2025-10-30
        Ha sfasciato l’Europa e ora la Cina rottama anche l’auto elettrica
    
 
Dopo aver sconvolto l’Unione, Pechino taglia dal piano strategico i veicoli green. E punta su quantistica, bio-produzione e idrogeno.La Cina ha deciso che l’auto elettrica non è più strategica. Nel quindicesimo Piano quinquennale (2026-2030), appena approvato dal Comitato centrale del Partito comunista, Pechino ha escluso per la prima volta in oltre dieci anni i veicoli elettrici dall’elenco delle industrie prioritarie, un gesto che segna la fine di un ciclo. Il documento, che sarà formalmente pubblicato integralmente a marzo 2026, definisce le linee guida dello sviluppo economico e industriale cinese per il prossimo quinquennio. È il primo piano di Xi Jinping in cui si parla apertamente di «maturità del settore elettrico» e di necessità di spostare risorse verso nuove frontiere. Quali? La tecnologia quantistica, la bio-industria, l’idrogeno e l’intelligenza artificiale avanzata.La decisione è il risultato di una espansione del settore che in Cina ha raggiunto una certa maturità. In altre parole, il cambiamento non è dettato da un fallimento, ma da un enorme successo. In dieci anni, Pechino ha creato la più completa catena industriale del mondo: dalle miniere di litio, cobalto, nickel alla raffinazione, dalla produzione di magneti, microchip e batterie alla manifattura di veicoli, fino al software e alla logistica. Il settore cinese dei veicoli elettrici è diventato un colosso da oltre 10 milioni di auto a nuova energia prodotte nel 2024, il 70% della produzione mondiale. Le esportazioni dalla Cina sono in rapida crescita, con prezzi che hanno travolto la concorrenza europea. Questo stesso successo ha generato in Cina un eccesso di offerta, con margini in calo, fabbriche sovradimensionate e una guerra dei prezzi che ha spinto il governo a parlare di «involuzione», cioè una competizione al ribasso che rischia di distruggere il mercato. Raggiunta la maturità dello sforzo, ora Xi ha deciso di consolidare il settore per evitare che gli eccessi minaccino le posizioni conquistate.I big cinesi del settore sono già più che lanciati alla conquista del mondo, del resto. Secondo Xi, evidentemente, il lavoro del governo, quello di creare una nuova industria che potesse proiettare la Cina tra le prime potenze industriali del mondo, è terminato. In termini più familiari, si potrebbe dire che Xi Jinping ha suonato la campanella e la ricreazione è finita. Pechino non rinuncerà a difendere il mercato conquistato dalle sue aziende in giro per il mondo, ovviamente, ma il settore dovrà stare in piedi con le proprie forze. L’auto elettrica non è più la frontiera dell’innovazione, ma un sistema industriale maturo che Pechino controlla di fatto in ogni sua parte.Il Piano quinquennale prevede di consolidare i campioni nazionali e di frenare la proliferazione di nuovi produttori nel settore. Le amministrazioni locali dovranno razionalizzare le capacità produttive e vietare nuovi progetti che duplicano l’esistente nei settori dell’elettrico, delle batterie e del solare. La priorità passa ora alla tecnologia quantistica, alla bioproduzione - la produzione industriale basata su processi biologici - e all’idrogeno, settori che Pechino considera le nuove frontiere della competizione tecnologica globale.Il Partito comunista, in teoria, introduce nel piano anche un correttivo macroeconomico: il sostegno alla domanda interna. Dopo anni di crescita trainata dagli investimenti e dall’export, Xi Jinping pare riconoscere che la debolezza dei consumi interni è un rischio sistemico per il suo Paese. Secondo alcune dichiarazioni, il piano mira a un aumento sostanziale dei consumi delle famiglie e della quota di spesa pubblica destinata al benessere delle persone. Annunci simili si sono già sentiti, da Pechino, cui non sono seguiti fatti concreti. Vedremo. Per tornare all’auto, il contrasto con l’Europa non potrebbe essere più netto. Pechino è una decina di giri avanti, mentre Bruxelles mangia la polvere e continua a trattare l’auto a batteria come un dogma climatico. Nonostante gli annunciati ripensamenti, l’Unione è nel guado della più costosa e dannosa transizione industriale della sua storia. L’industria automobilistica europea è in crisi e quasi tutte le case automobilistiche nelle ultime settimane hanno annunciato riduzioni degli obiettivi di vendite e redditività.L’ex amministratore delegato di Stellantis, Carlos Tavares, ha spiegato la dinamica in atto con brutale chiarezza ieri al Financial Times: «Il giorno in cui una casa automobilistica occidentale sarà in gravi difficoltà, una cinese arriverà e dirà: “Me la prendo e salvo i posti di lavoro”. E sarà vista come un salvatore». «Il motivo è semplice: un giorno vorranno inghiottirci», ha aggiunto delineando un quadro fosco per l’Europa.Tavares conosce bene le dinamiche del settore. Le cinesi Byd, Geely e Saic stanno già cercando stabilimenti europei sottoutilizzati, anziché aprire nuove fabbriche. Probabilmente entreranno come partner, poi come proprietari. Una cosa è certa: a Pechino sanno fare i piani, a Bruxelles no. Stupisce che ancora non si chieda a chi stolidamente ha imposto all’Europa questo disastro di pagare il conto politico. Ma la sovrastruttura di Bruxelles serve proprio a rendere impossibile il meccanismo della responsabilità politica delle scelte. Per la Cina, l’auto elettrica è già storia, mentre per l’Europa è una catastrofe impossibile da ricomporre.
        Leonardo Apache La Russa (Ansa)
    
Nessuna violenza sessuale, ma un rapporto consenziente». È stata archiviata l’indagine a carico di Leonardo Apache La Russa e l’amico Tommaso Gilardoni, entrambi 24enni, accusati di violenza sessuale da una di ventiduenne (ex compagna di scuola di La Russa jr e che si era risvegliata a casa sua).
        Nel riquadro, Howard Thomas Brady (IStock)
Ecco #DimmiLaVerità del 30 ottobre 2025. Ospite la senatrice calabrese della Lega Clotilde Minasi. L'argomento del giorno è: "La bocciatura del ponte sullo Stretto da parte della Corte dei Conti"