2018-11-19
50.000 posti letto insicuri. Con il sisma si rischia una strage negli ospedali
«La Verità» svela una rapporto choc del ministero della Salute: il 34% dei ricoverati è in pericolo. E il conteggio è parziale: non ancora effettuato il 46% delle verifiche.Il 34% dei posti letto negli ospedali sottoposti a verifica in zone a rischio sismico non è in sicurezza e avrebbe bisogno di interventi di ristrutturazione per essere messo a norma. In particolare, nelle aree dove è più alta la probabilità che ci siano scosse con effetti disastrosi (classificate come zone sismiche 1 e 2), circa 15.500 posti letto difficilmente potrebbero uscire indenni da un terremoto. Nelle aree meno pericolose quelli a rischio sono quasi 32.000. Quasi 50.ooo posti letto sono dunque in pericolo e si tratta di dati parziali. Le verifiche di vulnerabilità sismica infatti marciano a rilento. Nonostante il primo provvedimento legislativo risalga al 2003, quindi ben 15 anni fa, nelle zone d'Italia più pericolose deve essere esaminato ancora il 46,06% dei presidi sanitari. Il che vuol dire che si ignora la capacità di resistenza al terremoto di circa la metà del patrimonio ospedaliero delle aree più esposte.Solo il 32,90% è stato monitorato e, nella quasi totalità, richiederebbe lavori antisismici. D'altronde il grosso degli edifici ospedalieri risale ai primi anni Cinquanta, quando i criteri di costruzione in territori a rischio erano meno avanzati. Inoltre, negli anni, è mancato un piano di ristrutturazione e gli interventi sono stati fatti in modo estemporaneo, sull'onda delle emergenze, quando scoppiava un caso eclatante. È questo lo scenario che scaturisce da una ricognizione effettuata dal ministero della Salute e che La Verità è in grado di anticipare. Balza agli occhi che proprio le Regioni con una storia di grandi e gravi disastri sismici - come la Campania, la Sicilia e la Calabria - sono più indietro con le verifiche. Una lentezza pericolosa se si considera, come detto, che si richiederebbero quasi ovunque interventi di adeguamento per la sicurezza. Ad eccezione dell'Emilia Romagna e del Molise, che hanno completato le verifiche di vulnerabilità, e del Friuli, che è in dirittura d'arrivo, il Centro Italia e il Sud procedono a passo di lumaca.Le tabelle che qui pubblichiamo sono la sintesi dei dati pervenuti al Ministero dalle Regioni. Come si vede, il territorio è stato classificato in zone sismiche 1- 2 e 3-4. Le prime due indicano aree dove è molto alta la probabilità che si verifichino forti terremoti. Nella zona 3 il rischio di scosse importanti è più basso mentre la 4 è la meno pericolosa. Soprattutto il Centro Italia è ampiamente presente nella prima scheda; dopo gli eventi disastrosi di due anni fa, la terra continua a tremare quasi quotidianamente in modo più o meno percepibile. Il nostro Paese ha una lunga storia di eventi tellurici e di tempo per adeguare le strutture pubbliche c'è n'è stato in abbondanza. La prima norma (una Ordinanza della presidenza del Consiglio) risale al 2003 e obbligava le Regioni ad effettuare una valutazione dello stato di sicurezza sismica degli edifici pubblici di interesse strategico, tra cui rientrano anche le strutture sanitarie. Tutto doveva essere completato in 5 anni. La scadenza, priva però di sanzioni, fu in larga maggioranza disattesa e presto dimenticata. L'obbligo di eseguire le verifiche è stato più volte posticipato fino a fissare definitivamente la scadenza al 31 marzo 2013.A luglio dello scorso anno il ministero della Salute ha voluto fare il punto con le amministrazioni sullo stato di avanzamento delle verifiche, e ha chiesto di concludere gli esami al più presto. Il monitoraggio è infatti importante per la programmazione annuale e triennale dei lavori pubblici. Senza il risultato delle verifiche non si può intervenire sul patrimonio sanitario. Soltanto per gli edifici situati nella zona 4, a più basso pericolo, non c'è l'obbligo della progettazione antisismica.Come è possibile vedere dalle tabelle, la gran parte delle Regioni è molto indietro nei controlli.Nelle prime due zone ad altissimo rischio sismico (1 e 2) su un totale di 49.395 posti letto, è emerso che, per la percentuale verificata, 15.500 posti letto sono a rischio. Come detto, va ancora fatto il 46,06% dei controlli. Solo il 21% dei presidi non ha bisogno dell'intervento dei tecnici. Una quota molto bassa che indica come la maggior parte del patrimonio sanitario sia esposto alle scosse. Se guardiamo i dati relativi alle zone 3 e 4 (quelle meno pericolose) scopriamo che le verifiche sono state eseguite su circa il 46,95% dei presidi sanitari e resta da coprire il 40,35%. Trattandosi di aree meno esposte ai terremoti, il 75% delle strutture non necessita di un check. Su circa 91.000 posti letto, quelli verificati sono risultati per circa il 35% poco sicuri, pari a circa 32.000 posti letto.Andando ad esaminare le singole Regioni, nelle zone sismiche 1 e 2 spiccano i dati di Calabria, Campania e Sicilia che sono notoriamente le più sismiche d'Italia per frequenza e intensità dei terremoti. Ebbene scopriamo che il pericolo costante non ha indotto le amministrazioni ad essere più scrupolose.La Calabria ha la maggiore percentuale (l'84,25%) di verifiche da effettuare. Ne ha fatte solo il 15,2%. Dai controlli è emerso che 571 posti letto sono a rischio. Quasi tutte le strutture avrebbero bisogno di interventi. Infatti solo lo 0,3% dei presidi non ha bisogno di un check. Questo indica il grado di rischio sismico dei suoi 3.756 posti letto.Al secondo posto per inadempienza è la Campania con il 79,69% delle strutture sanitarie da verificare. I tecnici sono intervenuti solo sul 6,48% del patrimonio e dalle strutture analizzate emerge che 576 posti letto dovrebbero essere messi in sicurezza. La Campania ha il maggior numero di posti letto (11.689) in zone ad altissimo rischio sismico e solo il 13,83% dei presidi non ha bisogno di verifiche. Al terzo posto di questa classifica dell'inerzia , è la Sicilia. Sono ben il 60,66% le verifiche da eseguire. Ne ha fatte solo il 22,78%. Anche in questa regione è bassa la percentuale degli edifici che non necessitano di un check (il 16,57%). La Sicilia è seconda dopo la Campania per posti letto (7.090) in aree ad alta pericolosità. Lì dove sono stati effettuati i controlli è venuto fuori che 1.416 posti letto sono a rischio.Anche le Marche che sono state martoriate dalle forti scosse di due anni fa, segnano il passo. Da effettuare il 46,69% dei controlli. Ne hanno fatti il 45,36%. La Regione si colloca, per numero di posti letto (6.209) nelle zone ad alto rischio, subito dopo la Sicilia. Il che richiederebbe una maggiore attenzione e velocità nel diagnosticare lo stato di salute del patrimonio ospedaliero. Il check fatto ha diagnosticato che 2.284 posti letto non sono sicuri.Seguono, in questa classifica delle Regioni più lente, Basilicata, Toscana e Lazio. La prima deve effettuare il 42,68% delle verifiche, la Toscana il 40,07 e il Lazio il 35,25%. L'Abruzzo, nello scenario disastroso del centro-sud, se la cava con il 33,85% da farne. Sia Basilicata che Abruzzo non hanno posti letto che possano dirsi sicuri al cento per cento. Tutti devono essere controllati. La prima ha 629 posti letto a rischio è la seconda 751.Le più virtuose risultano Veneto, Puglia, Molise ed Emilia Romagna che hanno completato la ricognizione, il Friuli che è a buon punto con il 3,76% da fare, l'Umbria (4,07%) e la Lombardia (4,68%). Anche se per quest'ultima il 64% dei presidi non richiedeva verifiche. In Emilia Romagna i posti ospedalieri sui quali intervenire sono circa 2000, in Molise 426 e in Puglia 513.Per le strutture poste in zone classificate come sismiche ma dove le probabilità di scosse sono basse, (cioè 3 e 4) fanalino di coda è sempre la Sicilia che non ha nemmeno cominciato le verifiche. Sui 404 posti letto che rientrano in questa area di rischio, non è stato fatto alcun controllo. Si confermano le più veloci l'Emilia Romagna, il Molise e l'Umbria con il 100% dei controlli eseguiti. In Emilia è emerso che quasi 6000 posti ospedalieri andrebbero ristrutturati; in Molise sono 198 e in Umbria 175. Completata l'operazione anche in Valle d'Aosta dove quelli su cui intervenire sono 406. Calabria, Marche e Basilicata non hanno strutture in queste aree a minor probabilità di terremoti. Il quadro che ne esce è drammatico eppure stupisce che non sia scattata quella polemica accalorata che abbiamo visto invece attorno al tema dei vaccini che comunque è un argomento spinoso. Peraltro la ricognizione del ministero della Salute e il pressing sulle Regioni affinché si mettano in regola rischiano di cadere nel vuoto. Mancano le sanzioni e soprattutto la lentezza potrebbe nascondere un calcolo: far emergere quali sono gli ospedali poco sicuri in caso di terremoti, significa dover intervenire e aprire voci nel bilancio. Per molte amministrazioni è troppo forte la tentazione di restare nel limbo. E magari poter dire, qualora succeda il dramma: «Noi non sapevamo».