2023-12-16
120 anni fa i fratelli Wright fecero decollare il primo aereo
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Kitty Hawk, Carolina del Nord. Ore 10:35 del 17 dicembre 1903. Il primo volo dei fratelli Wright (Library of Congress)
Il 17 dicembre 1903, iniziò l'era degli aeroplani. Non sarebbero mai nati senza la letteratura che, viaggiando tra Europa e Stati Uniti, guidò la diffusione della conoscenza.Nell'aprile 1909 Wilbur Wright volò a Centocelle, alla periferia di Roma. La cronaca di quei giorni che posero le fondamenta dell'aviazione italiana. Lo speciale contiene due articoli.Sono trascorsi 120 anni da quel giorno a Kill Devil Hills, vicino a Kitty Hawk nella Carolina del Nord, ma nulla si sarebbe potuto fare senza un primo esempio di globalizzazione delle conoscenze, grazie ai servizi postali e alla pubblicazione, o scambio, di libri e ricerche. Il 17 dicembre 1903 Orville Wright completò il primo volo a motore di una macchina più pesante dell'aria, il Flyer, che in 12 secondi percorse 36 metri e 57 centimetri alla velocità di 11 chilometri orari, cambiando il mondo e «rendendolo più piccolo», come scriveranno due decenni dopo il trasvolatore Charles Lindbergh, lo scrittore Antoine de Saint-Exupèry in diverse opere e l'architetto Charles-Édouard Jeanneret-Gris, in arte LeCorbusier, nel suo libro Aircraft, 1935. Tra tutti, immortale la frase di Saint-Ex: «Volare mi libera dalla tirannia delle piccole cose» e quella del grande urbanista all'indomani del suo primo volo: «Quando l'occhio vede chiaramente, la mente decide limpidamente». Ma su quella spiaggia, alternandosi al pilotaggio sdraiati sul loro aeroplano, quel giorno i due fratelli, figli del pastore Milton Wright fecero altri cinque saltelli in aria arrivando a percorrere fino a poco meno di 300 metri e restando in volo per un tempo massimo di 59 secondi, salendo a poco più di tre metri di altezza. Soprattutto, dimostrarono che quanto scritto da altri pionieri prima di loro era corretto, come i due fratelli, Otto e Gustav Lilienthal (oltre 2.000 lanci da una collina con i loro libratori), che nel 1889 curarono l'uscita del libro Il volo degli uccelli come base dell'arte del volo. E anche alle pubblicazioni di un francese trasferitosi a Chicago, Octave Chanute: «Il progresso delle macchine volanti» (1894).Quanto compreso dai Wright era quindi un po' più esatto di ciò che avevano pensato Leonardo da Vinci nel 1505 (s'avvita nell'aere...) e da Isaac Newton nel 1726: «La forza aerodinamica è differente a seconda della densità del fluido che attraversa». Certamente a dare una spinta al progresso dell'aviazione fu la corsa tecnologica per la supremazia del cielo avvenuta nel secolo scorso, sospinta da due guerre mondiali. Senza, oggi in tutto il mondo non saremmo arrivati a staccare oltre quattro miliardi di biglietti aerei, ad avere 68.000 rotte aeree giornaliere e un numero così ridotto d'incidenti. Eppure se la corsa verso prestazioni sempre maggiori in termini di velocità e quota raggiunta ha dominato i primi cento anni della storia aeronautica, oggi ciò che l'umanità va cercando è altro: puntiamo ad automatizzare i voli perché da qualche decennio abbiamo scoperto che quando accade un incidente, tre volte su quattro è colpa dell'uomo. Non soltanto: da quasi tre decenni i voli supersonici civili non sono così richiesti e nonostante si stia studiando per rendere il celebre «bang» sonico più silenzioso, la stragrande maggioranza degli sforzi in termini di investimenti e ricerca sono oggi concentrati nel cercare metodi di propulsione più puliti, più silenziosi ed efficienti. Che poi vuol dire bruciare meno combustibile per sviluppare la stessa potenza e da questa ricavare la maggiore spinta possibile. Dunque, c'è ancora qualcosa in comune con il problema che ebbero i Orville e Wilbur Wright quando, proprio in cerca di spinta, scelsero di abbandonare l'idea di costruire una macchina volante con le ali battenti a imitazione degli uccelli, come invece fecero quasi tutti gli altri prima di loro, e d'installare un motore che mediante l'elica spingesse l'aria nella direzione opposta al volo. E siccome questa era comunque insufficiente, i due dovettero fare ricorso a una catapulta meccanica, metodo che, seppure oggi sia elettromagnetica e super tecnologica, costituisce ancora il sistema di lancio degli aeroplani militari dalle portaerei. Per capire l'interazione tra flusso d'aria e forme aerodinamiche, per creare l'aeroplano e l'elicottero, che possiamo definire «macchine a fluido», l'umanità ha impiegato circa duemila anni, non bisogna perciò stupirsi se per comprendere appieno la gravità e arrivare a dominarla ci vorranno altri secoli. Ma a rendere possibili le intuizioni dei due fratelli fino a capire che l'aria che «sostentava» era quella che passava sopra l'ala e non sotto, come erroneamente pensarono quasi tutti, furono pensatori e scrittori fin dai tempi di Seneca: «Un giorno qualcuno studierà il cielo, tanto vasto da dover dedicare al suo studio più di un'intera vita», e poi professori universitari come Kirkhoff, Rayleight, Helmolts e altri ancora che resero pubbliche le loro ricerche.Se in fatto di aerodinamica l'umanità è arrivata a certe soluzioni tecniche lo dobbiamo a scienziati come Antonio Ferri, pioniere dell'ipersonica, ai fratelli tedeschi Walter e Reimar Horten, alle soluzioni meccaniche del costruttore Hugo Junkers (proprio quello dei bombardieri tedeschi), ai calcoli di Wilheim Kutta, che capì gli errori e i limiti dei ragionamenti settecenteschi di Danielle Bernoulli in fatto di pressione e velocità dei fluidi, e di quanto sviluppò il professore di meccanica russo Nikolai Joukowsky (1847-1921), che scrisse la relazione matematica tra portanza generata dall'ala e circolazione dell'aria attorno a un corpo, fenomeno al quale lavoreranno l'inglese Frederick Lanchester, Ludwig Prandtl e il suo allievo Max Munk. Ma tra formule e ipotesi, mai mancò neppure la poesia: Lanchester, ricordando l'osservazione dei gabbiani, scrisse: «Fu uno di quei rari momenti di vita in cui ebbi la sensazione che scienza e poesia si fondessero per irradiare insieme la luce rivelatrice della conoscenza». Essenziale, come il suo carattere duro imponeva, ciò che riportò Katharine Wright, autoritaria sorella di Orville e Wilbur, per descrivere quanto accadde quel 17 dicembre ai cronisti francesi: «And then, one day, it flew». E poi, un giorno, esso volò.
Leonardo Apache La Russa (Ansa)
Nessuna violenza sessuale, ma un rapporto consenziente». È stata archiviata l’indagine a carico di Leonardo Apache La Russa e l’amico Tommaso Gilardoni, entrambi 24enni, accusati di violenza sessuale da una di ventiduenne (ex compagna di scuola di La Russa jr e che si era risvegliata a casa sua).
Nel riquadro, Howard Thomas Brady (IStock)