2021-09-12
Al posto della Boda il suo ex marito. Miur, parte il «repulisti» di Bianchi
Paolo Peluffo e Giovanna Boda (Ansa)
Il titolare del dicastero sta valutando procedimenti disciplinari per i funzionari coinvolti nell'inchiesta. Le indagini si allargano anche al periodo in cui l'ex dirigente era collaboratrice della ministra Maria Elena Boschi.Non vorremmo essere al posto del ministro dell'Istruzione Patrizio Bianchi, che neanche due mesi dopo il suo arrivo a Viale Trastevere, ha visto sfilare a due passi dal suo ufficio una decina di finanzieri con l'ordine di portarsi via chili di documenti ministeriali.Sotto il suo regno si è scatenato il più grande terremoto giudiziario che abbia mai colpito il Miur, almeno in anni recenti. Ma il poveretto, la principale indagata, la potentissima dirigente e presunta corrotta Giovanna Boda, non se l'era scelta. La donna, secondo l'accusa il cavallo di Troia dell'ipotetico corruttore, l'imprenditore Federico Bianchi (scherzi dell'onomastica) di Castelbianco, arrestato giovedì scorso, è stata promossa capo dipartimento per le risorse umane, finanziarie e strumentali nel gennaio del 2020 su proposta del ministro Lorenzo Fioramonti nel secondo governo Conte. Prima, dal 2012 al 2018 (salvo un trasferimento biennale, come vedremo, in un'altra struttura governativa) era stata direttore generale per lo studente, l'integrazione e la partecipazione.Ma il problema non è solo la signora. Infatti nell'indagine sono finiti diversi altri funzionari e consulenti del Miur su cui gli uomini del Nucleo speciale di polizia valutaria di Roma stanno investigando.Ieri abbiamo inviato un lungo elenco di domande allo staff di Bianchi per capire come i suoi uffici stiano reagendo alla tempesta.Ed ecco la risposta: «Il Ministero, fin dall'inizio dell'inchiesta che ha coinvolto la dottoressa Boda, ha avuto massima fiducia nell'azione della magistratura, fiducia che ribadisce anche ora, garantendo massima collaborazione con l' autorità giudiziaria». L'incipit conferma quanto alla Verità era già noto e cioè la sinergia in corso tra Miur e la procura guidata da Michele Prestipino. Con tanto di supervisione informale delle toghe negli avvicendamenti in corso al dicastero. Una fiducia nel lavoro dei pm che il seguito della nota sembra confermare: «La dottoressa Boda ha rassegnato le dimissioni in data 17 maggio 2021, dimissioni che sono state accettate». Una decisione che potrebbe avere evitato alla signora l'onta dell'arresto, come ha puntualizzato il gip nell'ordinanza che ha spedito in carcere Bianchi di Castelbianco: «Ragione (le dimissioni, ndr) anche questa per la quale non è stata anch'ella (la Boda, ndr) attenzionata dalla Procura nella richiesta cautelare». In realtà sul sito del Miur la donna compare ancora nell'elenco dei 24 manager con funzione dirigenziale generale, ma senza risultare assegnata a una specifica struttura.L'appunto dello staff prosegue specificando chi abbia sostituito l'indagata: «Il Consiglio dei ministri in data 17 giugno ha nominato il dottor Jacopo Greco, capo del dipartimento. Il giorno successivo alla nomina il Ministero ne ha dato atto sul sito istituzionale nella sezione “Amministrazione trasparente", come previsto dalla legge, e mediante apposito comunicato stampa». Il destino cinico e baro vuole che a sostituire la signora sia stato chiamato l'uomo che a quel posto ambiva da anni e che nella corsa alla poltrona era stato superato dalla rampante psicologa piemontese. Ma la vera bizzarria del fato sta in un altro particolare: Greco, il successore della Boda, sino al 2014 è stato il marito della donna. Che successivamente lo ha lasciato per legarsi sentimentalmente, lei diventata paladina di diverse iniziative per diffondere la cultura della legalità nelle scuole, a un magistrato, Francesco Testa, da maggio membro della nuova sede romana