2023-04-07
Vietato criticare giudici e procuratori. Gli unici autorizzati sono Biden e i dem
Che ipocrisia: la portavoce della Casa Bianca censura Donald Trump ma dimentica quando Joe sparò sulla Corte suprema per l’aborto.Che il Partito democratico americano avesse una notevole faccia tosta, non è mai stata una novità. Eppure stavolta sembra proprio che abbia raggiunto nuove vette. Come noto, Donald Trump è ormai diventato il primo ex presidente a subire un’incriminazione. E, negli scorsi giorni, il diretto interessato ha più volte accusato di faziosità il procuratore distrettuale di Manhattan, Alvin Bragg, oltre al giudice che supervisionerà il suo caso, Juan Merchan. Critiche, quelle di Trump, che hanno suscitato lo sdegno della portavoce della Casa Bianca, Karine Jean-Pierre. «Condanniamo qualsiasi tipo di attacco contro qualsiasi giudice e contro il nostro sistema giudiziario», ha dichiarato l’altro ieri. Parole che lasciano onestamente perplessi. In teoria, sarebbe anche giusto che un ex presidente non attacchi procuratori e giudici. Tuttavia sembra proprio che la Jean-Pierre abbia la memoria corta. Eh sì, perché si è evidentemente dimenticata della campagna di delegittimazione a cui, l’anno scorso, il Partito democratico ha sottoposto la Corte suprema dopo la sentenza del 24 giugno che ribaltava Roe v Wade, stabilendo che l’aborto non poteva essere considerato un diritto protetto dalla Costituzione. Commentando la decisione dei supremi togati, lo stesso 24 giugno Joe Biden disse: «Sono stati tre giudici nominati da un solo presidente, Donald Trump, il fulcro della decisione odierna di ribaltare la bilancia della giustizia ed eliminare un diritto fondamentale per le donne in questo Paese». «Questa decisione», aggiunse, «è il culmine di uno sforzo deliberato nel corso di decenni per sconvolgere l’equilibrio della nostra legge. È una realizzazione di un’ideologia estremista e un tragico errore da parte della Corte suprema, a mio avviso». In altre parole, Biden non si limitò a esprimere dissenso rispetto a una sentenza che aveva tutto il diritto di non condividere. No: delegittimò tre componenti della Corte suprema, violando così il principio di separazione dei poteri costituzionali. Una grave delegittimazione della Corte suprema arrivò anche dalla democratica Nancy Pelosi, che all’epoca era Speaker della Camera. «Questa mattina, la Corte suprema radicale sta sventrando i diritti degli americani e mettendo in pericolo la loro salute e sicurezza», dichiarò sempre il 24 giugno. Tradotto: la massima espressione del potere giudiziario fu delegittimata da uno dei massimi esponenti del potere legislativo. Nuovamente una violazione del principio di separazione dei poteri. Senza dimenticare che, in quegli stessi giorni, la deputata dem, Alexandria Ocasio-Cortez sostenne che la decisione dei supremi togati era «illegittima», esortando la gente a scendere in piazza perché «le elezioni non bastavano più». Tutto questo la Jean-Pierre deve esserselo dimenticata. Non solo: quando il procuratore federale George Holding incriminò nel 2011 l’ex candidato dem John Edwards con accuse simili a quelle avanzate da Bragg contro Trump, molti esponenti dell’asinello dissero che il caso era politicamente motivato (Holding era stato nominato da George W. Bush nel 2006 e si sarebbe candidato alla Camera con i repubblicani nello stesso 2011). Sembra quindi che, per i dem, giudici e procuratori vadano rispettati solo quando agiscono in linea con i propri interessi politici. E allora, seguendo questa logica, non si capisce per quale ragione la Casa Bianca condanni i recenti attacchi di Trump contro Merchan e Bragg. In primis, secondo il Daily Mail, la figlia del giudice Merchan avrebbe lavorato per la campagna elettorale di Kamala Harris. In secondo luogo, oltre ad aver presentato martedì un impianto accusatorio definito «deludente» dalla stessa testata progressista Vox, il procuratore distrettuale Bragg appartiene al Partito democratico e, secondo il New York Post, avrebbe ricevuto indirettamente finanziamenti da George Soros nella sua campagna elettorale del 2021 tramite l’organizzazione Color of change. Ricordiamo d’altronde che, negli Usa, i procuratori distrettuali vengono eletti e che mostrano pertanto un’affiliazione partitica. Infine, sarà un caso, ma ad essere dem non è solo Bragg. Lo è anche la procuratrice distrettuale di Fulton, Fani Willis, che sta indagando sull’ex presidente e altri repubblicani per presunta interferenza nelle elezioni del 2020 in Georgia. Quella stessa Willis che, a luglio, fu aspramente rimproverata dal giudice Robert McBurney, per aver organizzato un evento di raccolta fondi a favore di un candidato locale dem in corsa contro un repubblicano oggetto della sua stessa inchiesta. Insomma, se i dem potevano lamentarsi dei supremi togati nominati da Trump e dei procuratori scelti da Bush, non si capisce per quale ragione Trump non possa lamentarsi del fatto che la figlia del giudice che deve supervisionare il suo caso abbia lavorato per Kamala Harris. E non si capisce neanche perché non possa lamentarsi del fatto che i procuratori distrettuali che lo stanno braccando lascino intendere di farlo su basi politiche. Certo: questo non giustifica minimamente le deprecabili minacce che sono di recente arrivate da alcuni sostenitori dell’ex presidente a Merchan e a Bragg. Andrebbe però ricordato che, l’8 giugno scorso, un ventiseienne armato tentò di uccidere Brett Kavanaugh - il giudice nominato da Trump alla Corte Suprema nel 2018 - per impedirgli di esprimere la sua posizione a favore dell’annullamento di Roe v Wade. Della serie: il rispetto delle istituzioni dovrebbe valere sempre. E non sulla base della convenienza politica. Bisognerebbe forse spiegarlo alla Jean-Pierre.