2023-06-14
«Più agricoltura per contrastare le alluvioni»
Nel riquadro, Luigi Mariani (IStock)
L’esperto di agronomia e meteorologia Luigi Mariani: «Negli ultimi 100 anni in Emilia-Romagna ci sono stati molti eventi peggiori dell’ultimo. Solo che oggi sono venuti meno il governo dei boschi e la cura del territorio di chi lavora la terra. L’uomo c’entra per questo».Luigi Mariani, agronomo, insegna a Brescia e da anni studia l’impatto delle precipitazioni sui territori. Con i colleghi Gianluca Alimonti e Sergio Pinna ha pubblicato su Climatemonitor.it un interessante Commento alle piogge alluvionali che hanno colpito l’Emilia-Romagna nel maggio 2023. Che cosa avete notato?«Non abbiamo fatto niente di originale: abbiamo preso i report di un’organizzazione chiamata Servizio idrografico del ministero dei Lavori pubblici, che è stata purtroppo soppressa ai tempi del Bassanini ter. Questo servizio faceva osservazioni a livello nazionale e forniva report molto utili. Abbiamo lavorato su quei dati e abbiamo trovato che ci sono stati vari anni con episodi di precipitazioni simili o superiori a quelle verificatesi nel 2023 in Emilia-Romagna». Insomma siete andati a prendere i dati degli anni passati per capire se si è davvero trattato di un evento eccezionale come è stato detto. E ne avete dedotto che ci sono stati altri episodi.«Bisogna utilizzare quei dati pregressi, che sono di grandissimo valore perché rappresentano osservazioni fatte per decenni da persone impegnate nell’osservazione e nel controllo del territorio, per cercare di programmare il futuro. Oggi spesso si dice che è impossibile utilizzare dati del passato perché c’è il cambiamento climatico che li rende totalmente inutili. Ma non è vero. Il passato mostra situazioni ancora più estreme di quelle attuali, quindi possiamo usare quei dati come punto di riferimento per organizzare la gestione del territorio». In che anni si sono verificati eventi simili?«Abbiamo una serie di evidenze su alcune annate: 1922, 1928, 1929, 1934, 1937, 1939, 1951, 1966, 1994... Voglio anche precisare che l’ultimo evento in Emilia-Romagna è stato molto graduale, a differenza ad esempio di quello verificatosi nelle Marche il 15 settembre 2022. In quell’occasione in 4-5 ore scesero oltre 300 mm, qui invece parliamo di 200 mm in 48 ore. In Emilia-Romagna l’evento si è ripetuto due volte, uno intorno al 3-4 maggio e l’altro il 15-16 maggio, ma con intensità orarie relativamente ridotte. Vede, io mi occupo di agro climatologia e cerco di capire quali possono essere i rimedi agli effetti delle precipitazioni estreme. E di rimedi ce ne sono molti, perciò vorrei invitare tutti, e innanzitutto gli idrologi, a riflettere insieme su come evitare che in futuro succedano cose del genere».Oggi però si tende a risolvere tutta la questione incolpando il riscaldamento globale. E si pensa di risolvere tutto con la riduzione delle emissioni. «Sono perfettamente d’accordo, non dobbiamo usare il cambiamento climatico come una foglia di fico per coprire le nostre inefficienze. Non voglio apparire un demagogo che accusa politici, perché oggi è di moda, ma chi gestisce il territorio, siano essi politici o organi tecnici dovrebbe fare il proprio mestiere senza usare il cambiamento climatico come copertura. Mi pare che questa tendenza sia iniziata a fine anni Novanta o primi Duemila. In meteorologia, o comunque agrometeorologia, e nella gestione del territorio vige l’obbligazione dei mezzi. Non possiamo dire di non aver fatto nulla “perché c’è il cambiamento climatico”. Sono d’accordo sul fatto che il cambiamento climatico esista, che le temperature siano aumentate, ma sono meno convinto del fatto che ci sia stato per questo un aumento dell’intensità delle precipitazioni». Non sono diventate più intense le piogge?«Ho dati completamente discordanti rispetto a questa teoria che non ha fondamento nei numeri». È stato detto pure che un evento come quello verificatosi in Emilia-Romagna non è mai avvenuto in 20 anni. «Beh, oddio, in 100 anni ho trovato una serie di eventi simili e con intensità anche maggiori. Quindi, perché oggi abbiamo avuto danni così ingenti?».Già, perché?