2025-07-29
Non solo dazi e euro forte. Gli agricoltori ora temono anche l’ipotesi Mercosur
Le associazioni chiedono a Bruxelles di battersi sulle esenzioni e dare compensazioni alle filiere più penalizzate. Aprire al mercato sudamericano sarebbe il colpo di grazia.Si scrive Ue, ma si legge Germania. Ursula von der Leyen trattando con Donald Trump ha prima di tutto salvaguardato l’economia tedesca, accettando, in cambio di uno sconto consistente sulle auto (dazi che passano dal 25 al 15%), una penalizzazione dei prodotti agroalimentari. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha subito puntualizzato: sull’agroalimentare si tratta ancora. La prospettiva di dazi zero soprattutto su vino e distillati non è impossibile. La partita giocata in Scozia era essenzialmente un quadrangolare: Usa e Ue con Germania e Italia, visto che i tedeschi vendono agli americani per oltre 160 miliardi e noi per 65. Si tratta in larga misura del nostro agroalimentare che spedisce agli americani per 7,9 miliardi di euro. Siamo il primo partner europeo per gli Usa, anche se il mercato americano per noi è solo l’11,5%. Gli americani amano i nostri prodotti al punto che – indagine Centromarca – chi compra il tricolore, anche in presenza di aumenti, al 47% non abbandona i nostri prodotti, che sono ritenuti sinonimo di qualità e salubrità assoluta. Gli Usa assorbono quasi un quarto delle nostre esportazioni di vino (si arriva al 30% per le etichette Doc e Docg), il 30% dell’olio extravergine d’oliva spedito oltre confine, per il Pecorino romano (in gran parte prodotto in Sardegna) e per il sidro (fatto con le mele del Nord-Est) quello Usa è un mercato che vale il 65% delle esportazioni, mentre per i formaggi gli americani sono un cliente al 12% e per i salumi circa all’8%, per la pasta siamo il primo fornitore estero (12% delle esportazioni). Ciò detto anche se il 2024 è stato un anno record per l’export agroalimentare (aumento dell’8,5%, fatturato di 68,5 miliardi e per la prima volta abbiamo un avanzo di quasi un miliardo e mezzo nella bilancia commerciale: abbiamo venduto più quello che abbiamo comprato), la batosta dei dazi al 15% mette in allarme tutti. Oltre alle tariffe doganali ci sono altri due fattori. Il primo è la svalutazione competitiva del dollaro, che carica di un altro 13% il prezzo finale; il secondo fattore si chiama Von der Leyen, che sempre inseguendo le condizioni di maggior favore per la Germania potrebbe precipitarci in un accordo disastroso per l’agroalimentare: il Mercosur. Paolo Gentiloni – ex commissario all’Economia Ue, ora impegnato in una possibile scalata alla segreteria del Pd e difensore di un’idea di Europa che si è mostrata con Trump debolissima – insiste nel dire che l’Italia deve rimuovere il veto sul Mercosur. È una partita che assomiglia molto a quella del Mes. Il presidente della Commissione Ue cerca di recuperare altrove ciò che rischia di perdere in Usa. Ma come ha dimostrato il recentissimo fallimento delle trattative in Cina, è un’ipotesi ambiziosa. Uno studio dell’Ispi condotto da Matteo Villa stima un impatto dei dazi Usa sull’economia italiana pari allo 0,17% del Pil, al di sotto della media Ue (0,21) e della botta per i tedeschi (0,29). In questo studio, però, il dato più interessante riguarda la deviazione commerciale. Significa che si cerca di importare da Paesi più deboli sviluppando accordi doganali tra simili. La speranza di Ursula von der Leyen di usare il Mercosur come alternativa agli Usa si vanifica e quella di usare la Cina diventa addirittura una chimera (l’indice di diversion del Mercosur è di 36, quello della Cina addirittura di 100 su 100). Tornando all’agroalimentare la preoccupazione è diffusa. A partire dal vino. Lamberto Frescobaldi (Unione Italiana Vini) stima in almeno 317 milioni di euro l’impatto negativo, il Consorzio del Brunello di Montalcino teme di perdere il 40% dell’export, Franco Morando di Montalbiera dice che c’è preoccupazione per i vini di fascia media, Marco Caprai teme una contrazione di mercato per le etichette premium del 20%. Lo stesso premier Giorgia Meloni ha detto: «Bisogna verificare quali sono le possibili esenzioni, in particolar modo su alcuni prodotti agricoli». Una speranza che hanno i produttori di olio extravergine; per Anna Cane di Assitol «i dazi al 15% sono sostenibili, preoccupa la svalutazione del dollaro». Anche per i formaggi c’è la speranza di arrivare a tariffa zero, anche perché il 15% assorbe i dazi già presenti. Tanto Ettore Prandini, presidente di Coldiretti, quanto Luigi Scordamaglia, ad di Filiera Italia, rilevano che «l’accordo al 15% è migliorativo delle prospettive peggiori. Tuttavia il nuovo assetto tariffario avrà impatti differenziati tra i settori e deve essere accompagnato da compensazioni europee per le filiere penalizzate anche considerando la svalutazione del dollaro. Dobbiamo capire bene i termini dell’accordo e leggere la lista dei prodotti agroalimentari a dazio zero sui quali ci auguriamo che la Commissione Ue lavori per far rientrare, ad esempio, il vino che altrimenti sarebbe pesantemente penalizzato». Da tutto il mondo agricolo si levano preoccupazioni. Raffaele Drei di Fedagripesca Confcooperative è preoccupato anche per l’impatto sul mercato interno e invoca: «Si continui a lavorare sulla lista dei prodotti a dazio nullo per includere prodotti come vino e formaggi». Sotto traccia la preoccupazione maggiore è per il Mercosur. Se Von der Leyen apre le porte significa far arrivare solo dal Brasile 9 miliardi di agroalimentare a dazio zero senza reciprocità negli standard di qualità, sanitari e ambientali. Dice Vincenzo Gesmundo, segretario generale di Coldiretti: «Dobbiamo lavorare contro l’Italian sounding e insistere sulla reciprocità». La partita dei dazi per l’agroalimentare si decide ai supplementari.
«Petra Delicato» (Sky)
La terza stagione della serie con Paola Cortellesi (Sky, 8 e 15 ottobre) racconta una Petra inedita: accanto alla sua solitudine scelta, trovano spazio l’amore e una famiglia allargata, senza rinunciare al piglio ironico e disincantato.