2025-09-04
Paura dei fischi: Beppe Sala diserta il corteo del Leoncavallo
Centro sociale Leoncavallo (Ansa)
I centri sociali si spaccano: l’ala più radicale non perdona il dialogo con le istituzioni.Beppe Sala deve aver fiutato che di questi tempi, in piazza, è meglio non andarci. E così, mentre sabato Milano sarà attraversata da due manifestazioni, il sindaco sarà a Parigi per una tournée della Scala. Eviterà così, con tutta probabilità, bordate di fischi e contestazioni. Del resto, la divisione dei due cortei è già un segno tangibile di una frattura che corre non solo fra movimenti e istituzioni dem ma anche dentro il mondo dei centri sociali milanesi. La coalizione che sostenne il sindaco quattro anni fa non esiste più.La prima manifestazione partirà a mezzogiorno da piazza Duca d’Aosta, organizzata dal centro sociale Cantiere e da altre realtà che mettono al centro il tema dell’abitare e della gestione della città. Sono loro a rivendicare di essere i «veri» centri sociali, con una continuità di pratiche antagoniste, e a sottolineare la distanza da chi ha scelto di legarsi troppo all’istituzione comunale. Non a caso, il corteo del Cantiere si muoverà separatamente e solo più tardi confluirà in quello del Leoncavallo, ma non insieme in testa: segno di una distanza politica che si è acuita nelle ultime settimane.Il secondo corteo partirà alle 14 da Porta Venezia, con al centro lo slogan «Giù le mani dalla città». Sarà il corteo del Leoncavallo, il centro sociale più famoso d’Italia, che dopo lo sgombero ha scelto la via della mobilitazione pubblica ma anche del confronto con il Comune. È proprio questo il punto che divide: per una parte del movimento, l’idea di partecipare a un bando comunale per una nuova sede equivale a snaturarsi, diventare quasi un circolo Arci, perdere l’identità antagonista che per oltre quarant’anni ha caratterizzato lo spazio di via Watteau.La contraddizione è esplosa martedì sera alla Camera del Lavoro, durante un’assemblea affollata e tesa. Lì sono state rivolte accuse non soltanto al governo, responsabile dello sgombero di Ferragosto, ma anche al Comune di Milano e a Sala personalmente. I toni si sono alzati: si è parlato di urbanistica piegata agli interessi dei privati, di scandali che hanno investito la giunta, di un sindaco che in campagna elettorale era stato sostenuto da parte delle stesse realtà che oggi si sentono tradite. La manifestazione di sabato, in pratica, rischia di essere un duro atto d’accusa contro il Comune.Sala, dal canto suo, ha scelto di non esserci. Ufficialmente perché impegnato con la Scala a Parigi, ufficiosamente anche per evitare il contatto diretto con una piazza che non gli perdonerebbe né l’incertezza sul destino del Leoncavallo né le accuse di ambiguità politica. Ha provato a smorzare i toni parlando di manifestazioni che «spero siano pacifiche», ma la sua assenza verrà letta come una presa di distanza da un conflitto che riguarda profondamente la città.Intanto, sul tavolo resta l’enigma: che cosa sarà il Leoncavallo nel futuro? Un centro sociale capace ancora di rappresentare la parte più radicale dei movimenti, o un soggetto che finirà per rientrare nei circuiti dell’associazionismo, con un contratto regolare e un riconoscimento istituzionale? La zona di San Dionigi, individuata come possibile nuova sede, è già teatro di opposizioni e polemiche: residenti, associazioni locali e politici di centrodestra iniziano a protestare, parlando di rischio per la sicurezza e di un regalo all’illegalità.Intanto l’esponente di Fdi Riccardo De Corato «domanda al prefetto l’apertura di un tavolo per l’ordine pubblico su Chiaravalle. La sicurezza dei milanesi non può essere barattata con le esigenze di un centro sociale». Nell’area di Chiaravalle, fa sapere l’ex vicesindaco con le giunte di centrodestra Albertini e Moratti, «il territorio si sta mobilitando: i residenti raccolgono firme per dire no».
Benedetta Scuderi, Annalisa Corrado, Arturo Scotto e Marco Croatti (Ansa)
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