2025-05-01
Il giornale della Cei di Zuppi esulta perché in Canada ha vinto un fan dell’eutanasia
Il cardinale Matteo Maria Zuppi (Imagoeconomica)
«Avvenire» celebra il trionfo elettorale, in chiave anti Donald Trump, del liberale Mark Carney. Che non si distaccherà dai disastri di Justin Trudeau su inclusione, green e lotta alla Russia.È interessante l’entusiasmo con cui ieri Avvenire, il quotidiano della Conferenza episcopale italiana, ha accolto un fatto tutto sommato laterale nell’attuale scenario globale, ovvero la vittoria alle elezioni canadesi del liberale Mark Carney. Il giornale dei vescovi ha dedicato all’evento il titolone di prima pagina: «Messaggio all’America» e sembrava gioire perché Carney, «che solo poche settimane fa era molto indietro nei sondaggi rispetto al rivale conservatore Pierre Poilievre, risponde con la vittoria elettorale alle pretese di Donald Trump di trasformare il Paese nel cinquantunesimo Stato americano».È piuttosto evidente, dunque, che ad Avvenire (e, dunque, alla Cei e al suo presidente, Matteo Maria Zuppi, che entra in conclave con i riflettori puntati addosso) non interessasse Carney in quanto tale ma, piuttosto, lo smacco ricevuto da Trump il quale resta, a quanto pare, l’avversario numero uno. Tanto che il quotidiano vescovile ha dato grande risalto anche al report di Amnesty international secondo cui il nuovo presidente americano avrebbe causato un arretramento dei diritti civili. Insomma, sembra che la linea della Cei sia ancora molto vicina alle più dure uscite di Bergoglio sul tycoon statunitense e sui sovranisti in generale.Di più: pare proprio che l’insofferenza nei riguardi di Trump da parte dei prelati, per certi aspetti anche molto comprensibile, sia talmente forte da far passare in secondo piano le valutazioni sull’operato dei leader politici liberali e progressisti. Il caso del Canada è particolarmente emblematico. È stato proprio Avvenire, all’inizio di aprile, a citare l’allarme lanciato dal Comitato delle Nazioni Unite per i diritti delle persone con disabilità riguardo alla legge sulla Maid (Medical assistance in dying) del Canada. La norma nel 2021 è stata modificata tramite una misura nota come Track 2, grazie alla quale l’eutanasia non è più riservata soltanto ai malati terminali ma è una via percorribile da chiunque ne faccia richiesta. «Nelle sue conclusioni, l’organismo Onu che fa da avvocato globale per le persone con ogni forma di disabilità», ha scritto Avvenire, «denuncia il fatto che la Maid sta diventando una forma di aiuto pubblico - definito, però, diritto - a chi finisce escluso dall’assistenza sanitaria, è senza lavoro o senza dimora e versa in condizioni di esclusione. Povertà, disoccupazione, carenza di servizi di welfare e di salute universali diventano, così, fattori che spingono alla disperazione e a chiedere la “soluzione alternativa”: il Track 2». I dati, in effetti, sono spaventosi: «Nel 2023 hanno fatto ricorso alla Maid in tutto il Canada 15.323 persone, pari al 4,7% dei casi di morte, un dato ormai simile a quelli di Belgio e Olanda. Sul totale delle morti volontarie nel sistema di Maid, i decessi per Track 2 sono già al 4%, pari a oltre 600 casi di persone morte volontariamente con l’aiuto dello Stato senza alcuna vera motivazione sanitaria. Da eccezione ammessa solo in casi di sofferenza estrema a soluzione, equivalente ad altre, per le malattie degenerative e la disabilità, ma anche per l’esclusione sociale estrema. È, dunque, questo il percorso che il suicidio assistito e l’eutanasia legali stanno seguendo in Canada, con casi di morte procurata di chi non è consapevole di sé o non è del tutto libero a causa della sua condizione di marginalità».A muoversi su questo terreno e a modificare le leggi sul fine vita non sono certo stati i pericolosi sovranisti, ma i liberal al potere. I quali, nell’era di Justin Trudeau, hanno offerto uno spettacolo dalle tinte orrorifiche. Trudeau, presentato inizialmente come il volto pulito e moderno del liberalismo, è divenuto in breve tempo il «principe del wokismo», come lo ha definito il Daily Telegraph. Un suo ex sostenitore e biografo, Jonathan Kay, ha ben descritto la sua evoluzione: «Nel suo frenetico zelo per allinearsi agli attivisti dei social network post George Floyd, Trudeau ha iniziato a condizionare la spesa pubblica al colore della pelle dei beneficiari, introducendo una forma di segregazione razziale totalmente estranea ai valori canadesi [...]. Sotto la sua guida, la Cbc, un’emittente pubblica finanziata dallo Stato, ha abbandonato ogni pretesa di imparzialità per diventare un megafono della propaganda per la giustizia sociale, in gran parte ispirata dagli Stati Uniti».Dai conti bloccati ai camionisti che manifestavano contro le restrizioni pandemiche fino alle aperture clamorose sulla eutanasia e ai deliri politicamente corretti, il regno di Trudeau è stato una sorta di distopia realizzata. Tanto che, molto probabilmente, il suo successore Carney avrebbe perso se Trump non se ne fosse uscito con dichiarazioni strampalate sull’annessione del Canada. Il punto è: davvero i vescovi hanno da festeggiare per il trionfo dei liberali? Carney ha fatto sapere che non metterà fine alle politiche sulla «inclusione» e, dunque, non porrà freni alla esondazione del wokismo.Di sicuro non sembra intenzionato a invertire la rotta sulla eutanasia o sulle politiche ambientaliste. Risulta sia anche un convinto sostenitore della lotta a oltranza contro la Russia (cosa che, forse, Francesco non avrebbe gradito). In pratica sembra una caricatura del perfetto globalista con tanto di trascorsi in Goldman Sachs. Affari dei canadesi, si dirà, ed è verissimo. Il fatto è che potrebbero diventare affari di tutti se per caso il cardinale Zuppi diventasse il nuovo pontefice. La posizione della sua Cei su Carney, a prescindere dall’astio verso Trump, conferma l’orientamento liberal espresso dai vescovi negli ultimi anni. E - che si sia cattolici o meno - non c’è da esserne troppo entusiasti.
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