2025-03-22
«Ho reso il vintage uno stile d’avanguardia»
L’anima del brand Fortela, Alessia Giacobino: «Rielaboro e customizzo i vecchi capi, soprattutto indumenti militari. Cerco sui mercati di Napoli, Bologna, ma anche negli Usa. Il parka foderato di pelliccia è stato un successo mondiale. I più colti in materia? I giapponesi».«Tu ricordati una cosa Alessia, per salvarti nella vita ti servirà la cultura, tu leggi e studia». Con queste parole, più mille altre, Velio Bartolini, famoso rallysta degli anni ’60, fondatore di locali storici come lo Zanarini di Bologna, spiegava alla nipote Alessia Giacobino, ciò che contava davvero. «La libreria era più grande della casa, una casa dove mio nonno ci voleva tutti assieme, spesso mangiavamo con Federico Fellini, il suo migliore amico, e Giulietta Masina», racconta la stilista designer architetto consulente (cambiando l’ordine degli addendi il risultato non cambia) che dal nonno ha ereditato coraggio e intraprendenza. «Tu vai, non pensare, vai avanti, non bisogna avere paura, la paura ti limita, mi diceva. E non ho mai avuto paura di niente, sono andata a Ny da sola a diciotto anni, con la scusa che sarei stata da una mia amica a Firenze, ero curiosa, volevo vedere, non mi sono messa in situazioni pericolose ma non mi sono mai data limiti di niente».Alessia Giacobino («mi definisco creatore, cioè coordinatore della creatività») è l’anima, assieme all’ex marito Alessandro Squarzi, di Fortela, brand dalla filosofia snobbissima capace di mettere insieme la passione per il vintage, i tagli da sartoria classica con tanto di tocchi western e militari. Una moda da intenditori, inconfondibile senza bisogno di etichette. «Ho iniziato a collezionare vintage a 15 anni e usavo vintage militare che è stato la svolta della mia esistenza». Ovvero ha precorso i tempi, si occupa di moda da sempre?«No, ho studiato architettura, ma dopo poco aver aperto il mio studio sono accadute due cose: ho conosciuto Alessandro che lavorava nella moda e mi aveva chiesto di progettare il suo showroom a Bologna; e mi chiamò il proprietario di una boutique molto all’avanguardia al quale piaceva come mi vestivo. Capi che dipingevo, tagliavo, rifacevo e quindi customizzavo per me stessa. Mi chiese una collezione e preparai una cinquantina di capi, pezzi unici, pantaloni dell’Esercito italiano dipinti a mano, consegnati e, in negozio, finiti in due giorni».La storia è andata avanti? «Eh sì. Visto il successo ho iniziato a pensare a una collezione mia che presentai in un albergo a Milano dove sapevo che andavano tutti i buyers più importanti: pantaloni, giacche militari dipinte, camicie di mussola. Arrivarono tutti e tutti i negozi top fecero ordini. Partì così Jo No Fui, che significa “non sono stato io” in portoghese, il destino aveva scelto, perché la mia famiglia non voleva, pensava a me come architetto». Di successo in successo.«Con Mr & Mrs Italy ho lanciato la tendenza del parka militare foderato di pelliccia. Praticamente avevo comperato tutti i parca vintage militari che esistevano nel mondo, quelli che c’erano non erano originali come i miei. La lavorazione era estremamente complessa, perché arrivavano molto grandi, li tagliavo per ridurli e poter dare più taglie ma mantenendo le cuciture originali di fianco, 8-9 ore di lavoro per ogni capo. Ai tempi si potevano usare le pellicce. Fu un successo mondiale, oltre 500 clienti top nel mondo da New York a Pechino».Dove avvenivano le ricerche del vintage?«Quando ero piccola andavo alla Montagnola a Bologna, posto storico. A Napoli c’è un mercato molto importante ma sono sempre andata negli Stati Uniti, a Los Angeles da dove si partiva alle 3 del mattino per arrivare a Pasadena e anche più in là a cercare tutti i vintaggisti che vivevano in capannoni sperduti. Uno di questi personaggi aveva migliaia e migliaia di parka militari; tagliò con una falce un cubo alto tre piani, ci fu una esplosione di parka perché erano tutti pressati. Tra topi che passavano ovunque ho iniziato a guardarli uno a uno ma era impossibile e li acquistai tutti, per fortuna, perché poi il business diventò talmente grande e avevo già fatto una scorta importante. E poi in Giappone, coltissimi nella materia vintage». A un certo punto però, ha abbandonato i suoi marchi. «È nata la mia bambina e ho fatto una scelta di vita, troppo l’impegno, troppe le ore che mi allontanavano da lei. Ho virato verso le consulenze, tutte di grande soddisfazione, prima da Pinko e poi ho realizzato il sogno della mia vita, quello di lavorare per Diego Della Valle e sono entrata nel gruppo Tod’s, rapporti che porto nel cuore».Diventare consulente cosa significa?«Il mio lavoro è trasversale su più fronti e in diversi aspetti si inserisce l’architettura, dalla scelte delle location, all’arredamento, alle campagne pubblicitarie. Non lascio libertà a nessuno, io controllo tutto, sono una persona molto pesante, difficile lavorare con me perché sono perfezionista e non delego».Così è oggi per Fortela?«Lavoro contemporaneamente da Fortela, il brand della mia famiglia dove seguo tutta la parte donna più il coordinamento della parte marketing e tutta la parte della comunicazione e i negozi, oltre che, da pochissimo, da Garatti, una gioielleria super esclusiva. A Milano, con Fortela apriremo durante il Salone del Mobile una boutique di 300 metri quadrati dove si troveranno le collezioni uomo e donna mentre nel negozio storico stiamo valutando d’inserire una parte del nostro straordinario archivio. Sono tre mesi che viaggio per il mondo alla ricerca di oggetti e pezzi che raccontino di noi. L’identità visiva è tutto».
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