
I soldi che, per i pm, il fratello del cognato dell'ex premier Matteo Renzi prese ai bimbi africani, finirono nella banca locale. Da essa partirono i fondi per tre aziende in orbita renziana. E qui risiede ancora una sorella dell'ex premier. Milioni di euro destinati ai bambini dell'Africa sono passati da una piccola agenzia della Cassa di risparmio di Rimini. L'ufficio si trova nel mini centro commerciale Stellina di Castenaso, a pochi chilometri da Bologna. Qui la Procura di Firenze ha messo sotto osservazione i conti personali dei fratelli Conticini, parenti di Renzi (Andrea, indagato per riciclaggio, è suo cognato). Nella filiale, che, da poche settimane, esibisce l'insegna del nuovo padrone, il Crédit agricole, la giovane vicedirettrice, tailleur blu elettrico e chioma bionda, quando sente nominare i Conticini, si rimangia il sorriso: «Non posso parlare di questo argomento. Mi comprenda. Se sono ancora nostri clienti? No comment». Dà l'impressione di conoscere bene Luca, accusato insieme con il fratello Alessandro di appropriazione indebita e autoriciclaggio di fondi di organizzazioni come l'Unicef. A una trentina di metri dalla banca si trova la vecchia abitazione dei Conticini, in un'anonima palazzina popolare in mattoni rossi. Qui i ragazzi vivevano con il padre, agente di commercio, e la madre casalinga. Una famiglia dignitosa, ma non certo benestante. «Normale, ricca decisamente no», ammette il sindaco Pd Stefano Sermenghi che con Alessandro faceva judo da ragazzo. Il capo famiglia, Alfonso Conticini, originario di Bibbiena (Arezzo), classe 1936, è stato dipendente di una ditta di parati e della Sperlari, quindi dopo un breve periodo di disoccupazione si è messo in proprio. Il signor B., un vecchio conoscente («ma non mi citi»), raccoglie questi ricordi: «Era un convinto elettore di Alleanza nazionale e lavorava soprattutto in Toscana. Mi risulta che fosse il direttore commerciale di un'azienda di decalcomanie e che collaborasse con Tiziano Renzi». Un'informazione che non siamo riusciti a verificare. Vera o no, gli intrecci tra i Conticini e i Renzi sono autentici e certificati. Probabilmente favoriti dalla comune frequentazione del mondo scout. Tutti i sette fratelli, tre Conticini e quattro Renzi, sono infatti cresciuti con lo zaino sulle spalle.Andrea Conticini e Matilde Renzi si sono sposati praticamente con il fazzolettone al collo e anche Benedetta, ha conosciuto l'amore della vita, il coetaneo (1972) Federico Andreoli, un personal trainer della zona, frequentando gli scout di Villanova di Castenaso. La sorella dell'ex premier si è trasferita nella Bassa, tra campi di grano, patate e barbabietole, con il ruolo di responsabile della sede bolognese dell'azienda di famiglia, di cui detiene le quote e che qui si occupava della distribuzione del Resto del Carlino. Quindi nel 2012 fece da collegamento tra il sindaco e l'emergente fratello: «All'epoca a Bologna Renzi non lo voleva nessuno. Il primo cittadino di Imola, oggi senatore iper renziano, gli fece negare il palazzetto e allora lo ospitai io», ricorda Sermenghi. Dopo poco Benedetta divenne assessore di Castenaso, per poi dimettersi quando il suo mentore abbandonò il verbo renziano. «Se ha lasciato la mia giunta per questo? Ci può stare», ridacchia Sermenghi, che liquida così l'ex premier: «Matteo mi ha deluso sia sotto il profilo politico che quello umano, quando un leader molla quelli che hanno combattuto per lui vuol dire che è destinato a finire in fretta». Il riferimento è autobiografico: Sermenghi venne coinvolto in un'indagine su una speculazione edilizia e poi archiviato su richiesta della Procura: «All'epoca Renzi andò ad abbracciare e baciare la mia accusatrice, una collega sindaca del Pd, senza nemmeno sapere che cosa fosse successo. Fu una cosa che non mandai giù». Nonostante questo incidente Benedetta Renzi e il marito Federico sono rimasti a vivere a Castenaso, in una casa colonica color pastello al confine con Granarolo, quasi all'ombra dall'inceneritore della Hera. Abitano in paese anche Luca Conticini e la moglie Lucia Costa, ovviamente con