2025-01-24
Zelensky pronto alle trattative dopo averle vietate per decreto
Volodymyr Zelensky (Ansa)
Il leader ucraino apre ai negoziati «se Trump dà garanzie». Ma due anni fa bandì ogni colloquio con Putin Intanto, il Cremlino rinnova la disponibilità di dialogo. Il tycoon: «Voglio vedere il presidente russo presto».Riguardo agli sviluppi della guerra in Ucraina, la Russia è in attesa: aspetta le prossime mosse del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, prima di sbilanciarsi. All’indomani delle dichiarazioni del tycoon sull’eventualità di imporre nuove sanzioni alla Russia nel caso in cui rifiuti un accordo per porre fine alla guerra, è intervenuto ieri il portavoce del Cremlino, Dimitry Peskov. Ha ricordato che il leader della Casa Bianca «è stato il presidente che più spesso ha fatto ricorso a metodi sanzionatori, non c’è nulla di nuovo». Tuttavia, Peskov ha anche precisato che la Russia «aspetta da Trump segnali che non sono ancora stati ricevuti». Nel frattempo «registriamo attentamente ogni sfumatura. Rimaniamo pronti al dialogo, il presidente Putin ne ha parlato ripetutamente: un dialogo paritario e reciprocamente rispettoso» con gli Stati Uniti. Il presidente Usa, intanto, in collegamento con Davos, ha ribadito: «Voglio incontrare Putin molto presto per evitare ulteriori perdite di vite umane», confermando che l’Ucraina sarebbe pronta per un accordo. Ma ha anche annunciato che chiederà all’Arabia Saudita e all’Opec di ridurre i prezzi del petrolio: una mossa che per Trump metterebbe la parola fine alla guerra. Sempre dal World Economic Forum arriva l’entusiasmo ucraino sulla minaccia statunitense delle sanzioni contro Mosca, con il ministro degli Esteri, Andrii Sybiha, che ha dichiarato: «Pensiamo di avere un’ulteriore chance per una nuova dinamica negli sforzi diplomatici» per arrivare alla pace. Ma il vero cambio di rotta è stato annunciato dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky che ora si dice pronto ad avere colloqui con Putin, purché il presidente americano fornisca delle garanzie di sicurezza. Le dichiarazioni del presidente ucraino, rilasciate all’agenzia Bloomberg, sono state poi commentate proprio dallo stesso Zelensky su Telegram, spiegando che i colloqui con Mosca devono essere «equi» e ciò dipenderebbe tanto dagli Stati Uniti quanto dall’Unione europea. Sebbene abbia quindi posto determinate condizioni, ciò che è certo è che il leader ucraino ha cambiato drasticamente registro rispetto all’ottobre del 2022, periodo in cui aveva escluso ufficialmente di poter negoziare con Putin. Zelensky aveva infatti firmato un decreto, preparato dal Consiglio per la sicurezza e la difesa nazionale dell’Ucraina, che affermava «l’impossibilità di condurre negoziati con il presidente della Russia Vladimir Putin», dopo che quest’ultimo aveva proclamato le quattro regioni occupate in Ucraina come parte della Russia. Al tempo Zelensky aveva commentato: «Siamo pronti al dialogo con la Russia, ma con un presidente diverso». Eppure, a distanza di oltre due anni, il presidente della Federazione russa è sempre lo stesso, ciò che invece è cambiato è il bilancio delle vittime di questa guerra, con la popolazione ucraina sempre più stanca e sempre meno incline ad andare al fronte. E proprio per ridurre le defezioni, il già annunciato piano ucraino di abbassare l’età dell’arruolamento a 18 anni sembra entrato nella fase finale della stesura e quindi prossimo all’entrata in vigore. A parlarne è stato il colonnello Pavlo Palisa, vicecapo dell’Ufficio del presidente. Nonostante nella primavera dello scorso anno l’età fosse già stata abbassata da 27 a 25 anni, la misura non è stata sufficiente