2023-09-03
«Così affondo il bisturi nei gialli italiani»
Il patologo forense Francesco Introna (che compare col suo nome nella fiction «Le indagini di Lolita Lobosco») ha effettuato in carriera oltre 2.000 autopsie: «Non bisogna farsi prendere dall’emozione, ma davanti al cadavere di un bimbo mi è capitato di piangere».Come Marcella Farinelli Fierro, diventata Kay Scarpetta nei noir di Patricia Cornwell, capace di risolvere, attraverso le sue autopsie, casi di omicidio, anche Francesco Introna, detto Franco, professore ordinario di Medicina legale all’università di Bari, ha uno status nella fiction. È il medico legale che appare, con il suo nome anagrafico reale, nella serie di Rai 1 Le indagini di Lolita Lobosco, vicequestore di Bari, ispirata ai romanzi di Gabriella Genisi.Il patologo forense, nato a Bari nel 1955, di autorevolezza internazionalmente riconosciuta, ha svolto consulenze giudiziarie per i più complessi casi di cronaca nera degli ultimi anni. Quella più celebre ha riguardato l’accertamento di cause ed epoca di morte di Elisa Claps, la studentessa sedicenne scomparsa il 12 settembre 1993, ritrovata assassinata, il 17 marzo 2010, nel sottotetto della chiesa della Santissima Trinità a Potenza, su cui Rai 1 ha realizzato un ciclo di 3 puntate, in onda dal 24 ottobre 2023.Ha inoltre periziato i cadaveri di Luca Orioli e Marirosa Andreotta, i «fidanzatini di Policoro», trovati morti in una stanza da bagno nel 1988, della bambina di 9 anni Maria Ungureanu, rinvenuta esanime nel 2016 in una piscina nella provincia di Benevento, dei fratellini Francesco e Salvatore Pappalardi, 13 e 11 anni, spariti il 5 luglio 2006 a Gravina di Bari, le cui salme furono individuate in fondo a un pozzo nel 2008, e vari altri. Gli scrittori di gialli lo inseguono per strappargli una storia o chiedendogli di verificare la pertinenza delle loro ricostruzioni.Nel suo percorso professionale, quante autopsie ha condotto? «Credo oltre 2.000, considerando che ne ho fatte circa un migliaio negli Stati Uniti, tutte documentate».Il suo primo esame autoptico che caso riguardava? «Me lo ricordo benissimo, perché la prima autopsia è come il primo amore, non si scorda mai. Risale al luglio 1979. Si trattava di un incidente stradale».L’autopsia a fini giudiziari è obbligatoria? «È obbligatoria nel momento in cui viene disposta dal magistrato. Nessuno può opporsi. Se il magistrato non la dispone può essere chiesta dalle parti interessate. L’autopsia giudiziaria si effettua in tutti i casi di sospetto reato, come omicidi, errori professionali, omicidi colposi. Il riscontro diagnostico è pur sempre un’autopsia ma viene fatta in ambito ospedaliero per cercare o avallare una diagnosi di un paziente ricoverato con morte improvvisa. Io non sono un autopta spinto, ma ritengo che non debba sussistere il benché minimo dubbio, considerando che esistono un secondo e terzo grado di giudizio».Un cittadino può chiedere a un legale di convalidare la sua volontà di non essere sottoposto ad autopsia? «Il corpo di un individuo non è di chi lo abita, né dei parenti. È gestito dallo Stato. L’individuo può dichiarare ciò che vuole, ma se è attinto da una sventagliata di Kalashnikov, il magistrato potrà disporre l’autopsia. In caso di riscontro ospedaliero, il soggetto può invece lasciare volontà di diniego». Quanto tempo richiede l’espletamento di una perizia? «Dipende da chi la fa. I casi più complicati, in genere, richiedono non più di 4-5 ore. Per la consegna della relazione scritta definitiva, normalmente ci sono concessi 60 giorni». Dopo gli interventi sul cadavere, esso viene ricomposto? «Perfettamente. Se il settòre è bravo, esegue un taglio per cui, con il cadavere vestito, nessuno si accorge che ha subito un’autopsia. È un’azione chirurgica, che prevede il prelievo degli organi, poi reimmessi. In ogni caso si deve agire in maniera tale che non ci sia mai la necessità di riesumare il cadavere. Abbiamo il massimo rispetto della salma. Il dottor Thomas Noguchi (eseguì l’autopsia sul corpo di Marilyn Monroe, ndr), che conobbi nel mio internato a Los Angeles, prima di un’autopsia s’inginocchiava davanti al cadavere e pregava».Entro quanto tempo dal decesso si può ottenere il massimo delle informazioni utili? «Dipende dalla causa di morte. Se il soggetto è stato sparato, possiamo vedere le lesioni di arma da fuoco a distanza di anni, anche su cadaveri mummificati e su resti scheletrici. Se il soggetto è morto per un sospetto errore professionale, ad esempio un intervento sul pancreas non riuscito come ci si attendeva, ogni ora che passa è dannosa».Chi segue le cronache del crimine sa che è importante l’analisi dei residui alimentari nello stomaco del morto. «L’analisi dei resti alimentari ci serve per la determinazione dell’epoca della morte. Vi abbiamo ricorso per il caso dei fratellini di Gravina, trovati dopo due anni e mezzo, parzialmente mummificati e scheletrizzati. Abbiamo analizzato il contenuto gastrico per uno dei due, e del transito