un passato da capo scout e figlia di Neria Alberoni, ex consigliere comunale della Dc prima e del Pd poi. I coniugi Conticini, entrambi ingegneri (Luca è un quadro dell'Anas da circa 40.000 euro l'anno), risiedono, con i genitori di lei, in un'amena villetta a pochi metri dal campo da calcio di Castenaso. L'hanno acquistata insieme pochi anni fa, quando i Conticini iniziarono a investire nell'immobiliare. A meno di 3 chilometri dall'abitazione si trova la chiesa di Sant'Ambrogio, epicentro delle attività scoutistiche dei Conticini e dei Renzi. Don Domenico Cambareri è l'energico pastore della comunità: «Conosco soprattutto Luca che è un mio stretto collaboratore come capo scout. Mi ha parlato della vicenda giudiziaria, ma, da parroco, ho il vincolo della riservatezza. Comunque io, di Luca, ho una stima profonda per il grande lavoro educativo che svolge». Angelo Mazzoncini, fotografo ed ex compagno di lista di Benedetta Renzi (nonostante le simpatie berlusconiane), oggi si trova all'opposizione in Consiglio comunale e commenta: «Ho fatto anche io per 21 anni lo scout e da chi viene dal nostro mondo non ci si aspetta quello che sta emergendo a livello giudiziario. E anche se penso che i magistrati non contestino accuse tanto gravi senza validi indizi, spero che i Conticini riusciranno a dimostrare la loro innocenza. Diversamente sarebbe un bello scandalo». In paese Alessandro è forse il meno amato dei tre fratelli. «Andava a scuola con mio figlio», rammenta sempre il signor B., «allo scientifico di Budrio. I compagni lo chiamavano “il conte" per le arie che si dava». Un ex scout, che preferisce rimanere anonimo («ho paura se la prendano con i miei figli»), rievoca una sfuriata che Alessandro fece a una riunione dei vertici locali dell'organizzazione: «Quella sera fece piangere parecchia gente. Ci disse di essere una sorta di super capo, che si preparava tutti i giorni per esserlo, mentre noi tutti non valevamo niente. Una specie di marchese del Grillo: io sono io e voi…». Nel 2004 si è laureato a Bologna, ha conseguito un master a Manchester e ha iniziato a lavorare all'estero con le principali organizzazioni umanitarie. Dal 2008 al 2016 sul conto aperto presso il centro Stellina e su altri due (uno alle Seychelles e uno a Capo Verde) sarebbero transitati 10 milioni di dollari destinati alla beneficienza, ma 6,6 avrebbero preso strade diverse. Almeno due milioni di euro sarebbero stati utilizzati per l'acquisto di immobili in Portogallo. Nel 2011 da Castenaso partirono anche 267.800 euro destinati a finanziare tre società nell'orbita del Giglio magico: la Eventi 6, direttamente della famiglia, la Quality press Italia e la Dot Media, entrambe di proprietà di stretti collaboratori dei Renzi, come Lilian Mammoliti e Matteo Spanò (altro capo scout). Per i legali dei Conticini tutti quei soldi erano i «risparmi di una vita». Ma a Castenaso in molti dubitano che i figli di Alfonso, gli stessi che abitavano nel condominio popolare di via Galvani 28, possano aver messo da parte tanto denaro.
Gattuso e la Nazionale lasciano San SIro al termine del match perso per 4-1 contro la Norvegia (Ansa)
Necessarie misure serie: una quota per gli extracomunitari e almeno cinque azzurri in campo di norma. L’ennesimo Mondiale è a rischio, Gravina si prenda la responsabilità. E i settori giovanili vanno ripensati.
Questo non è un pezzo nostalgico anzi è un pezzo che guarda al futuro perché mi sono semplicemente rotto le scatole di una Nazionale scialba, viziata e perdente. E - chiedo scusa a Gattuso perché adesso tocca a lui fare da parafulmine - mi innervosiscono quelle dichiarazioni stupidamente ottimiste del tipo: «Bisogna ripartire dai primi 45 minuti», perché durante il primo tempo la Norvegia era in modalità «turismo»; quando si è svegliata ci ha preso a pallonate.
(Arma dei Carabinieri)
I Carabinieri del Comando Provinciale di Vicenza hanno portato a termine l'operazione «Marshall». Arrestati 20 cittadini di nazionalità nigeriana gravemente indiziati di appartenere a un gruppo criminale transnazionale dedito al traffico di cocaina ed eroina.
