
Così la società continua a comprimere infanzia e terza età per relegarci tutti a un'adolescenza permanente, in cui l'unica legge è quella del consumo. Corpi in vendita come le minorenni di «Baby», anime in vetrina come le nostre vite sui social network.Assistiamo a due fenomeni apparentemente contraddittori, ma in fondo perfettamente compatibili. Anzi, a essere più precisi si tratta di manifestazioni diverse della medesima tendenza. Da una parte, gli occidentali diventano adulti sempre più velocemente; dall'altro diventano vecchi sempre più tardi. Qualche giorno fa, l'agenzia Ansa ha battuto una notizia interessante: «Da oggi», ha scritto, «la popolazione italiana può considerarsi più giovane: si è ufficialmente “anziani" dai 75 anni in su. La svolta arriva dal congresso nazionale della Società italiana di gerontologia e geriatria (Sigg) che si tiene a Roma». La soglia della terza età si è spostata ancora più avanti. Secondo Niccolò Marchionni, professore ordinario dell'Università di Firenze e direttore del dipartimento cardiovascolare dell'Ospedale Careggi, «un sessantacinquenne di oggi ha la forma fisica e cognitiva di un quaranta-quarantacinquenne di 30 anni fa. E un settantacinquenne quella di un individuo che aveva 55 anni nel 1980». Sicuramente il fatto che l'aspettativa di vita sia aumentata è una bella notizia, così come conforta sapere che a 70 anni si può essere ancora in forma smagliante. Qui, però, non ci sono in ballo soltanto questioni mediche, non si parla soltanto di salute e di benessere fisico. La comunicazione della Società italiana di gerontologia e geriatria ha implicazioni che sono soprattutto culturali e persino politiche. Prima di esaminarle, però, affrontiamo un momento l'altro aspetto della faccenda. Se la soglia della vecchiaia si è spostata in avanti, quella dell'infanzia è clamorosamente arretrata. A mostrarlo bene è Baby, la serie televisiva appena presentata da Netflix che racconta delle baby squillo di Roma. Ragazzine minorenni che vendono il proprio corpo, che si atteggiano e si vestono come adulte e, proprio come adulte, sanno approfittare del desiderio maschile. Sono praticamente delle bambine, ma riescono a manipolare come predatrici. Intendiamoci: il cinema e la televisione da tempo immemore si baloccano con Lolita e le sue sorelline. Ma, negli anni, qualcosa è cambiato a livello sociale. A precorrere i tempi fu Thirteen, un film del 2003 diretto da Catherine Hardwicke. Mostrava la rapida trasformazione di due tredicenni: da bimbe acqua e sapone a piccole streghe con perizoma a vista. Non si tratta di crescita precoce. Le ragazze di Thirteen e di Baby non diventano davvero adulte. Restano bambine, ma cominciano a maneggiare il desiderio come adulte. Diventano precocemente consumatrici e oggetti di consumo. Sono le figlie dell'era del desiderio sfrenato, per cui si offrono, si mettono a disposizione sul mercato del sesso allo scopo di ottenere dei benefici. È un meccanismo che non riguarda soltanto le baby squillo. Dietro l'ipersessualizzazione c'è, appunto, una logica di consumo che riguarda anche le normali coppiette di adolescenti. Ne parla lo psichiatra Gustavo Pietropolli Charmet in Narciso innamorato. Un tempo, spiega, nelle relazioni amorose «era il soggetto che doveva mettersi al servizio della coppia, il che significava al servizio dell'altro, in modo reciproco nei casi fortunati, altrimenti si doveva accettare il valore del sacrificio». Ora funziona diversamente: «La coppia non nasce in rapporto alla quantità e qualità dei sacrifici che i due contraenti accettano di effettuare per santificare la nascita della nuova istituzione: la coppia è al servizio di ambedue e nessuno deve sacrificare proprio nulla». Si sta in coppia perché ci si guadagna, insomma. Si hanno rapporti sessuali o si stuzzica il desiderio per avere qualcosa in cambio. Consumatori che diventano oggetti di consumo. Da un lato, i bambini e le bambine diventano adulti troppo presto. Dall'altro, però, non crescono mai: rimangono adolescenti fino a quando non divengono anziani, cioè a 75 anni. Tutte le altre fasi della vita sono come annullate, cancellate. Massimo Ammaniti, nel suo nuovo libro, parla di «adolescenti senza tempo» e spiega che «nel nostro tempo, l'adolescenza si dilata oltre i vent'anni, a volte sembra addirittura interminabile». Tanto che, forse, a definire l'adolescenza non è più l'età dei singoli, quanto piuttosto un insieme di comportamenti. Si può essere adolescenti a 15 come a 35 anni. Siamo sempre alle prese con lo stesso gioco: consumare ed essere consumati. Il bambino che diventa adulto presto può iniziare a comprare vestiti, prodotti, trucchi. E se i genitori non hanno soldi, arriva persino a prostituirsi per procurarsi il denaro. Magari è una prostituzione nuda e cruda, che comporta la vendita materiale del corpo. O altrimenti è una prostituzione dell'anima: si vende il proprio tempo, la propria immagine, la propria vita privata sui social network. D'altra parte, l'adulto che non deve invecchiare mai può continuare a comprare prodotti di bellezza (gli stessi dei suoi figli, come i vestiti), continua a tenersi in forma per essere sempre efficiente e non c'è nemmeno bisogno che vada in pensione. Se sei anziano a 75 anni, puoi lavorare almeno fino a 74, no? Bambini per pochissimo, anziani per pochissimo, adolescenti per sempre. Sospesi in un limbo di belle cose di cattivo gusto con cui riempirsi l'esistenza. Schiavi del desiderio proprio e altrui. Consumatori e consumati. Più consumati, però.
Robert Redford (Getty Images)
Incastrato nel ruolo del «bellone», Robert Redford si è progressivamente distaccato da Hollywood e dai suoi conformismi. Grazie al suo festival indipendente abbiamo Tarantino.
Leone XIV (Ansa)
Nella sua prima intervista, il Papa si conferma non etichettabile: parla di disuguaglianze e cita l’esempio di Musk, ma per rimarcare come la perdita del senso della vita porti all’idolatria del denaro. E chiarisce: il sinodo non deve diventare il parlamento del clero.