2025-09-05
Addio al re della moda 100% made in Italy che ha disegnato l’eleganza
Lo stilista ha rivoluzionato le passerelle con le sue giacche destrutturate e ha mantenuto la direzione creativa di tutte le linee del gruppo fino alla fine.La successione è stata pianificata per evitare sconvolgimenti societari e blitz esterni.Lo speciale contiene due articoli«Ho dato alla donna la giacca, i pantaloni, la camicia usando in modo femminile argomenti maschili. E la donna aveva, allora, la voglia di ricomporsi. Le ho dato l’occasione per rimettersi in riga». Parola di Giorgio Armani che ha rivoluzionato il modo di vestire e di pensare la moda diventando uno degli ambasciatori della stile italiano nel mondo. Il re della moda è morto ieri a 91 anni. A confermarlo è stato il comunicato del suo gruppo: «Con infinito cordoglio, il gruppo Armani annuncia la scomparsa del suo ideatore, fondatore e instancabile motore. Il signor Armani, come è sempre stato chiamato con rispetto e ammirazione da dipendenti e collaboratori, si è spento serenamente, circondato dai suoi cari. In questa azienda ci siamo sempre sentiti parte di una famiglia. Oggi (ieri, ndr), con profonda commozione, sentiamo il vuoto che lascia chi questa famiglia l’ha fondata e fatta crescere con visione, passione e dedizione. Ma è proprio nel suo spirito che insieme, noi dipendenti e i familiari che sempre hanno lavorato al fianco del signor Armani, ci impegniamo a proteggere ciò che ha costruito e a portare avanti la sua azienda nella sua memoria, con rispetto, responsabilità e amore». La camera ardente sarà allestita da domani e sarà visitabile fino a domenica, dalle 9 alle 18, a Milano, in via Bergognone 59, presso l'Armani/Teatro. I funerali si svolgeranno in forma privata lunedì, giorno di lutto cittadino. Aver conosciuto Armani è stato un orgoglio, un privilegio a. Dirlo oggi è faticoso. Il ricordo è vivissimo e pensare alla prossima settimana della moda senza di lui è faticoso. Noi giornaliste di moda, dopo oltre 30 anni di mestiere, aspettavamo sempre il momento in cui l’avremmo incontrato a fine sfilata. Una chiacchierata che spesso si traduceva in esternazioni che facevano notizia. È sempre stato un grande anche in questo. Per Armani tutto ebbe inizio nel 1957, quando entrò alla Rinascente dove rimase fino al 1963. Nel 1964 venne chiamato dallo stilista-industriale Nino Cerruti alla Hitman per disegnare la linea maschile ed è nel 1975, il 24 luglio, che effettivamente nacque a Milano la Giorgio Armani Spa in corso Venezia 37, capitale sociale 10 milioni di lire. Il manager è Sergio Galeotti e il creativo Giorgio Armani. Da lì il successo inarrestabile. Nel 1979 Armani riceve a New York il Neiman Marcus Award quale miglior talento creativo dell’anno. È il 1980 a decretare l’entrata sul grande schermo: esce al cinema American Gigolo e il protagonista, Richard Gere indossa solo abiti Armani. Tra le dive affezionate Claudia Cardinale, Sophia Loren, Sharon Stone, Isabella Rossellini, Jodie Foste, Anne Hataway, Demi Moore. Il Time, nel 1982, dedica la copertina al «Giorgio’s Gorgeous Style», lo strepitoso stile di Giorgio. «La copertina può soddisfare la mia vanità, ma è l’attenzione che hanno dedicato al mio lavoro che mi dà grande piacere professionale. Hanno capito - senza la sufficienza che spesso usa chi parla di moda - il valore di un impegno che non consiste nel disegnare qualche modello, ma nel cercare continuamente di adattare un modo di vestire e di vivere, vivere, vivere, un’idea a una possibilità di riproduzione industriale», aveva commentato. Il Comune di Milano gli conferisce l’Ambrogino d’oro. E nel 2000 il Solomon Guggenheim Museum di New York gli dedica la più grande retrospettiva mai vista. È del 2005 il debutto a Parigi con la sua haute couture chiamata Privé. Nel 2011 viene inaugurato il secondo Armani Hotel (il primo a Dubai nel 2010) a Milano. Ma Armani, nato a Piacenza ma uomo mondiale, non ha mai dimenticato Milano, da dove è partito. E qui c’è il cuore. «Milano è la città in cui ho scelto, da anni, di vivere e lavorare e che mi ha dato molto. Milano mi ha accolto, capito e mi ha sempre ispirato. È una città concreta, dinamica e in continuo cambiamento, aspetti che hanno profondamente influito sul mio lavoro». E continua. «Amo profondamente Milano, la sua cultura e la sua storia. Per questo motivo mi sono sempre sentito in dovere di dare in cambio qualcosa e personalmente devo dire di aver sempre fatto del mio meglio con un impegno personale costante e di essere soddisfatto di quanto sono riuscito a fare». Nel febbraio 2020 alla luce del dilagare dei casi di Covid 19 in Italia, lo stilista decise di far sfilare la collezione Giorgio Armani Donna Autunno/Inverno 2020-2021 a porte chiuse per non mettere a rischio la salute dei suoi dipendenti e dei suoi ospiti. A marzo, tutti gli stabilimenti di produzione italiani di Armani sono stati convertiti alla realizzazione di tute mediche monouso. Ad aprile Giorgio Armani ha scritto una lettera aperta a