2019-08-19
Giovanni Toti: «Voglio un centrodestra dei sì per un piano di grandi opere»
Il leader di Cambiamo: «Fi che sostiene l'accordo Pd-5 stelle sarebbe imbarazzante. Salvini spiazzato dai poltronari. L'esecutivo di sconfitti non è sintonizzato con il Paese».Altro che vacanze agostane. La crisi di governo ha scompaginato tutto. Ma per uno come il governatore ligure, Giovanni Toti, che aspira a rappresentare il ceto produttivo, lavorare d'estate non è certo un problema. «Sarò in giro tutto il giorno tra la Liguria e la Toscana», racconta infatti alla Verità il leader di Cambiamo. Presidente, venerdì ha presentato il simbolo del suo movimento. Forza Italia ha ufficializzato le espulsioni dei suoi?«Che io sappia no. Comunque non si preoccupino, le nostre strade ormai sono separate. E io rivolgo loro un in bocca al lupo».Nessun rancore?«È un partito che ha fatto la storia del centrodestra, ha ancora una grande forza parlamentare. Ho sperato che potesse emendarsi, rinnovarsi, guardare al futuro. Ha preferito ancorarsi al passato».La rottura che conseguenze avrà sulla sua giunta ligure?«Nessuna. Penso che staremo sempre tutti nella stessa metà campo. Forza Italia si sta dichiarando fedele a un progetto di governo di centrodestra - in passato su questo ha oscillato - e quindi non c'è motivo di sconvolgere gli equilibri».E nel resto d'Italia, dove il centrodestra governa unito?«Vedremo. Ci sono tanti assessori o consiglieri regionali che ci stanno seguendo».Cosa vi siete detti con Matteo Salvini, quando vi siete incontrati a Genova, il 14 agosto?«Abbiamo fatto un punto sulla Liguria, che ha moltissimi problemi irrisolti e, credo, non indifferenti alla scelta di Salvini di dare uno scossone al governo con i 5 stelle».Cioè?«Le infrastrutture, la Gronda, tutto quello che è stato bloccato negli ultimi mesi».E di alleanze elettorali non avete discusso?«Ovviamente sì. Ma abbiamo parlato di strategia, non di tattica: di quello che bisogna fare per il Paese. Salvini ha lanciato un centrodestra dei sì, un governo dei sì. E noi su quella piattaforma ci siamo».Se non si va a votare subito, la truppa di Cambiamo non diventerà politicamente irrilevante, fuori da Fi e senza ruoli di governo? Siete alle strette?«Ma no, anzi. Se abbiamo un po' di tempo per organizzarci, non ci lamentiamo. Se invece dovremo fare uno sforzo per andare al voto, siamo pronti. Per ora ci interessa raccogliere l'adesione di chi ha lasciato Forza Italia per sfiducia, degli amministratori che aveva provato a darsi un orizzonte nelle liste civiche».E il lavoro procede bene?«Direi proprio di sì, specialmente in Liguria, in Lombardia, nel Lazio, in Puglia, in Campania».Ma lei è sicuro che Salvini voglia stringere un patto con voi? La sensazione è che cerchi meno alleati possibili. Probabilmente si ricorda le esperienze di Silvio Berlusconi con i vari Marco Follini, Pierferdinando Casini, Gianfranco Fini…«Io credo che Salvini abbia in testa un centrodestra nuovo. Non certo la riedizione della Casa delle libertà e del tridente d'attacco della seconda Repubblica. Io l'ho trovato molto disponibile a ragionare di idee e progetti comuni. Poi le geometrie e le tecniche su come presentarsi al voto sono secondarie».Che intende?«Voglio dire: io sono sempre stato favorevole a un partito unico, tipo i repubblicani americani e i Tories inglesi».Un'ipotesi complicata.«Sì. Per cui non ho difficoltà a ragionare su liste comuni o partiti alleati, come non temo di correre solo con il mio simbolo. È un'altra la cosa importante».Quale?«È quello che rimproveriamo a Forza Italia: di aver abdicato al ruolo di rappresentare un'area culturale e sociale del Paese che non ha più un partito di riferimento abbastanza robusto».L'area moderata, la borghesia produttiva.«Quella parte dell'Italia che non si rassegna al declino, il blocco sociale delle Regioni del Nord che produce, ma anche delle Regioni del Sud che cercano un riscatto. Se il partito che dovrebbe rappresentare questa gente ha percentuali che stanno sulle dita di una mano, c'è qualche problema».Lei che intenzioni ha? Vuole restare governatore della Liguria o punta a Parlamento e ministeri?«Punto a mantenere la Liguria, perché da lì stiamo dando un ottimo esempio anche programmatico all'alleanza di centrodestra. Le cose che abbiamo fatto in quella Regione sono importanti».Ne cita alcune?«Infrastrutture, ambiente, il ciclo dei rifiuti che può diventare un'opportunità e non un problema, l'industria del turismo, la formazione professionale, la riqualificazione dei centri urbani. Possiamo dare un contributo importante con questo patrimonio di idee… E di classe dirigente».Perché scandisce meglio quando parla di classe dirigente?