della procura europea.Nell'ordinanza di arresto si fa capire che l'uomo sarebbe stato all'oscuro dei presunti maneggi della compagna e si specifica, per sua tranquillità, che tra la Boda e Castelbianco non sarebbe mai «emersa una relazione affettiva e personale». Ma Testa, almeno in un caso, avrebbe iniziato a sospettare qualcosa, pur non avendo contezza delle centinaia di migliaia di euro che, secondo l'accusa, entravano in casa provenienti dalla casse di Castelbianco. Tanto che la Boda, quando cerca di acquistare una baita senza chiedere l'aiuto del convivente, che pure lo offre, confida al suo presunto corruttore che «il compagno gli ha detto che gli sta nascondendo qualcosa e che gli sta mentendo».Adesso lasciamo Shakespeare e torniamo al Miur. Che annuncia di avere messo in moto la macchina delle pulizie: «A seguito delle vicende di cui si è venuti a conoscenza a metà aprile il Ministero ha avviato tempestivamente tutte le iniziative di sua competenza per accertare profili di responsabilità disciplinare e adottare le misure conseguenti». Nel procedimento, del resto, sono emersi diversi legami che necessitano di un approfondimento tra dipendenti e consulenti del ministero o dirigenti scolastici e Castelbianco. Per esempio la funzionaria Evelina Roselli e l'esperto esterno Vincenzo Persi vengono citati nelle carte come «soggetti con i quali l'imprenditore manteneva rapporti qualificati». Più volte menzionato negli atti anche Leonardo Filippone per i contatti diretti con Castelbianco e per riunioni con quest'ultimo e la Boda.Sotto la lente d'ingrandimento anche alcune assunzioni di personale a disposizione dello staff dell'ex capo dipartimento che sarebbero dovute passare attraverso le società di Castelbianco. Nell'indagine è finito pure un possibile contratto per un lavoro all'interno dell'ufficio stampa guidato dalla funzionaria Alessandra Migliozzi (già dipendente di Castelbianco all'agenzia Dire). Un inquadramento diverso dagli altri e non solo per le curiose procedure esterne al Miur esplicitate al candidato. L'ufficio stampa, in effetti, è tra quelli di «diretta collaborazione» del ministro, con la sola intermediazione del capo di gabinetto.Il Miur adesso promette di mettere ordine: «Sotto il profilo amministrativo, il Ministero ha adottato le misure necessarie a garantire trasparenza e legalità della propria azione con particolare riferimento alle procedure per la gestione dei fondi destinati a finanziare iniziative progettuali che vedano il coinvolgimento delle scuole e di soggetti privati». Procedure che in tre anni avevano garantito alle società dell'imprenditore arrestato affidamenti per 23 milioni di euro, di cui 17 milioni già corrisposti. Sembra l'assicurazione che non si assisterà più a un altro caso Castelbianco.Intanto le indagini della Procura, coordinate dall'aggiunto Paolo Ielo e dirette dal pm Carlo Villani, proseguono. Entro la prossima settimana si svolgeranno gli interrogatori dei tre arrestati (Castelbianco, l'autista Fabio Condoleo, pagato per fare il tuttofare della Boda, e la segretaria della donna, Valentina Franco). Michele Novella, difensore dello chauffeur, è ottimista: «Dall'ordinanza emerge chiaramente la totale estraneità del mio assistito a qualsiasi accordo corruttivo, ove esistente, nonché la circostanza che Condoleo fosse un semplice prestatore d'opera avulso da qualsiasi interesse o tornaconto illecito».Ma le investigazioni della procura e della guardia di finanza non puntano solo al Miur. Si stanno indirizzando anche verso la precedente esperienza della Boda di capo dipartimento alle Pari opportunità, incarico ricoperto tra il 7 ottobre 2016 (con il governo Renzi) e il 28 marzo 2018 (governo Gentiloni), quando la delega su quella materia era affidata al ministro e poi sottosegretario Maria Elena Boschi, di cui la Boda era stretta collaboratrice.