2025-01-03
2025: l’anno dei rimpatri
Non solo The Donald, la svolta pro frontiere passa da Cassazione, Germania, Regno Unito e (forse) Ue. Ormai i danni dell’immigrazione incontrollata sono una realtà inesorabile in tutto l’Occidente. Chiudere le porte e mandare a casa clandestini e delinquenti diventa una scelta obbligata a destra e sinistra. A parte per chi non vuol vedere.Il 2024 si è chiuso con una sentenza della Cassazione a suo modo storica perché, dopo molti pronunciamenti creativi da parte di altri magistrati, la Suprema corte ha messo in chiaro come la definizione di Paese sicuro, verso cui rispedire aspiranti profughi che non abbiano i requisiti per essere considerati tali, non spetti ai giudici ma al governo. Un punto fermo, contro la strategia di sabotaggio delle politiche di contenimento dell’immigrazione clandestina. Ma se negli ultimi giorni dell’anno è giunta una parola definitiva su una questione che rischiava di aprire una falla gigantesca nella diga eretta contro l’invasione di stranieri, il 2025 si apre con un cambio di passo da parte di quasi tutti i Paesi occidentali.Non c’è soltanto Donald Trump, al cui insediamento ormai mancano poco più di due settimane. Il nuovo presidente degli Stati Uniti ha fatto della lotta all’immigrazione clandestina un cavallo di battaglia della sua campagna elettorale. Ma, oltre ad avere intenzione di fermare le centinaia di migliaia di stranieri che ogni anno cercano di varcare il confine senza permesso, il 47esimo inquilino della Casa Bianca promette un piano di «remigrazione», ovvero una politica ad hoc per rimandare a casa chi non ha diritto di restarne. Trump non chiude le porte all’immigrazione legale, semplicemente rivendica il diritto-dovere di chi governa un Paese di scegliere l’immigrazione di cui ha bisogno.Un concetto che comincia a farsi strada anche in Europa, a cominciare dalla Gran Bretagna. A parte l’allergia congenita alle norme di Bruxelles, gli inglesi hanno votato a favore della Brexit per fermare il flusso di clandestini che giungevano nel Regno Unito alla ricerca di un lavoro, contribuendo ad abbassare i salari nei settori meno remunerativi. Con il cambio di esecutivo a Downing Street e l’ascesa dei laburisti di Keir Starmer, l’atteggiamento non è cambiato. Se prima i conservatori promettevano misure rigide contro l’immigrazione irregolare, la sinistra di governo fa altrettanto e non è in imbarazzo nel pensare a luoghi di trattenimento fuori dal Paese, proprio come quelli predisposti da Giorgia Meloni. Dalla Danimarca alla Svezia, dai Paesi Bassi alla Germania, che siano guidati dai socialisti o dalla cosiddetta destra, in Europa poco cambia perché, ormai, tutti o quasi gli esecutivi sono intenzionati a dare un giro di vite alle frontiere.L’accoglienza indiscriminata non è più di casa in Europa e le prossime sfide elettorali, in particolare a Berlino, si giocano sul tema dell’immigrazione. Sarà per i recenti fatti di terrorismo, che hanno riportato in auge il pericolo della radicalizzazione di matrice islamica, sarà per la crisi economica, che tende ad appiattire i salari e a rendere appetibili anche lavori un tempo lasciati agli stranieri, sta di fatto che nella Ue non soltanto si sta pensando a decisioni per ampliare la definizione di Paesi sicuri, così da poter respingere più facilmente le richieste di protezione universale, ma comincia a non essere più tabù neppure la parola remigrazione, ovvero un piano per riportare a casa gli stranieri. Interrompere, poi, il flusso degli sbarchi è sempre più urgente, soprattutto ora che l’Unicef ha diffuso i dati delle morti di chi ha tentato di attraversare il Mediterraneo per giungere in Europa. In 12 mesi i morti e i dispersi sulla rotta per Italia, Spagna o Grecia sono stati 2.200.Numeri enormi di un fenomeno che può essere interrotto solo contrastando l’immigrazione clandestina. L’unico anno in cui le morti in mare diminuirono è quello in cui si chiusero i porti. Meno arrivi, meno morti. Ovvio. Peccato che quella decisione tanto logica sia costata, a chi la prese, un processo per sequestro di persona, un’incolpazione che solo grazie a giudici accorti non è costata sei anni di galera.
Papa Leone XIV (Getty Images)
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L'amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)