per sostituire le perdite sul campo. Palisa ha citato «un contratto onesto» che include incentivi finanziari, garanzie chiare per l’addestramento e delle misure per assicurare il dialogo tra i comandanti e i soldati. Sul fronte Nato, mentre da Davos il segretario generale della Nato, Mark Rutte, ha sottolineato che se l’Ucraina dovesse perdere la guerra, «sarebbero trilioni in più» per «ripristinare la deterrenza dell’Occidente e della Nato di nuovo», è arrivata la reazione di Mosca sulla questione dell’invio di peacekeeper europei in Ucraina. Per Mosca, come chiarito dalla portavoce del ministero degli Esteri, Maria Zakharova, lo schieramento sarebbe «assolutamente inaccettabile». Sono state pronunciate invece parole di gratitudine verso l’operato, nell’ambito umanitario, del Vaticano. «In mezzo all’agenda distruttiva dell’Occidente collettivo» ha affermato Zakharova, «spicca la posizione equilibrata e misurata del Vaticano, così come la posizione personale di papa Francesco che aspira a contribuire personalmente alla risoluzione di questo problema». La portavoce ha ricordato infatti che «con la partecipazione personale e attiva dell’inviato di pace papale alla soluzione pacifica in Ucraina, il cardinale Matteo Zuppi, 16 dei nostri militari feriti sono tornati in Russia nell’ambito di due recenti scambi di prigionieri di guerra russo-ucraini».
Container in arrivo al Port Jersey Container Terminal di New York (Getty Images)
La maxi operazione nella favela di Rio de Janeiro. Nel riquadro, Gaetano Trivelli (Ansa)
Nicolas Maduro e Hugo Chavez nel 2012. Maduro è stato ministro degli Esteri dal 2006 al 2013 (Ansa)
Un disegno che ricostruisce i 16 mulini in serie del sito industriale di Barbegal, nel Sud della Francia (Getty Images)
Situato a circa 8 km a nord di Arelate (odierna Arles), il sito archeologico di Barbegal ha riportato alla luce una fabbrica per la macinazione del grano che, secondo gli studiosi, era in grado di servire una popolazione di circa 25.000 persone. Ma la vera meraviglia è la tecnica applicata allo stabilimento, dove le macine erano mosse da 16 mulini ad acqua in serie. Il sito di Barbegal, costruito si ritiene attorno al 2° secolo dC, si trova ai piedi di una collina rocciosa piuttosto ripida, con un gradiente del 30% circa. Le grandi ruote erano disposte all’esterno degli edifici di fabbrica centrali, 8 per lato. Erano alimentate da due acquedotti che convergevano in un canale la cui portata era regolata da chiuse che permettevano di controllare il flusso idraulico.
Gli studi sui resti degli edifici, i cui muri perimetrali sono oggi ben visibili, hanno stabilito che l’impianto ha funzionato per almeno un secolo. La datazione è stata resa possibile dall’analisi dei resti delle ruote e dei canali di legno che portavano l’acqua alle pale. Anche questi ultimi erano stati perfettamente studiati, con la possibilità di regolarne l’inclinazione per ottimizzare la forza idraulica sulle ruote. La fabbrica era lunga 61 metri e larga 20, con una scala di passaggio tra un mulino e l’altro che la attraversava nel mezzo. Secondo le ipotesi a cui gli archeologi sono giunti studiando i resti dei mulini, il complesso di Barbegal avrebbe funzionato ciclicamente, con un’interruzione tra la fine dell’estate e l’autunno. Il fatto che questo periodo coincidesse con le partenze delle navi mercantili, ha fatto ritenere possibile che la produzione dei 16 mulini fosse dedicata alle derrate alimentari per i naviganti, che in quel periodo rifornivano le navi con scorte di pane a lunga conservazione per affrontare i lunghi mesi della navigazione commerciale.
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