«Perché abbiamo l'opportunità di mandare in Parlamento gente più preparata del passato, visto che la nostra classe dirigente proviene dalle fila degli amministratori locali. È una nostra bandiera: non mandare a Roma parlamentari che prima non siano stati almeno sindaci o amministratori di enti locali».Lei allude alle cooptazioni di personaggi senza esperienza che si sono viste a volte in Forza Italia?«Sì. Il Paese ha bisogno di idee, ma anche di una classe dirigente veramente capace».Nel fine settimana si sono susseguite voci di esponenti di Forza Italia, nonché lo stesso Berlusconi, pronti a sostenere un governo giallorosso. Le pare plausibile?«Francamente no. Sarebbe insensato. Fi ha ululato per un anno sull'innaturalità dell'alleanza gialloblù, non penso voglia ritrovarsi in un'alleanza giallorossoazzurra. Peraltro sono colori che non stanno bene insieme» (risata).Sì, sono un pugno in un occhio…«Sarebbe piuttosto stravagante, per non dire imbarazzante. Poi, per l'amor del cielo, non mi stupisco più di niente: parliamo di un partito che nel giro di un'estate ha affossato ogni possibilità di rinnovamento per giocare un catenaccio da peggior calcio del passato».Che pensa dell'Altra Italia?«L'Altra Italia è un nome suggestivo per una cosa che esiste già e non ha raccolto risultati esaltanti. Alle europee Fi ha schierato gli stessi soggetti politici che ora dovrebbero fare riferimento all'Altra Italia: l'Udc, quel che resta di Noi con l'Italia, i centristi…».Insomma, un tentativo di moltiplicare pani e pesci. Solo che, nonostante i suoi miracoli politici, Berlusconi non è Gesù Cristo.(Risata) «Cambia il packaging, ma il contenuto della scatola è lo stesso che gli elettori hanno bocciato alle europee».Ma lei con Berlusconi ha rotto anche sul piano personale?«Ci siamo parlati a lungo all'inizio dell'estate, quando aveva dato prova di voler cambiare, con i due coordinatori, l'apertura alle primarie… Forse, pur essendoci parlati a lungo, non ci siamo capiti».Cos'è che non ha funzionato?«In parte Berlusconi, che non vede, dopo di lui, un futuro per il suo partito. E poi c'è una classe dirigente che ha da sempre un'idiosincrasia per l'idea di mettersi in gioco».Perché?«Lo dicevamo prima: molti di loro sono dei cooptati, non hanno peso sui territori. Pensi che sarebbe successo se fosse stata aperta una selezione meritocratica». Temevano di essere scalzati?«Be', le classi dirigenti tendono sempre all'autoconservazione. Ora, però, il partito si sta estinguendo. E ciò avrebbe dovuto far scattare un allarme. Invece si è ragionato così: meglio un partito di salute cagionevole in cui sono dirigente, che un partito di sana e robusta costituzione in cui devo lasciare il posto a qualcun altro».Se Cambiamo andasse al governo con Giorgia Meloni e Salvini, a quali misure darebbe la priorità?«A un piano gigantesco per le infrastrutture. Anche sforando il rapporto deficit/Pil».E l'Europa?«Comprenderebbe uno sforamento dei parametri legato a investimenti in grado di accrescere la competitività del Paese, anziché a stravaganti provvedimenti tipo il reddito di cittadinanza».Quindi, apertura dei cantieri?«E non solo di quelli di cui tutti parlano». Quali altri?«Vanno ammodernati gli oleodotti e sistemati i bacini idrici. C'è la questione degli elettrodotti». E poi?«Servono fondi per la ricerca: siamo una grande potenza, ma brevettiamo poco. C'è il capitolo formazione: in Liguria abbiamo scuole professionali con tassi dell'80-90% di occupati, soprattutto nel turismo. Bisogna rinnovare il tessuto urbano italiano: finora ci ha provato solo Milano».È da poco passato l'anniversario del crollo del ponte Morandi. Le concessioni autostradali lei le revocherebbe?«No. Tornare alla statalizzazione è una follia. Il partenariato pubblico-privato è fondamentale per la crescita del Paese. Certo, non bisogna regalare i beni pubblici e lo Stato dev'essere capace di controllare, a differenza di quello che ha fatto negli ultimi anni».Secondo lei Salvini ha sbagliato tempistica per la crisi di governo?«Secondo me era difficilmente immaginabile che pur di salvare le poltrone, il Pd e i 5 stelle, che si sono insultati in modo inaudito, si accordassero in pochi minuti. Probabilmente questo ha spiazzato Salvini. Sa a cosa mi fa pensare?».A cosa?(Risata) «Al film Tutti a casa, sull'8 settembre, quando Alberto Sordi dice: “Colonnello, accade una cosa incredibile: i tedeschi si sono alleati con gli americani!"».Se un governo giallorosso durasse, Salvini e il centrodestra vedranno il loro consenso cucinato a fuoco lento?«No, perché sarebbe un governo tra grandi sconfitti. Ancorché costituzionalmente legittimo, sarebbe distonico rispetto al clima del Paese. I suoi esponenti pagherebbero un prezzo molto caro. Intanto l'Italia rischia la palude».Cosa direbbe ora al Cavaliere e ai suoi ex colleghi di Forza Italia?«Che abbiamo tutti quanti perso un'occasione. Ma mentre noi di Cambiamo abbiamo l'alba di fronte, per Forza Italia c'è solo il tramonto. Possono provare a ritardarlo, ma il sole prima o poi calerà».