Il partito nazionalista segna il record e contende il primo posto alla Cdu. Uno scenario che mostra la spaccatura del Paese e con cui dovranno fare i conti i gruppi europei.
Il partito nazionalista segna il record e contende il primo posto alla Cdu. Uno scenario che mostra la spaccatura del Paese e con cui dovranno fare i conti i gruppi europei.Uno spettro si aggira sulle prossime elezioni europee: quello dell’Afd. Il partito nazionalista tedesco sta infatti notevolmente crescendo nei sondaggi. Secondo Prognos, tale schieramento sarebbe addirittura primo con il 25% dei voti, seguito dalla Cdu al 23% e dalla Spd al 12%. È pur vero che alcuni contestano questo sondaggio. Tuttavia, stando a Politico, l’Afd - a livello nazionale - risulterebbe attualmente al 23% e sarebbe secondo dietro la Cdu, che viene data al 32%, mentre i socialdemocratici si piazzerebbero terzi al 15%. Risultato simile nella rilevazione di YouGov, dove l’Afd raggiunge il 24%. Se tali dati fossero corretti, si tratterebbe di un balzo di dieci punti rispetto alle elezioni federali del settembre 2021, quando il partito nazionalista aveva preso il 10,3% dei consensi. Non solo. Politico ha anche riportato che l’Afd è attualmente in testa nei sondaggi in quasi tutti i Länder della Germania orientale. La forte crescita di questo partito è quindi fuori discussione. L’Afd è ormai diventata una forza di primo piano. E la strategia della conventio ad excludendum non sembra ormai una strada granché praticabile. Già la tentò ai suoi tempi Angela Merkel e non diede grandi frutti. D’altronde, il fallimento di una simile linea si fonda su un (parziale) precedente della storia politica tedesca. Tra gli anni ’70 e ’80 del XIX secolo, l’allora cancelliere Otto von Bismarck perseguì una politica di persecuzione dei socialisti, che ebbe come unico effetto quello di rafforzare questi ultimi. L’Afd si sta non a caso fortificando grazie alla strategia del «cordone sanitario», nonché sfruttando la crescente impopolarità del governo di Olaf Scholz (soprattutto per quanto riguarda le proteste messe in atto dagli agricoltori). Non è d’altronde un caso che la roccaforte dell’Afd continui a rivelarsi soprattutto la Germania orientale: un’area in cui si registrano i maggiori problemi di carattere socio-economico. Senza poi dimenticare l’immigrazione. Secondo Euractiv, la Cdu avrebbe recentemente chiesto a Scholz di avviare una stretta sulle politiche di asilo, proprio per evitare un ulteriore rafforzamento dei nazionalisti. Insomma, piaccia o meno, l’Afd sta diventando uno schieramento ineludibile. E questo non vale soltanto per la politica interna tedesca. Non dimentichiamo infatti che a giugno si terranno le elezioni europee. E che l’Afd fa parte di Identità e democrazia. Per ora, proprio l’Afd sembrerebbe rappresentare il principale ostacolo a una coalizione europea di centrodestra che raccolga Id, Ecr e Ppe. «Noi non faremo mai un’alleanza con Afd e con la signora Le Pen», ha detto Antonio Tajani a dicembre. Di «distanze insormontabili» con questo partito ha anche recentemente parlato Giorgia Meloni. Ora, sicuramente l’Afd presenta degli aspetti piuttosto controversi. È inoltre vero che alcune sue posizioni in politica internazionale potrebbero rivelarsi problematiche, se si volesse costruire una nuova maggioranza europea che non includa il Pse. L’Afd è storicamente su una linea piuttosto morbida nei confronti della Russia. E questo ovviamente a Washington piace poco. Dall’altra parte, va però tenuto presente che, nel panorama politico tedesco, i nazionalisti non sono gli unici a mostrarsi teneri con Mosca. La Merkel, che è una storica esponente dell’ala sinistra della Cdu, da cancelliera ha rafforzato i legami della Germania tanto con Mosca quanto con Pechino e ha difeso a spada tratta il gasdotto Nord Stream 2. Inoltre, il socialdemocratico Scholz ha condiviso questa linea, perché fu vicecancelliere nell’ultimo governo della stessa Merkel. Del resto, non è un mistero che la Spd intrattenga storicamente buoni rapporti con la Russia (il caso di Gerhard Schröder è eclatante). E questo certo a Washington non sfugge. Forse non a caso, a luglio, Friedrich Merz, esponente dell’ala destra e filoamericana della Cdu, aveva ventilato forme di collaborazione con l’Afd. Certo: la sua apertura scatenò un putiferio, che portò lo stesso Merz a fare marcia indietro. Tuttavia, quella posizione testimonia che è in corso un dibattito in seno alla Cdu. Inoltre gli Usa non apprezzano granché il fatto che, oltre ai suoi pregressi legami con Mosca, il Pse non sembri neppure troppo ostile a Pechino: quel Pse di cui la Spd costituisce uno dei principali pilastri. Chissà quindi che gli americani alla fine non diano la benedizione a una nuova maggioranza europea senza socialisti: una maggioranza che non potrebbe a quel punto non avere al suo interno l’Afd.
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