2018-03-31
Ma per abolire i vitalizi bastava un questore?
Dunque bastava Fraccaro? Per tagliare i vitalizi, dico: bastava nominare Riccardo Fraccaro questore anziano alla Camera dei deputati? Davvero? Così poco? Bastava modificare la composizione dell'ufficio di presidenza di Montecitorio per eliminare il privilegio più odiato e discusso della storia repubblicana? E perché non l'abbiamo fatto prima? Siamo andati avanti per anni a discutere di leggi, sentenze, ricorsi, controricorsi, diritti acquisiti e interventi della Corte costituzionale. E invece era tutto inutile: bastava cambiare il questore anziano della Camera. Bastava Fraccaro. Di Maio non ha dubbi: «Così non c'è più scampo per i vitalizi», ha detto dopo l'elezione del suo collega 5 stelle. E noi, ovviamente, che da una vita lottiamo contro l'ingiustizia previdenziale ci auguriamo che abbia ragione. Ci auguriamo di vedere sparire i vitalizi nel giro di pochi giorni, con un semplice tratto di penna dell'ufficio di Montecitorio. Ma se davvero fosse così (speriamo!) non possiamo fare a meno di chiederci: perché non lo abbiamo fatto prima? Abbiamo passato buona parte degli ultimi dieci anni a inseguire gli scandali peggiori dei vitaliziati. Possiamo ormai citare i casi a memoria, da Angelo Pezzana (2.275 euro netti al mese per 8 giorni in Parlamento) a Giuseppe Gambale (che prende 8.455 euro lordi al mese da quando aveva 42 anni), dal triplo vitalizio di Sergio D'Antoni (12.000 euro lordi al mese) al doppio di Mario Capanna (5.000 euro netti al mese per 14 anni di lavoro), dal baby pensionato Antonio Di Pietro, ai vitalizi regalati ai Vip, come Gino Paoli (2.000 euro netti al mese), Eugenio Scalfari (2.270 euro netti) o Gianni Rivera (5.359). Ci siamo sfiancati a ripetere che sono privilegi insensati perché cadeaux aggiuntivi rispetto alla storia previdenziale di ognuno, che non si possono chiedere sacrifici ai pensionati italiani mentre si difendono queste regalie. Abbiamo discusso all'infinito la necessità di intervenire non solo sui vitalizi futuri (come in parte è stato fatto) ma soprattutto sui vitalizi passati (che poi è ciò che pesa davvero sul presente dei nostri conti). Abbiamo mandato inviati in mezza Italia a inseguire, assaltare, svergognare i pensionati d'oro che ripetevano in coro «il vitalizio è mio e guai chi me lo tocca». Abbiamo ribattuto miliardi volte alle osservazioni più stupide: «Lo prevede la legge», «Ma certo, bellezza: ma la legge chi l'ha fatta?». E dopo tutto ciò veniamo a sapere che bastava Fraccaro? Lo diciamo con rispetto, sia chiaro. Ma anche con un po' di spossatezza. E allora siate buoni, rispondeteci senza infierire: davvero tutta questa fatica si poteva evitare? Davvero si potevano evitare i travasi di bile, i pensionati al minimo inferociti nelle piazze, le massaie che ogni volta che sentivano la parola vitalizio venivano prese dall'irrefrenabile impulso di prendere a calci il televisore? Si poteva evitare tutto questo con la banale nomina di un questore (seppur anziano) a Montecitorio? Ve lo confessiamo con tutta la sincerità che possiamo: da una parte non stiamo nella pelle all'idea che i vitalizi vengano davvero cancellati, magari domani mattina, con un colpo di penna. Dall'altra parte, però, il medesimo fatto ci fa girare gli zebedei come il motori di Lewis Hamilton: ma se era così facile, perdirindindina, perché non è stato fatto prima? Perché ci hanno raccontato per anni di insormontabili difficoltà costituzionali? Perché hanno messo di mezzo il diritto, i valori repubblicani, la democrazia, il rispetto delle istituzioni, forse anche le schiere degli arcangeli e dei cherubini, tutto quello che si poteva mettere di mezzo insomma? Perché hanno depositato leggi (come quella dell'onorevole Matteo Richetti) che sono rimaste sepolte per anni prima di essere faticosamente spedite a impantanarsi in aula? Perché lo hanno fatto, se di una legge manco c'era bisogno? Se, per eliminare i vitalizi, bastava la decisione di un ufficio parlamentare? Chiediamo scusa, ma noi da sempre abbiamo questo sospetto. E cioè che le cose che non si possono fare, in realtà, sono quelle che non si vogliono fare. Considerare un diritto acquisito un vitalizio di 2.275 euro per chi è stato in Parlamento una settimana e chiedere a chi ha già lavorato per 40 anni di continuare a spaccarsi la schiena in cantiere è una cosa talmente sbagliata per definizione, talmente naturale nella sua sacrosanta illegittimità che non avrebbe bisogno di alcun riconoscimento giuridico. E invece ogni volta, per anni, ci siamo sentiti muovere appunti, obiezioni, apperrociocchè, dalmomentoincui, tenutocontodelfattoche, con gente che alzava il sopracciglio pensoso e sembrava spiegarti dall'alto al basso l'impossibilità del fare. «Sarebbe giusto», dicevano, «ma non si può». E ogni volta era un percorso a ostacoli, una montagna da scalare, come se per raggiungere il buon senso occorresse passare attraverso la cima dell'Himalaya portandosi Obelix sulla schiena. Poi l'altro giorno è arrivato Fraccaro. Come superman. E tutto è cambiato. Tutto è diventato improvvisamente semplice. A portata di mano. Commentatori, retroscenisti e affini, si stanno sbizzarrendo in queste ore a ricostruire i significati politici che si nascondono dietro l'abolizione dei vitalizi. Sono le prove di una vera maggioranza Salvini-Di Maio? Il nuovo governo può nascere proprio dall'asse delle forbici, cioè con il taglio ai costi della politica? E nel caso Forza Italia che farà? Tutte domande interessanti. Ma che, perdonateci, per noi che da tanti anni ci battiamo contro i privilegi di palazzo, passano dietro alla questione fondamentale, che è molto più facile e forse banale. E cioè: davvero i vitalizi saranno tagliati? Con un tratto di penna in un ufficio di Montecitorio? In poche settimane? Basterà davvero? Inutile dire che noi ce lo auguriamo. Eccome se ce lo auguriamo. Anche perché, se così fosse, oltre a eliminare i vitalizi daremmo un duro colpo a un altro vizio della politica, forse anche peggior. Quello di dire «non si può» tutte le volte che non si ha il coraggio di dire «non vogliamo».
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