italy è sicuramente un fattore determinante per le vendite nel settore moda, soprattutto quando parliamo di "affordable luxury". Il consumatore oggi va più alla ricerca del prezzo che della qualità. Sono poche le caratteristiche che possono spingere a spendere qualcosa di più del normale. Bisogna essere sempre freschi e dinamici se si vuole avere successo».Quali sono le motivazioni dietro la scelta di acquisire il brand Braccialini?«La fantasia e la creatività di Braccialini, nonché la sua ricca storia, ha un qualcosa di tipicamente italiano. È un marchio che riesce a differenziarsi in un mercato ampio come quello degli accessori di moda».Come cambierà il brand Braccialini sotto il controllo di Graziella?«Stiamo lavorando per la creazione di prodotti total green. Negli ultimi anni abbiamo investito nelle energie rinnovabili e stiamo portanti avanti studi per trovare soluzioni ecologiche da applicare sulla nostra prima linea e anche nel brand Braccialini. Puntiamo su un futuro green, perché siamo sicuri ci sia un mercato ampio da esplorare».Sarete presenti a VincenzaOro con i gioielli Graziella e le borse Braccialini. Avete in programma di festeggiare questa nuova unione?«Sicuramente la fine dell'anno sarà l'occasione perfetta per festeggiare i nostri sessant'anni e l'acquisizione di Braccialini. Non ci interessa però organizzare qualcosa di fastoso per apparire sui social, preferiamo festeggiare con quelle persone che lavorano al nostro fianco ogni giorno. Sono loro le persone più importanti».Mariella Baroli <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem3" data-id="3" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/al-via-la-settimana-della-moda-a-milano-vola-il-settore-da-solo-vale-oltre-24-miliardi-di-euro-2605963633.html?rebelltitem=3#rebelltitem3" data-basename="milano-diventa-capitale-della-moda-e-armani-fa-la-sfilata-allaeroporto" data-post-id="2605963633" data-published-at="1757975458" data-use-pagination="False"> Milano diventa capitale della moda. E Armani fa la sfilata all'aeroporto Da domani al 24 settembre Milano diventa la capitale mondiale della moda. Tutta la città sarà in fermento con la Milano fashion week, grazie a un settore che si conferma trainante per il Paese. «Il settore moda rimane uno dei più dinamici», spiega Carlo Capasa, presidente della Camera nazionale della moda italiana, «con un fatturato complessivo di circa 90 miliardi e una crescita del 3% circa, trainata dalle esportazioni». Sono 61 gli show in calendario, 9 sfilate co-ed (uomo e donna in passerella), 80 presentazioni, 44 eventi tra mostre, inaugurazioni, feste. Tra i nuovi ingressi e i debutti in passerella, si segnala Tiziano Guardini, vincitore del premio Franca Sozzani Gcc award for best emerging designer in occasione della prima edizione dei Green carpet fashion awards Italia, previsto per il 20 settembre. Sfilano inoltre, per la prima volta in calendario, A.F. Vandervorst e Fila. Grazie al supporto della Camera nazionale della moda italiana, debuttano anche Ultrachic, Chika Kisada e +ACT N.1, vincitore di Who's on next? 2017. Tra i graditi ritorni, le sfilate Byblos il 19 settembre e Iceberg venerdì 21 settembre, oltre all'ingresso ufficiale in calendario di Agnona il 22 settembre. Sempre presenti sul catwalk di Milano i big Alberta Ferretti, Moncler (19 settembre), Fendi, Prada, Moschino (20 settembre), Versace (21 settembre), Salvatore Ferragamo, Roberto Cavalli (22 settembre), Giorgio Armani (23 settembre). Saranno 9 le sfilate co-ed presenti nel calendario della Mfw: Antonio Marras, Byblos, Emporio Armani, Fila, Gcds, Jil Sander, Moncler, Salvatore Ferragamo e Tiziano Guardini. Dopo il grande successo dello scorso anno, in occasione della fashion week avrà luogo la seconda edizione dei Green carpet fashion awards Italia, organizzati da Camera Nazionale della Moda Italiana in collaborazione con Eco-Age e con il supporto del ministero dello Sviluppo economico, Ice agenzia e Comune di Milano. L'evento avrà luogo il 23 settembre al teatro alla Scala. Anche Gucci, che questa volta sfilerà a Parigi, sarà comunque presente nel calendario della Mfw con due iniziative legate al mondo della cultura previste all'inizio e alla fine della settimana della moda. Saranno 2.300 gli ospiti della mega festa organizzata da Giorgio Armani per Emporio Armani Boarding, che si svolgerà il 20 settembre all'hangar dell'aeroporto di Milano Linate. L'aeroporto, che per la prima volta ospiterà una sfilata, farà da cornice alla presentazione delle collezioni e si concluderà con la performance di una pop star internazionale. Dal 21 al 24 settembre andrà in scena una nuova edizione del salone White Milano, in zona Tortona, con espositori in crescita del 5%: 562 marchi, 375 italiani e 187 esteri, di cui 243 nuovi ingressi. Tra le novità, la presenza di Fiorucci come special guest e del designer belga An Vandervost come special project. Mipel è l'evento internazionale più seguito dai bag addicted, giunto alla 114^ edizione, dedicato alla pelletteria più importante del settore (350 brand italiani ed esteri). Super è il salone prêt-à-porter e accessori donna di Pitti immagine, arrivato alla 12° edizione. Protagoniste le collezioni di oltre 100 brand internazionali di pret-à-porter e accessori donna per la primavera-estate 2019, di cui il 50% nuovi e il 40% proveniente dall'estero. The one Milano, salone del ready-to-wear femminile e degli accessori (140 collezioni: 95 italiane e 45 straniere provenienti da 12 Paesi), sarà a Fieramilanocity ma anche in città. Micam è l'appuntamento con il salone internazionale del settore calzaturiero, leader nel mondo, promosso da Assocalzaturifici e giunto all'86° edizione. Un'occasione unica di business per i 1396 espositori, di cui 778 italiani e 618 stranieri, su una superficie di 62.267 metri quadrati, che presenteranno in anteprima le collezioni primavera-estate. Micam è una vetrina prestigiosa del made in Italy: ai marchi storici dell'alta moda italiana quest'anno si aggiungono Alv by Alviero Martini, Cerruti 1881, Fratelli Rossetti, Ferré Collezioni, Moreschi e Rodo Firenze. Paola Bulbarelli
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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