intestinale. Non è vero che se un cadavere è decomposto e scheletrizzato non si vede niente. Io dico sempre che il cadavere decomposto è il “ponte dell’asino” del medico legale. Facile è fare un’autopsia su un cadavere fresco, difficile in uno in decomposizione, difficilissimo su resti scheletrici e mummificati».Si può stabilire se la vittima ha subito violenza sessuale? «Dipende. Esistono violenze sessuali non oggettivamente documentabili. Se una donna adusa al coito viene violentata è difficile che presenti lesioni. Ci possono essere lesioni diverse, da picchiamento, o contusive, non solo in regione genitale. Poi si fanno gli esami istologici, si vede se ci sono micro-emorragie o ferite lacero-contuse a livello genitale, soprattutto se la violenza è su minori o minorenni. Il quadro è vario. Se si sospetta violenza sessuale su minore, siamo in grado di poterla riscontrare».Quali i margini di approssimazione nello stabilire l’ora del delitto? «Innanzitutto l’epoca del delitto è diversa da quella della morte. Noi rispondiamo sull’epoca della morte. Tanto più recente è la salma, tanto maggiore può essere la precisione. Tanto più il cadavere si decompone, tanto più la forchetta si amplia. Per gli sparati normalmente corrisponde».Una perizia medico-legale può rivelarsi decisiva per la scoperta dell’autore del crimine? «Assolutamente sì. Invece, se fatta da persone senza esperienza, può risultare deleteria. Sa quanti s’improvvisano e forniscono risposte che lasciano il tempo che trovano?».Lei ha periziato i resti di Elisa Claps. «Quella su Elisa Claps è stata una perizia, senza falsa modestia, risolutiva. Abbiamo stabilito la causa di morte, i segni delle 13 coltellate, che l’aggressore si trovava alle spalle della vittima ed è intervenuto in un secondo momento per la recisione di capelli, che l’omicidio è avvenuto in luogo diverso, nel settotetto, rispetto a dove è stata trovata la salma, che ci sono stati interventi successivi nella rimozione delle tegole, che il cadavere si è decomposto nel posto in cui è stato trovato… Abbiamo stabilito tutto. Siamo anche andati in Inghilterra quando c’è stato il processo a Danilo Restivo».E il bottone raccolto in quel sottotetto? «Sì, il bottone rosso di un abito talare (ecclesiastico, ndr). Lo trovai io. La domanda “a chi fosse appartenuto?” è per il magistrato».Per il caso Meredith Kercher, uccisa a Perugia nel 2008, è stato consulente di Raffaele Sollecito, poi prosciolto dalle accuse, come Amanda Knox. Ancora difficile comprendere la dinamica del delitto. Rudy Guede, in carcere, si proclama innocente. «Ciascuno, di se stesso, può dire ciò che vuole. A me non interessa chi sia il colpevole, ma la corretta analisi del dato oggettivo sul cadavere. Il coltello usato non poteva essere di 33 centimetri, come tutti asserivano, ma soltanto di 8, ci sono i segni del manico sul collo, non ci sono segni di afferramento». Fu una sola persona a ucciderla? «Secondo me sì».Subì violenza sessuale? «Non c’era segno di violenza sessuale, se non una piccola escoriazione, a “ore sette”».Dal 2000 al 2010 è stato perito ufficiale della Congregazione delle cause dei santi, presso il Vaticano. Come si è sentito di fronte alla presa d’atto dell’inspiegabilità scientifica di una guarigione? «Perfettamente normale. Non sono un confessionale, guai a esserlo».Perché dopo il decesso di papa Albino Luciani, non fu disposta l’autopsia? «Parlo solo dei miei casi. Se non hanno fatto l’autopsia a papa Luciani vuol dire che avranno avuto il motivo per non farla».A distanza di anni dal decesso, un’autopsia può stabilire se un individuo è deceduto per avvelenamento? «Sicuramente, nei limiti del possibile. È ovvio che uno cerca ciò che sa. Se cerco l’arsenico, devo analizzare i capelli. Se cerco un veleno che si deposita nella struttura ossea, lo devo cercare nelle ossa».Lei si occupa d’identificazione delle vittime di mass disaster, come naufragi e incidenti ferroviari. Come reagisce di fronte al raccapriccio di corpi straziati? «Mi dà molto fastidio dover fare le autopsie sui bambini. Inoltre, per il riconoscimento delle vittime, nel contatto con i parenti s’introita una quantità incredibile di dolore. Siccome sono un essere umano e non una macchina, durante il riconoscimento delle 57 vittime dell’affondamento della Katër i Radës nel canale d’Otranto (1997, ndr), avevo gli occhiali da sole perché piangevo».Può accadere a un medico legale di sentirsi male davanti a una salma deturpata o decomposta? «Certo, può accadere, ma io non ne ho mai visti, né è successo a me. Capita invece a studenti che vogliono assistere ad autopsie e poi mi cadono come pere mature, quindi prima dobbiamo trattare gli studenti e poi fare le autopsie».Che idea ha su cosa possa esistere oltre la morte corporea? «Questi sono fatti personali che non hanno niente a che vedere con la medicina legale. Ognuno ha il suo credo».
Bologna, i resti dell'Audi rubata sulla quale due ragazzi albanesi stavano fuggendo dalla Polizia (Ansa)