L’organizzazione era strutturata per assicurare un costante approvvigionamento e una capillare distribuzione della droga nelle principali piazze di spaccio del capoluogo e della provincia, oltre che in Veneto e Lombardia. Il canale di rifornimento, rimasto invariato per l’intero periodo dell’indagine, si trovava in Olanda, mentre la gestione dei contatti e degli accordi per l’invio della droga in Italia era affidata al capo dell'organizzazione, individuato nel corso dell’attività investigativa. L’importazione della droga dai Paesi Bassi verso l’Italia avveniva attraverso corrieri ovulatori (o “body packer”) i quali, previa ingestione degli ovuli contenenti lo stupefacente, raggiungevano il territorio nazionale passando dalla Francia e attraversando la frontiera di Ventimiglia a bordo di treni passeggeri.
Lo schema operativo si ripeteva con regolarità, secondo una cadenza settimanale: ogni corriere trasportava circa 1 chilogrammo di droga (cocaina o eroina), suddiviso in ovuli termosaldati del peso di circa 11 grammi ciascuno. Su ogni ovulo era impressa, con pennarello, una sigla identificativa dell’acquirente finale, elemento che ha permesso di tracciare la rete di distribuzione locale. Tutti i soggetti interessati dal provvedimento cautelare risultano coinvolti, a vario titolo, nella redistribuzione dello stupefacente destinato alle piazze di spaccio cittadine.
Dopo due anni di indagini, i Carabinieri sono stati in grado di ricostruire tutta la filiera del traffico di stupefacenti: dal fornitore olandese al promotore che in Italia coordinava la distribuzione alla rete di corrieri che trasportavano la droga in ovuli fino ai distributori locali incaricati dello spaccio al dettaglio.
Nel corso delle indagini è stato inoltre possibile decodificare il linguaggio in codice utilizzato dagli indagati nelle loro comunicazioni: il termine «Top» era riferito alla cocaina, «Spa» all’eroina, «Pantaloncino»alle dosi da 5grammi, mentre «Fogli di caramelle» si riferiva al contante. Il sequestro di quaderni contabili ha documentato incassi giornalieri e movimentazioni di denaro riconducibili a un importante giro d’affari, con pagamenti effettuati tramite bonifici internazionali verso conti correnti nigeriani per importi di decine di migliaia di euro.
Il Gip del Tribunale di Venezia ha disposto la custodia cautelare in carcere per tutti i venti indagati, evidenziando la «pericolosa professionalità» del gruppo e il concreto rischio di fuga, considerati anche i numerosi precedenti specifici a carico di alcuni appartenenti all’organizzazione.
L’esecuzione dei provvedimenti restrittivi e delle perquisizioni è stata condotta con il concorso di Carabinieri di rinforzo provenienti da tutti i Comandi Provinciali del Veneto, con il supporto dei Reparti Mobili e Speciali dell’Arma, delle Unità Cinofile Antidroga e del Nucleo Elicotteri Carabinieri, che hanno garantito la copertura aerea durante le operazioni.
L’Operazione «Marshall» rappresenta un importante risultato dell’attività di contrasto al narcotraffico internazionale e alle organizzazioni criminali transnazionali, confermando l’impegno costante dell’Arma dei Carabinieri nel presidio del territorio e nella tutela della collettività.
Continua a leggereRiduci
Gli operai di Prato protestavano per le condizioni di lavoro nel distretto del fast fashion.
La donna cinese, che sta lì davanti ai capannoni con i capi, a un certo punto urla preoccupata: «Quella no, quella è polizia!». Troppo tardi. L’agente della Digos in borghese è stata scaraventata a terra da una squadretta di padroncini cinesi del Consorzio Euroingro di Prato, impegnata in una spedizione punitiva ai danni di un gruppo operai pakistani che stanno manifestando pacificamente contro le condizioni di lavoro da semi-schiavitù. Due i poliziotti feriti. In serata, la Procura di Prato ferma tre cittadini cinesi, accusati di resistenza a pubblico cinese e lesioni, ma le indagini sono ancora in corso e la polizia sta identificando uno a uno tutti i partecipanti al blitz.
Sul cartello c'è scritto: «Per il futuro dei nostri bambini» (Getty)
Il colosso tedesco manderà a casa 35.000 lavoratori entro il 2035. Stellantis chiede pietà a Ursula von der Leyen. Salta la gigafactory di Termoli?
La politica green di Bruxelles continua a mietere vittime nell’industria dell’auto. In attesa del piano sul settore che sarà presentato dalla Commissione europea, il prossimo 10 dicembre, si allunga il bollettino dei caduti sotto i colpi della crisi. Da questo appuntamento non ci si attende uno stravolgimento delle scadenze per l’elettrificazione dell’industria dell’automotive, con la data ultima del 2035 ancora segnata sul calendario di Bruxelles e considerata incontestabile, ma alcuni aggiustamenti.






