2021-05-25
Il vice di Speranza sentito dai pm sul giallo del report censurato
Il capo di gabinetto, Goffredo Zaccardi, ieri ha risposto per sei ore alle domande della Procura di Bergamo. Il suo nome è nelle chat tra Silvio Brusaferro e Ranieri Guerra sul documento di Francesco Zambon da affossare.L'anello mancante. Ieri in Procura a Bergamo è stato sentito Goffredo Zaccardi, capo di gabinetto del ministero della Salute, per provare a dipanare una delle matasse giudiziarie più scottanti di tutta la pandemia italiana: la storia del rapporto dell'Oms che visse solo 20 ore. Pubblicato il 13 maggio 2020 sul sito europeo dell'Organizzazione mondiale della sanità, fu rimosso il giorno successivo perché conteneva critiche urticanti nei confronti della gestione del governo di Giuseppe Conte e un'accusa precisa: il nostro Paese non aveva un piano pandemico aggiornato, la versione in vigore era quella del 2006.Quel dossier, scritto dai ricercatori della sede di Venezia coordinati da Francesco Zambon, oggi è al centro di un'inchiesta dei pm bergamaschi che hanno indagato per falso l'ex direttore vicario dell'Oms ed ex membro del Comitato tecnico scientifico, Ranieri Guerra, ritenendo che abbia mentito quando ha sostenuto davanti agli investigatori di «non avere mai esercitato pressioni» sui ricercatori della sua stessa organizzazione. L'audizione di Zaccardi, convocato come persona informata dei fatti e non indagato, è importante in quanto il collaboratore principale di Roberto Speranza è l'unico a poter rispondere alle due domande chiave: il ministro sapeva che il rapporto sarebbe stato rimosso dal sito dell'Oms? Il ministro ha avuto parte attiva nel chiederne la rimozione e poi la scomparsa dai radar?Un passo avanti nella ricerca della verità è stato fatto; Zaccardi ha risposto a molte delle domande dell'ufficio guidato dal procuratore Antonio Chiappani e dal procuratore aggiunto Maria Cristina Rota. L'alto funzionario è rimasto in Procura oltre sei ore (dalle 10 del mattino alle 16.30), ma in questi casi almeno la metà del tempo viene utilizzata per verbalizzare. L'interrogatorio è stato secretato per evitare fughe di notizie e il procuratore Chiappani ha preferito adottare la regola del silenzio: «Non posso che trincerarmi dietro il massimo riserbo». All'uscita da palazzo di Giustizia, Zaccardi non ha voluto chiarire o rilasciare dichiarazioni, dribblando le domande con la formula classica: «Non faccio dichiarazioni, parlerò ma non oggi. Oggi ho parlato abbastanza perché era mio dovere». Poi si è allontanato a bordo dell'auto blu del ministero.Il suo ruolo è fondamentale, il suo nome compare in numerose chat acquisite dal telefonino di Silvio Brusaferro, presidente dell'Istituto superiore di sanità. In quelle conversazioni di un anno fa Guerra accennava a «scuse profuse al ministro» dopo la pubblicazione e a riunioni con lo stesso Speranza e «con il capo di gabinetto (appunto Zaccardi, ndr)» per un'eventuale modifica del rapporto prima di una sua ripubblicazione, peraltro mai avvenuta. Il 18 maggio 2020 sempre Guerra scrive a Brusaferro per informarlo che alle 19 «avrebbe visto Zaccardi». E aggiunge una frase un po' sprezzante nei confronti degli estensori del dossier: «Vuoi che inizi a parargli dell'ipotesi di revisione del rapporto dei somarelli di Venezia?». Il numero uno dell'Iss è d'accordo.Alle 20.35 dello stesso giorno Guerra gli manda l'sms più importante e in qualche modo compromettente, al centro dell'inchiesta: «Il capo di gabinetto dice di vedere se riusciamo a farlo cadere nel nulla. Se entro lunedì nessuno ne parla vuole farlo morire. Altrimenti lo riprendiamo insieme. Sic». Quelle parole creano il sospetto che ci fosse la volontà da parte dei vertici sanitari di far sparire o di edulcorare le accuse dei ricercatori guidati da Zambon, considerati un elemento destabilizzante nella narrazione trionfalistica (o come minimo consolatoria) della lotta alla pandemia da parte italiana. Descrizioni che il premier Conte aveva utilizzato per dipingere una situazione rivelatasi poi lontana dalla realtà.Al contrario, nel rapporto la risposta italiana all'aggressione del Covid veniva definita «caotica e creativa», esattamente ciò che milioni di italiani avevano quotidianamente sotto gli occhi. Nel documento era stata messa nero su bianco una verità spiacevole: gli studiosi specificavano che l'Italia era arrivata a fronteggiare l'emergenza virus senza un piano pandemico aggiornato. Quello in vigore era vecchio, risalente al 2006. Sarebbe stato obbligatorio aggiornarlo nel 2013 ma non è mai stato fatto. Il dovere di farlo era in capo al ministero della Salute.L'inchiesta prosegue, i pm bergamaschi (il territorio più colpito dalla prima ondata) non intendono creare polveroni mediatici ma restituire ai cittadini la verità oggettiva dei fatti. Agli atti c'è anche la memoria difensiva presentata da Guerra dopo le accuse; il funzionario sostiene di non avere mai esercitato pressioni e si giustifica sottolineando che la richiesta di modificare il report fosse arrivata dall'Oms Cina, effettivamente in quei mesi impegnato ad allontanare da Pechino ogni responsabilità. Lo stesso Zambon, che si è dimesso dall'incarico, ha precisato in Procura: «Fui io a ritirare il report per una modifica, ma poi doveva ritornare online». Invece scomparve.