2022-10-16
Una vittoria attesa da undici anni non può essere regalata alla sinistra
Silvio Berlusconi, Giorgia Meloni e Matteo Salvini (Imagoeconomica)
Il durissimo scambio di colpi tra Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni ha creato smarrimento tra gli elettori di centrodestra. All’opposizione ci sarà una realtà di bollette e chiusure. Non serve litigare, quanto aprire una sfida sui temi.Si può commentare il durissimo scambio di colpi tra Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni in termini riflessivi, non incendiari, e - anzi - il più possibile costruttivi? Si deve farlo, a mio avviso, in primo luogo ribadendo una regola antica della politica (e della vita): i capi diffidino sempre dei loro pasdaran, dei «fedelissimi», di chi mostra troppo zelo.Se è consentito dirlo, la prima cosa che Meloni, Berlusconi (e ovviamente Matteo Salvini) dovrebbero considerare è lo smarrimento degli elettori di centrodestra, indipendentemente dal tasso di ragione o di torto che ciascuno attribuisca ai contendenti. Ma come? Una mezza Italia (abbondante e maggioritaria) attendeva questa vittoria dal 2011, cioè da quando un governo legittimamente indicato dagli italiani fu cacciato per essere sostituito da una giunta tecnocratica, e ora, dopo neanche tre settimane dal successo del 25 settembre, già si litiga selvaggiamente? Non c’è bisogno di ricordare ai lettori della Verità cosa accadde a partire dall’insediamento della giunta di Mario Monti: per carità, le procedure costituzionali sono state formalmente rispettate. Ma da quel momento i governi degli undici anni successivi non sono stati più né di centrodestra né espressione di una coalizione premiata nelle urne. E adesso che questa condizione si è realizzata, che si fa, la si sciupa prim’ancora di cominciare? Sarebbe una responsabilità che sconsiglieremmo a qualunque dei tre leader di assumersi. La sinistra è uscita a pezzi dalle urne: perché offrirle delle bombole di ossigeno che non merita? Tra l’altro, non appena il governo Meloni si sarà insediato, all’opposizione non ci sarà tanto la sinistra, quanto una realtà durissima. Non dobbiamo descrivere qui la bomba a orologeria che sta per esplodere: bollette, raffica di chiusure, rischio di desertificazione del sistema produttivo.La sinistra e i vecchi mandarini di ogni tecnocrazia sono già pronti. Diranno: avete visto? La destra è impreparata, divisa, inadeguata rispetto alle sfide presenti (come se fossero adeguati loro…). Lo sappiano Fdi-Lega-Fi: fuori c’è un inferno (economico e sociale), rispetto al quale nessuno aiuterà il nuovo governo. I media sono già ostili, con rare eccezioni, e lavorano affinché il nuovo esecutivo non goda di alcuna luna di miele. Stessa cosa per i mercati. Inutile far finta che non sia così: anche in quella sede aleggiano pregiudizi, e se si tollera tranquillamente un eventuale megadeficit tedesco, con l’Italia c’è il rischio che qualcuno faccia brutti scherzi alla prima difficoltà, creando guai con le aste dei nostri titoli, ritirando fuori il fantasma dello spread, ripetendo il format con cui fu martellato il governo gialloverde (che era scombiccherato di suo, ma fu oggetto di un trattamento ingiusto, a partire da Bruxelles). Troppo spesso siamo abituati a considerare la politica solo in termini di idee e rapporti di forza. Ma esiste anche il fattore umano, la chimica tra le persone. E in questo caso pesano elementi variamente assortiti: un anziano capo che non è più politicamente «padrone» come prima (e come vorrebbe ma non può più essere); un cambio generazionale in atto; la volontà più o meno consapevole di ognuno di imporsi e far vedere chi comanda.Come si supera tutto ciò? Su questo giornale, il 2 settembre, ci eravamo permessi - intravvedendo difficoltà - di dare un consiglio purtroppo non ascoltato: fare più cose insieme in campagna elettorale, dare l’idea che i tre partiti fossero già determinati a lavorare come una squadra, sciogliere prima (e non dopo) alcuni nodi. Non è andata così.Ma oggi Meloni e Berlusconi possono utilmente fare alcune cose. È comprensibile che la leader di Fdi (che ha tutto dalla sua parte: voti, numeri e ragione nella sostanza) tenga il punto. È sacrosanto, avendo scommesso tutto sulla coerenza nella sua vita, che non voglia dare l’impressione di cedere, meno che mai a inizio legislatura: Meloni vuol far valere verso tutti la legittimazione popolare di cui è investita. Ciò detto, con un uomo della storia del Cav, parrebbe consigliabile mirare sul coinvolgimento, non su ipotesi di sottomissione. A che le serve far sentire umiliato un «padre nobile» (pure se è stato lui a provocarla)?Dall’altra parte, anche Berlusconi deve fare i suoi conti con realismo. Che fa, mette a rischio la nascita del governo di centrodestra? Proprio lui, che ne è stato il fondatore, si candida ad affossarlo? E ancora: dove sta scritto che i «riequilibri» si ottengano solo in termini di posti? Se Forza Italia ne è capace, apra una sfida costruttiva sui temi, e chieda al nuovo governo impegni antitasse, pro imprese, dando corpo a una spinta «sviluppista» di cui il centrodestra avrebbe maledettamente bisogno. Ma tutti - in primo luogo - pensino agli elettori, all’Italia maggioritaria che li ha premiati. Come deve sentirsi il popolo di centrodestra davanti a una squadra che già litiga negli spogliatoi? Chiariscano quel che c’è da chiarire, ma poi vadano in campo: gli avversari sono dall’altra parte.
Edoardo Raspelli (Getty Images)