
Il religioso e il curatore di Dylan Dog, Roberto Recchioni, attaccano il volume: «Una porcata». Ma non è ancora uscito.Che Adam, la graphic novel sull'invasione firmata da Francesco Borgonovo e disegnata da Giuseppe Rava, disponibile già da ora in prevendita sul sito della Verità, fosse destinata a fare rumore, era facilmente preventivabile. Quello che invece colpisce è il fatto che la scomunica sia arrivata in via preventiva, dato che il fumetto non è ancora in vendita. Il termine non è abusivo, dato che è un religioso il primo a scagliarsi contro l'opera: si tratta di padre Alex Zanotelli, che all'Adnkronos parla di una «operazione di disinformatia salviniana», di «un cazzotto all'intelligenza» che «fa parte del processo salviniano per terrorizzare la gente», ovviamente ispirandosi a Joseph Goebbels. Il tutto, si badi, parlando di un'opera ancora non pubblicata. Per un anatema che arriva da un religioso vero, c'è poi una bolla papale che ha il sigillo dell'autoproclamatosi pontefice laico del fumetto italiano, ovvero Roberto Recchioni, curatore di Dylan Dog per la Sergio Bonelli editore e autore di diverse graphic novel di successo. C'è chi lo considera un genio e, fra questi, il più convinto della cosa sembra essere proprio egli stesso. E siccome a un genio non si devono chiedere banalità tipo leggere un'opera prima di giudicarla, Roberto Recchioni si è sentito libero di stroncare a scatola chiusa Adam, pubblicando sulla sua pagina Facebook una foto del nostro articolo dedicato al fumetto e commentando: «Sapete cosa mi incuriosisce quando escono queste assurde porcate? Che gli autori non sono mai fumettisti o aspiranti fumettisti che ho sentito nominare. È come se esistesse un mondo segreto di wannabe fumettari del cazzo pronti a fare fumetti del cazzo». Che vergogna, pubblicare un fumetto senza neanche aver fatto prima un salto a farsi dare la benedizione da Roberto Recchioni… Ma il giudizio preventivo deve essere un must della categoria, perché a dar manforte a Recchioni arriva nei commenti al post anche Gipi, alias Gian Alfonso Pacinotti, acclamato fumettista e illustratore, che ribadisce il giudizio del sodale, salvo poi domandare, a chi gli chiedeva conto del suo giudizio, «Cos'è Adam?». Esatto, Gipi è intervenuto per sbertucciare una graphic novel di cui ignorava persino l'esistenza. E, all'inevitabile accusa di essere spocchioso, ha reagito con stizza: «Non è spocchia. È sapè lavorà. Non avere un'ideologia di merda alla quale appoggiasse per pensare di colmare le lacune tecniche. Farsi il culo. È proprio tutta un'altra faccenda». Come sia possibile saggiare tanto «l'ideologia di merda» che le «lacune tecniche» dalla semplice copertina, l'unica cosa del fumetto che sia già liberamente consultabile, non è dato sapere. «Non vedo l'ora di perdermelo», commenta invece su Instagram il vignettista del Fatto Quotidiano Mario Natangelo. Almeno il caso di Recchioni, comunque, è facilmente spiegabile: se oggi fa l'ayatollah del politicamente corretto è solo per farsi perdonare qualche sbandata giovanile. Come quando, nel 2007, sul suo blog scriveva delle sue passeggiate nel quartiere Appio Tuscolano di Roma, eternamente tappezzato di manifesti di gruppi di destra. E notava che «dicono cose giuste», facendo un confronto con i centri sociali e aggiungendo che «se io fossi un ragazzino di oggi e nascessi nel quartiere dove vivo... probabilmente, davanti alle due realtà che mi si prospettano, sceglierei la destra sociale». Ma guarda un po'. Nello stesso periodo proseguiva il corteggiamento con un altro post furbetto: «Sono un fascista zen (la definizione non è mia ma di Jonh Milius). Non ci posso fare un cazzo, ho solo ho potuto prenderne atto... fatelo anche voi. Un giorno guardando i filosofi che preferisco, i miei scrittori e registi preferiti e i fumettari anche, ho capito una cosa che è il dolore di mia madre: non sono di sinistra». E se sul suo profilo Facebook, due giorni fa, lo si può leggere mentre spernacchia il sindaco de L'Aquila, Pierluigi Biondi, reo di non voler trasformare il decennale del terremoto in una carnevalata progressista, chissà se Recchioni ha avuto modo di ricordarsi dell'intervista che concesse allo stesso Biondi sul Secolo d'Italia del 28 dicembre 2008, in cui ribadiva para para la storia del «fascismo zen». O della prefazione che scrisse al saggio di un'altra ex firma del Secolo poist-missino, Roberto Alfatti Appetiti, sobriamente intitolato All'armi siam fumetti. Sono macchie sulla fedina morale progressista difficili da lavare, ma Recchioni ci si è messo di buzzo buono. Diventato curatore di Dylan Dog nel 2013, lo sceneggiatore si è impegnato per trasformare un personaggio già progressista di suo, come «l'indagatore dell'incubo», in una sorta di Mimmo Lucano di carta. Non è un modo di dire: un albo del 2018 ha come trama l'arrivo in un paesino inglese di un gruppo di profughi, con conseguenti polemiche dei «populisti» e difesa a oltranza della bontà dell'accoglienza. Risultato? Decine di pagine social e blog da tempo parlano della «morte di Dylan Dog». Ed è così che si spiega tanto nervosismo.
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
iStock
A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».





