Secondo l'analisi sulle liquidazioni aziendali realizzata da Cribis, sono 5.468 le imprese italiane che hanno dichiarato fallimento nei primi nove mesi del 2023: in linea (+1,48%) rispetto allo stesso periodo del 2022, ma in diminuzione del 32,9% rispetto al 2019 (pre-pandemia). I settori più in sofferenza sono trasporti, costruzioni, servizi per le persone, energia e telecomunicazione e industrie del legno e dei mobili.
Secondo l'analisi sulle liquidazioni aziendali realizzata da Cribis, sono 5.468 le imprese italiane che hanno dichiarato fallimento nei primi nove mesi del 2023: in linea (+1,48%) rispetto allo stesso periodo del 2022, ma in diminuzione del 32,9% rispetto al 2019 (pre-pandemia). I settori più in sofferenza sono trasporti, costruzioni, servizi per le persone, energia e telecomunicazione e industrie del legno e dei mobili.Sono 5.468 le imprese italiane che hanno dichiarato fallimento nei primi nove mesi del 2023, in linea (+1,48%) rispetto allo stesso periodo del 2022, ma in diminuzione del 32,9% rispetto allo stesso periodo del 2019 (pre-pandemia). È quanto si nota dall'Analisi sulle Liquidazioni giudiziali realizzata da Cribis, società del gruppo Crif specializzata in dati di mercato, e aggiornata al 30 settembre 2023.Nel terzo trimestre di quest'anno le aziende che hanno dichiarato fallimento sono state 1.563, +8,8% rispetto allo stesso periodo del 2022, ma in diminuzione del 13,5% rispetto al terzo trimestre 2021, uno dei momenti più critici della pandemia. I concordati preventivi sono stati 292 nei primi 9 mesi di quest'anno, 60 nell’ultimo trimestre (in calo del 26,8% rispetto al Q3 2022 e -45% rispetto al Q3 2019).Le regioni che hanno registrato il maggior numero di liquidazioni giudiziali sul territorio regionale sono Lombardia (316), Lazio (154), Veneto (157), mentre le aree geografiche con i dati più inferiori sono Trentino-Alto Adige (13), Basilicata (8), Molise (7) e Valle D’Aosta (1). Da evidenziare anche il dato riguardante l’Emilia-Romagna con 89 liquidazioni giudiziali.Per quanto riguarda i settori con un maggior numero di liquidazioni giudiziali, il settore del commercio è quello che risulta particolarmente in crisi, con un numero di 1.738 di liquidazioni giudiziali al 30 settembre, seguito dai servizi (1.374), dall'Industria (941) e dall'edilizia (923).«Rispetto al terzo trimestre dell’anno precedente stiamo assistendo a un lieve incremento del numero di liquidazioni giudiziali, che potrebbe aumentare ancora nell’ultimo trimestre del 2023 a causa del contesto macroeconomico che stiamo vivendo: i problemi di liquidità per le aziende causati dalla stretta monetaria rischiano infatti di amplificare la fragilità di queste ultime» ha commentato Marco Preti, amministratore delegato di Cribis. «Nonostante questo continuiamo ad assistere a un netto miglioramento nelle percentuali rispetto al periodo pre-pandemia».Quel che è peggio è che le aziende hanno anche iniziato a ritardare nei pagamenti. Secondo Cribis, i settori più in sofferenza sono trasporti, costruzioni, servizi per le persone, energia e telecomunicazione e industrie del legno e dei mobili. In generale, le microimprese mostrano una performance positiva con una concentrazione del 42,8% di pagatori puntuali e una media di tempi di pagamento di 69 giorni, sotto la media nazionale di 71 giorni. Il Nord Est si conferma l’area geografica più virtuosa con il 47,9% di pagamenti regolari, con le regioni Trentino, Friuli-Venezia Giulia, Veneto ed Emilia-Romagna tutte sopra al 45%.Secondo lo studio, nell’ultimo anno i pagamenti con oltre 30 giorni di ritardo (ritardi gravi) hanno raggiunto il 9,4%, in aumento rispetto al 9,1% del terzo trimestre 2022, confermando un lento ma continuativo peggioramento nella puntualità dei pagamenti dovuto al contesto macroeconomico e alla maggiore incidenza dell’inflazione e del calo dei prestiti alle imprese. Tuttavia, il dato sui ritardi gravi si mantiene distante rispetto ai dati negativi registrati nel quarto trimestre 2019 (10,5%) e in quello del 2020 (12,8%).A settembre 2023 i pagatori puntuali hanno comunque rappresentato il 41,1% del totale delle realtà italiane analizzate, dato in linea rispetto al terzo trimestre del 2022 (41,2%), ma che mostra un miglioramento sia rispetto al quarto trimestre 2019 (34,7% pre-pandemia) che a quello del 2020 (35,7%).
Marco Risi (Getty Images)
Il regista figlio d’arte: «Il babbo restò perplesso dal mio primo film, poi grazie a “Mery per sempre” iniziò a prendermi sul serio. Mi considerano quello “impegnato”, però a me piaceva anche girare commedie».
Nel riquadro, la stilista Giuliana Cella
La designer Giuliana Cella: «Ho vissuto in diversi Paesi, assimilandone la cultura. I gioielli? Sono una passione che ho fin da bambina».
Eugenia Roccella (Imagoeconomica)
Il ministro della Famiglia Eugenia Roccella: «Il rapporto delle Nazioni unite sulla surrogata conferma che si tratta di una violenza contro le donne e che va combattuta ovunque. Proprio come ha deciso di fare il governo, punendo i connazionali che ne fanno ricorso all’estero».