Wwd, esortando a riconsiderare tempi e meccanismi del sistema moda. Di fronte all’emergenza sanitaria, il Gruppo Armani ha fatto donazioni agli ospedali italiani e alla Protezione civile. A luglio, l’Organizzazione mondiale del Turismo delle Nazioni unite ha designato Giorgio Armani nuovo ambasciatore speciale per il Turismo Responsabile. Non solo moda, anzi. Nel febbraio 2022, durante la Milano Fashion Week, Giorgio Armani decide di mostrare le sue collezioni Giorgio Armani donna e uomo senza musica in segno di rispetto verso le persone coinvolte nel conflitto ucraino. Viene fatta una donazione per l’iniziativa di raccolta fondi lanciata dall’Unhcr, per assistere e proteggere le persone costrette alla fuga. Viene inoltre fatta una donazione di indumenti essenziali per i rifugiati da distribuire attraverso la Comunità di Sant’Egidio. Ad aprile Giorgio Armani presenta il nuovo sito Armani/Values: un’esplorazione e una sintesi dei valori che da sempre sono alla base delle azioni di stile e delle scelte imprenditoriali dello stilista. «I miei eroi e le mie eroine sono le persone che sono riuscite e essere sé stesse». La sua bravura è stata anche il saper imporre il suo stile proponendolo ogni volta in modo coerente ma anche innovativo. «Lo stile è eleganza e non stravaganza. L’importante è non farsi notare, ma ricordare», una delle sue frasi più celebri. La filosofia della moda di Giorgio Armani, la sua visione dello stile come lifestyle, insieme alla sua abilità imprenditoriale, sono alla base del successo del Gruppo Armani. Per meriti culturali e professionali, lo stilista ha ricevuto numerosissimi riconoscimenti. «Crescere non vuol dire altro che adattare il mondo perfetto delle idee a quello imperfetto della realtà. Ci vuole una vita per farlo, ma alla fine ci si riesce». Giorgio, ci mancherai immensamente. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/e-morto-giorgio-armani-2673962612.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="dietro-di-lui-un-impero-blindato-da-13-miliardi" data-post-id="2673962612" data-published-at="1757037440" data-use-pagination="False"> Dietro di lui un impero blindato da 13 miliardi A chi andrà l’eredità di Giorgio Armani? La risposta è in un documento notarile che sembra la sceneggiatura di un enigma: sei categorie di azioni, superpoteri distribuiti a tavolino, tetti ai dividendi e una fondazione che funge da arbitro. Una costruzione complessa che ha un solo scopo: blindare il patrimonio stimato 13 miliardi. Armani ha pensato a tutto: alla famiglia, al compagno di vita, alla Fondazione e persino a chi, un domani, volesse bussare alla porta della Borsa. Nessun erede diretto, nessun figlio. Solo affetti selezionati con cura. In cima c’è Pantaleo «Leo» Dell’Orco, amico, compagno e consigliere delegato, che Armani stesso definiva «il mio fido Leo». Accanto le due nipoti Silvana (69 anni) e Roberta (54 anni), figlie del fratello Sergio, e il nipote Andrea Camerana (55), figlio della sorella Rosanna (86). I destini degli eredi si incrociano con altre dinastie: Roberta è la moglie separata di Angelo Moratti jr, figlio di Gian Marco. Andrea Camerana, sposato con Alessia Aquilani, cantante dance di grande successo negli anni Novanta con il nome di Alexia condivide con John Elkann il trisnonno Giovanni Agnelli, tra i fondatori della Fiat. Leo Dell’Orco e i nipoti siedono già nel consiglio di amministrazione della Giorgio Armani spa, insieme a nomi esterni di peso come Federico Marchetti, fondatore di Yoox. Il cuore della successione è lo statuto approvato nel 2016 e ritoccato nel 2023 con l’introduzione delle azioni senza diritto di voto. Un’architettura sofisticata che prevede sei categorie di titoli, dalla A alla F, più due senza voto.Ripartizione del capitale: i soci A controlleranno il 30%, i soci F il 10%, mentre le altre categorie avranno il 15% ciascuna. Pesi diversi in assemblea: le azioni A valgono 1,33 voti, le F addirittura 3 voti. Risultato: con il 40% del capitale, i blocchi A e F eserciteranno oltre il 53% dei voti, veri arbitri del potere. Consiglio di amministrazione: fissato a otto membri. La Fondazione Armani: con poteri di veto e ruolo di ago della bilancia.In pratica, Giorgio Armani ha blindato la sua creatura, evitando che scelte improvvide o appetiti esterni possano scalfirne l’identità.Il documento prevede un divieto di quotazione in Borsa nei cinque anni successivi alla scomparsa dello stilista. Per fusioni, scissioni, aumenti di capitale e modifiche statutarie servirà il 75% dei voti in assemblea straordinaria. Le retribuzioni degli amministratori, poi, sono vincolate: se non si raggiunge il 51% dei voti, niente compensi. Ma resta la possibilità di retribuzione sotto forma di partecipazione agli utili o stock option.E per le scelte stilistiche? Tutte le categorie dovranno essere coinvolte, ma ancora una volta A e F avranno diritto di veto. Una garanzia: lo stile Armani non finirà nelle mani di un manager di passaggio, ma resterà in quelle dei «luogotenenti» designati.
