2024-05-30
Xi usa la crisi a Gaza per lanciare il suo programma anti Piano Mattei
Abel Fattah Al Sisi e Xi Jinping (Ansa)
Oggi il summit sino-arabo. La Cina punta a stringere i rapporti con Medio Oriente e Africa, con investimenti per 40 miliardi.Oggi a Pechino i vertici della Lega Araba incontreranno Xi Jinping. Ieri è arrivato in anticipo, per un bilaterale, il numero uno dell’Egitto, Abel Fattah Al Sisi, poi sarà la volta del rappresentante del Bahrein, degli Emirati Arabi Uniti e addirittura di Kais Saied, il contestato e ballerino presidente della Tunisia. Quattro pilastri per altrettanti accordi bilaterali. Senza contare la presenza per i meeting multilaterali con gli altri Paesi del Sahel a prevalenza musulmana. Negli ultimi anni Pechino ha rafforzato le sue relazioni commerciali e diplomatiche con il Medio Oriente, gran parte del quale è tradizionalmente sotto l’influenza americana. Xi Jinping dovrebbe pronunciare un discorso durante la cerimonia di apertura della conferenza ministeriale del Forum di cooperazione arabo-cinese, che mira a stabilire un «consenso» tra Pechino e la regione. L’edizione del forum sino arabo è al suo decimo appuntamento. Stavolta ci sono due importanti novità che Pechino sembra tanto sapientemente quanto pericolosamente sapere cavalcare. La prima riguarda il conflitto di Gaza e la seconda è la governance della stessa Lega Araba e le relazioni con la Russia. Per quanto riguarda la guerra alle porte di Tel Aviv, il presidente cinese ha fatto sapere di essere pronto a ospitare l’organizzazione di una conferenza di pace, aggiungendo di sperare «che il forum svegli una voce comune sino-araba» sulla questione. Mercoledì pomeriggio, il ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, ha incontrato i suoi omologhi in Yemen e Sudan, affermando di sperare di «rafforzare la solidarietà e il coordinamento» con il mondo arabo. Pechino non sta certo con le mani in mano. E spera di uscire da questa tre giorni di incontri con oltre 200 progetti infrastrutturali. In ballo ci sono 40 miliardi per strade, ponti, acquedotti. Si chiama Via della Seta secondaria e comprende pure attività congiunte con università e scuole. Negli Emirati Arabi l’obiettivo è insegnare il cinese ad almeno 70.000 studenti delle medie nel corso dei prossimi cinque anni. Attività concrete che si andranno a mischiare con le idee politiche. Pure nel Medio Oriente l’obiettivo di Xi è quello di porsi come mediatore ed elemento di stabilizzazione per prendere il posto degli Usa e approfittare della debolezza diplomatica di Israele. Vedremo se ci riuscirà. Le incognite sono elevate. Purtroppo la strada sembra essere maggiormente spianata nell’area a Sud del Mediterraneo. L’altra novità che coinvolge il forum odierno sta infatti nella presenza dei vertici del governo della Mauritania, che ricopre il ruolo di presidenza di turno della Lega Araba. Il Paese africano ha chiuso nel 2022 un importante accordo militare con i russi e come le altre nazioni confinanti (travolte da colpi di Stato anti Francia e anti Usa) ha avviato un percorso di allontanamento dagli equilibri Nato in grado di influenzare a cascata un bel pezzo del Continente Nero. Dall’altra parte, ha avviato accordi su materie prime con Pechino. Una sintesi perfetta di questa morsa. Quindi, da un lato con il noto strumento della via della Seta, la Cina punta sulla costruzione di porti, strade, infrastrutture energetiche, ferrovie. Fortissima la sua presenza in alcuni paesi come Etiopia, Kenya, Angola. In ben 34 paesi su 50 la Cina è ormai il primo partner commerciale. Diverso l’atteggiamento russo, che ha un approccio militare nell’area, dove, grazie alle forza dei contractor, riesce a dare stabilità politica a regimi spesso barcollanti, e per questa opera, che va sotto il nome di guerra ibrida, guadagna spazi e consensi. Forte in particolare la presenza russa nel Sahel, dove sono stati siglati già una ventina di accordi di cooperazione. E negli ultimi tre anni, per via dei mercenari di Wagner (oggi sparpagliati in altre compagnie di ventura) Mosca è riuscita a disintegrare oltre 200 anni di storia francese. Militari, diplomatici e aziende parigine cacciati dal Mali, Burkina Faso, Niger, Sudan e Mauritania. Il risultato di tali stravolgimenti è che in quell’area nessuno sta controllando i flussi di immigrati e il mercato (compreso quello nero) delle materie prime, sempre più importanti per la guerra ibrida che caratterizza l’attuale fase di deglobalizzazione delle catene produttive e delle filiere commerciali. Basta unire i puntini per comprendere che in queste ore Xi cerca di farsi amici i Paesi arabi e stringere ulteriori rapporti con quelli musulmani nel Sahel. A farne le spese non può che essere il nostro Piano Mattei. Noi abbiamo a disposizione, per il momento, pochi miliardi e la sovrapposizione geografica diventa tangibile. Lo scorso gennaio a Roma si è svolto l’incontro tra Giorgia Meloni e 57 rappresentanti di Paesi africani. Dalla nostra abbiamo una tradizione storica che ci può aiutare, ma dovremo scegliere due o tre Paesi su cui intervenire con forti pressing. Altrimenti la concorrenza cinese diventerà insostenibile, soprattutto perché alle spalle abbiamo una Francia ferita nell’orgoglio.
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Un uomo ha travolto pedoni e ciclisti gridando «Allahu Akbar» sull’isola d’Oléron, nella Francia occidentale. Dieci feriti, tre gravi. Arrestato dopo aver tentato di incendiare l’auto con bombole di gas. Indagine per tentato omicidio, esclusa per ora la pista terroristica.