«La risposta è che sull’Appennino non trovi quasi più un’azienda agricola. Una volta c’erano agricoltori che sputavano sangue su quelle zolle, dove per altro si produceva pochissimo. Oggi sono tutti scappati dall’Appennino, c’è un bosco che non viene più gestito e che ora occupa quei terreni che un tempo erano agricoli. I nostri agricoltori che sputavano sangue facevano una serie di lavori che tenevano in piedi il territorio. Quegli agricoltori, che erano dei benemeriti, oggi non ci sono più, sono morti, e i loro eredi sono scappati in città perché non ne potevano più di quella vita». Quindi secondo lei l’agricoltura non è tra le cause del disastro poiché alimenta il cambiamento climatico, ma è una sorta di protezione. «Ho degli amici agricoltori che si arrabbiano tantissimo quando qualcuno impedisce loro di tagliare gli alberi perché è convinto che si debba preservare il bosco così com’è. Vogliamo iniziare a dire che il territorio deve essere gestito, che spesso il bosco non è naturale, ma è bosco ricostituito e quindi va appunto curato? Io insegno agronomia e una parte significativa del mio corso è dedicata alle sistemazioni idraulico-agrarie, è quella in cui insegno ai miei studenti come si gestisce il territorio per evitare che tutto venga giù. Sono offeso dal fatto che nessuno tiene conto di questi principi basilari e che ci raccontiamo che l’albero è un valore in assoluto che non possiamo toccare». Insomma anche sui boschi secondo lei bisogna intervenire. «Parliamo della Lombardia. Le statistiche ci dicono che il bosco, da 5,4 milioni di ettari che era nel 1910, è arrivato oggi a 11,5 milioni di ettari, quindi è aumentato del 110%. Questo bosco va gestito, è un dato di fatto».Torniamo all’acqua. Un altro dei grandi disastri che si dice siano dovuti al cambiamento climatico è la siccità. «Anche qui guardiamo i dati. Sul Nord-Ovest - parliamo del Piemonte, che è l’area clou dove si è verificata la siccità nel 2022 - abbiamo un evento che non ha precedenti nelle serie storiche, quindi è un dato assolutamente anomalo. Sul Nord-Est invece no: l’Emilia, per esempio, non ha avuto la siccità potente che ha avuto il Nord-Ovest. Anzi ci sono otto eventi peggiori di quello del 2022». Però qui il cambiamento climatico c’entra. «Può essere ma va dimostrato, perché anche questo non è un elemento da buttare sul tavolo così tanto per dire. La siccità del Piemonte io so da cosa dipende».E da cosa?«Come persona che sa leggere una carta meteorologica, dico che c’è stato un enorme anticiclone che si è piazzato a Ovest della nostra area e non ha fatto passare le perturbazioni atlantiche per circa un anno. È un’anomalia certamente potente, ma circolatoria. Collegare la CO2 all’anomalia circolatoria mi viene difficile, ecco». Lei sul peso della CO2 è scettico insomma...«La CO2 è un gas serra. Al contempo, però, è il gas della vita, quindi dobbiamo farci carico di una cosa che non è solo un inquinante, ma che è anche alla base delle nostre catene alimentari. Niente CO2, niente pastasciutta, e questa è la cosa che vorrei far capire. In un piatto di pasta da 70 grammi, quanto si fa cuocere un italiano medio come me, ci sono dentro 142 grammi di CO2. Chiaro, il fatto che stia aumentando - da 280 parti per milione, valore grosso modo raggiunto negli ultimi due milioni e mezzo di anni, nella fase interglaciale, siamo arrivati ora al valore di 400 - è sintomo di un certo squilibrio. Io dico che questo squilibrio andrebbe ripianato e so anche come farlo, solo che non mi dà retta nessuno». E come? «Il metodo è duplice. Da un lato, puntare sull’energia nucleare, che non emette un grammo di CO2. La seconda cosa fondamentale è utilizzare l’agricoltura e le foreste. Sa chi assorbe CO2? La fotosintesi, che è la chiave del sistema dell’ecosistema terrestre. Allora puntiamo sulla fotosintesi per assorbire CO2, non mettiamo in piedi pasticci vari che non stanno in piedi. Se la CO2 è davvero un problema, puntiamo sul nucleare e sull’agricoltura».Ci viene detto che l’agricoltura è responsabile di troppe emissioni...«L’agricoltura viene indicata come un grande emettitore, ma sa quali sono i dati di emissione di CO2? Prenda i dati del carbonio, se li moltiplica per quattro ottiene quelli della CO2: l’agricoltura emette 1.4-2.8, ma assorbe 11.5. Quindi emettiamo solo un quinto o un decimo di ciò che assorbiamo con la fotosintesi. Capisce il punto? La zootecnia, che viene dichiarata come grande emergenza mondiale perché starebbe distruggendo l’ambiente è essenziale per l’agricoltura. Vogliamo buttarla a mare? Ci sono milioni di persone che lavorano in questo settore. Vogliamo lasciarli tutti senza lavoro? Sono cose totalmente folli, raccontate in maniera completamente sbagliata da chi dice di voler salvare il pianeta. Io voglio salvare il pianeta, ma anche le persone che ci vivono».
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