(Guardia di Finanza)
I Comandi Provinciali della Guardia di finanza e dell’Arma dei Carabinieri di Torino hanno sviluppato, con il coordinamento della Procura della Repubblica, una vasta e articolata operazione congiunta, chiamata «Chain smoking», nel settore del contrasto al contrabbando dei tabacchi lavorati e della contraffazione, della riduzione in schiavitù, della tratta di persone e dell’intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro.
Le sinergie operative hanno consentito al Nucleo di polizia economico-finanziaria Torino e alla Compagnia Carabinieri di Venaria Reale di individuare sul territorio della città di Torino ed hinterland 5 opifici nascosti, dediti alla produzione illegale di sigarette, e 2 depositi per lo stoccaggio del materiale illecito.
La grande capacità produttiva degli stabilimenti clandestini è dimostrata dai quantitativi di materiali di contrabbando rinvenuti e sottoposti a sequestro: nel complesso più di 230 tonnellate di tabacco lavorato di provenienza extra Ue e circa 22 tonnellate di sigarette, in gran parte già confezionate in pacchetti con i marchi contraffatti di noti brand del settore.
In particolare, i siti produttivi (completi di linee con costosi macchinari, apparati e strumenti tecnologici) e i depositi sequestrati sono stati localizzati nell’area settentrionale del territorio del capoluogo piemontese, nei quartieri di Madonna di Campagna, Barca e Rebaudengo, olre che nei comuni di Caselle Torinese e Venaria Reale.
I siti erano mimetizzati in aree industriali per dissimulare una normale attività d’impresa, ma con l’adozione di molti accorgimenti per svolgere nel massimo riserbo l’illecita produzione di sigarette che avveniva al loro interno.
I militari hanno rilevato la presenza di sofisticate linee produttive, perfettamente funzionanti, con processi automatizzati ad alta velocità per l’assemblaggio delle sigarette e il confezionamento finale dei pacchetti, partendo dal tabacco trinciato e dal materiale accessorio necessario (filtri, cartine, cartoncini per il packaging, ecc.), anch’esso riportante il marchio contraffatto di noti produttori internazionali autorizzati e presente in grandissime quantità presso i siti (sono stati infatti rinvenuti circa 538 milioni di componenti per la realizzazione e il confezionamento delle sigarette recanti marchi contraffatti).
Gli impianti venivano alimentati con gruppi elettrogeni, allo scopo di non rendere rilevabile, dai picchi di consumo dell’energia elettrica, la presenza di macchinari funzionanti a pieno ritmo.
Le finestre che davano verso l’esterno erano state oscurate mentre negli ambienti più interni, illuminati solo artificialmente, erano stati allestiti alloggiamenti per il personale addetto, proveniente da Paesi dell’Est europeo e impiegato in condizioni di sfruttamento e in spregio alle norme di sicurezza.
Si trattava, in tutta evidenza, di un ambiente lavorativo degradante e vessatorio: i lavoratori venivano di fatto rinchiusi nelle fabbriche senza poter avere alcun contatto con l’esterno e costretti a turni massacranti, senza possibilità di riposo e deprivati di ogni forma di tutela.
Dalle perizie disposte su alcune delle linee di assemblaggio e confezionamento dei pacchetti di sigarette è emersa l’intensa attività produttiva realizzata durante il periodo di operatività clandestina. È stato stimato, infatti, che ognuna di esse abbia potuto agevolmente produrre 48 mila pacchetti di sigarette al giorno, da cui un volume immesso sul mercato illegale valutabile (in via del tutto prudenziale) in almeno 35 milioni di pacchetti (corrispondenti a 700 tonnellate di prodotto). Un quantitativo, questo, che può aver fruttato agli organizzatori dell’illecito traffico guadagni stimati in non meno di € 175 milioni. Ciò con una correlativa evasione di accisa sui tabacchi quantificabile in € 112 milioni circa, oltre a IVA per € 28 milioni.
Va inoltre sottolineato come la sinergia istituzionale, dopo l’effettuazione dei sequestri, si sia estesa all’Agenzia delle dogane e dei monopoli (Ufficio dei Monopoli di Torino) nonché al Comando Provinciale del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco di Torino nella fase della gestione del materiale cautelato che, anche grazie alla collaborazione della Città Metropolitana di Torino, è stato già avviato a completa distruzione.
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